Sangue e
affari. Uno scandalo internazionale nell'industria
dei farmaci
http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=948&c=QJVN1M6JS7OLR
Un'inchiesta che racconta come migliaia di
emofilici europei, tra i quali circa 250
pazienti italiani, infettati dai virus dell'Hcv
e dell'Hiv, stiano partecipando a un'azione
legale internazionale, sotto forma di citazione
in giudizio collettiva, in corso negli Stati
Uniti contro quattro case farmaceutiche
produttrici di emoderivati. Illustra quali
interessi abbiano spinto i quattro colossi a
produrre emoderivati contaminati, facendo
ricorso a donazioni a rischio in America e nel
Terzo Mondo, spiega come le stesse aziende
omisero di rivelare i pericoli derivanti
dall'uso dei loro prodotti e di effettuare i
trattamenti per la distruzione del virus e di
come continuarono a venderli all'estero, una
volta vietata la vendita negli USA. vedi:
Aids e Epatite C da trasfusioni +
Sentenza
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Il
Ministero della Salute Italiano non convince. Sul ruolo del
Governo rispetto al maxiprocesso per il sangue
infetto a Trento, l'Associazione Politrasfusi
Italiani si dice ancora insoddisfatta.
"Quanto dichiarato dall'Ufficio Stampa del
Ministero - dichiara Angelo Magrini - più che di
reale volontà sa tanto di rimedio "in
corner" per non creare un caso internazionale
e per non rovinare del tutto le relazioni con le
famiglie dei danneggiati: siamo pronti a
scommettere che senza la nostra accusa tutto
sarebbe rimasto come prima".
Ma non e' finita: per i dirigenti dell'API
"dalle dichiarazioni ministeriali appare un
atteggiamento di evidente estraneità alle carte
processuali: si parla della necessità di
"attenta valutazione della situazione
processuale e dei reali capi di imputazione",
tutti elementi che mezzo mondo conosce, pubblicati
15 mesi fa quando la Procura di Trento emise la
prima richiesta di rinvio a giudizio !".
L'API punta quindi il dito contro il Ministero
sostenendo, con un velo di amarezza, che di fronte
ad accuse di epidemia ed omicidio e in tragedie
nazionali come quella del sangue e dei farmaci
infetti, il ruolo istituzionale e sociale dello
Stato dovrebbe concretarsi in una adesione piena
ed incondizionata: ma sembra che questo momento
sia ancora di là da venire.
Tratto da: http://web.tiscalinet.it/nadir_ong
vedi:
Trasfusioni di sangue +
Sangue succo peculiare +
Sangue
e' luce
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A
causa della trasfusione con sangue
INFETTO oltre
6000 persone in Italia hanno contratto malattie
gravissime
(Aids, epatiti, ecc.), sovente mortali.
Molti di essi
o i loro eredi hanno avviato cause nei confronti
dello Stato Italiano,
responsabile di
aver omesso
i necessari controlli per garantire la assoluta
purezza delle sacche di sangue utilizzate nelle
strutture ospedaliere. E’ inoltre
definitivamente accertato che in alcuni casi la
criminalità organizzata, non senza coperture
probabilmente “politiche”, ha
consapevolmente
rivenduto sacche dichiarate infette, ricavando
centinaia di milioni di euro sulle spalle degli
ammalati. In occasione dell’ultima finanziaria
del governo Prodi (Legge 244/2007) sono stato
tra i parlamentari che ha proposto ed appoggiato
lo stanziamento delle somme a favore dei
danneggiati da sangue infetto. La copertura era
stata trovata nell’aumento delle tasse sul
tabacco.
Lo Stato Italiano ha realmente incassato i 330
milioni di euro previsti ma pare non intenda
impegnarli entro il 31 dicembre 2008.
Se così
fosse le somme non impegnate potrebbero essere
cancellate dal bilancio dello Stato, con
gravissime conseguenze per le oltre 6000
famiglie, che hanno sin qui sopportato
sofferenze indicibili insieme ai loro famigliari
direttamente danneggiati.
La prossima settimana
presenterò una interpellanza urgente ai Ministri
della Salute e dell’Economia per chieder conto
di un simile inaccettabile comportamento, simile
a quello di un rapinatore e per di più aggravato
dalla debolezza dei soggetti derubati.
Tratto da. antonioborghesi.it
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Immagini del
dramma: un libro bianco per raccogliere e
denunciare alcune fra le tante disgrazie
nell'ambito dello scandalo del sangue infetto.
vedi:
Intossicazione
del sangue con proteine tossiche e micro cristalli
A scandalo si aggiunge scandalo: il
Ministero della Salute, pur
responsabile di quanto fatto e disfatto dai suoi funzionari, rimarrà
assente.
Eppure in Italia dal 1970 si sono contratte malattie, quali il virus
dell'HIV o dell'HCV, mortali o comunque gravemente invalidanti ad
esclusivo beneficio, secondo la Procura, delle speculazioni delle
case
farmaceutiche e di alti funzionari del Ministero della Salute (NdR:
che e' latitante nel perseguire i
danni dei
vaccini e quelli dei
farmaci....).
Eppure è accaduto a tutti coloro che sono stati contagiati da trasfusioni
di sangue e di emoderivati o
vaccinazioni.
Come se non bastasse, oltre al danno del contagio, molte di queste persone
hanno avuto la beffa del rifiuto dell'indennizzo: prima nessuno li ha
informati dell’esistenza della legge; poi, fatta la domanda, a distanza
di anni gli interessati o i loro eredi, hanno saputo che era stata
respinta in quanto presentata fuori termine.
Un termine, quello di tre anni per l’HCV (epatite), palesemente troppo
breve, a fronte dei
gravissimi danni, spesso letali, provocati dalla
malattia o ancora dalla possibilità che la persona ammalata non sappia
ancora, di averla contratta.
E allora sarebbe più consono indicare in almeno 10 anni, come peraltro già
previsto per la contrazione da
HIV, il termine per la domanda.
Anche se giustizia sostanziale vorrebbe che fosse lasciata libertà al
cittadino malato o ai suoi parenti di decidere se e quando fare la
richiesta.
Invece così non è: si è preferito imporre perentori termini capestro e
poi, ingolfati gli uffici per scarsezza di personale e soprattutto
insensibilità delle istituzioni competenti, a tutti i livelli, lasciare
attendere per anni i richiedenti.
Associazione
Politrasfusi Italiani:
Phone: +393389692929 - E-mail:
info@politrasfusi.it - E-mail:
3389692929@tim.it
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SANGUE INFETTO – 10/07/2014
Uno degli scandali più odiosi di questo paese è
stato (ma continua a essere) quello del sangue
infetto: 80mila (ottantamila!) vittime, persone
morte per le conseguenze derivate dalla
commercializzazione dei cosiddetti farmaci
emoderivati. Gli imputati per omicidio colposo
plurimo sono una decina; si tratta di ex
amministratori di case farmaceutiche italiane,
accusati di aver consentito l’uso di sangue
prelevato da persone a rischio, in un periodo in
cui non esistevano ancora test specifici contro
Aids e epatiti B e C. Si stima appunto che,
negli ultimi 25 anni, circa 80mila pazienti
siano deceduti per conseguenze legate all'uso di
emoderivati che sarebbero stati prodotti con
sacche di sangue infetto.
Ci sono stati dei risarcimenti, ammesso che una
vita e la salute irrimediabilmente compromessa
possa in qualche modo essere risarcita da una
somma di denaro ? Sì: 700 (settecento !) persone
hanno ottenuto risarcimento. Altre 5mila sono in
attesa di giustizia, e si sono dovute costituire
parte civile.
Tra gli imputati
figura Duilio Poggiolini. Ricordate ?
Era l’ex direttore generale del servizio
farmaceutico del ministero della Sanità, a suo
tempo lo soprannominarono “il Re Mida della
Sanità”. Quando gli perquisirono casa, accusato
di aver favorito l’ingresso di alcuni farmaci
nel prontuario sanitario in cambio di tangenti,
gli trovarono tanto di quel denaro, gioielli e
oggetti preziosi, che furono necessarie dodici
ore per catalogarli tutti: tesori “custoditi” in
armadi, all'interno di divani, materassi e pouf.
Secondo l’accusa, Poggiolini, nel firmare una
moratoria avrebbe consentito l’utilizzo di
sacche risultato infetto nonostante una
prescrizione dell’Unione Europea a non
adoperarle; con quella firma e quella moratoria
si sarebbe favorita la diffusione di patologie
rivelatesi poi letali. A causa di un difetto di
notifica per Poggiolini si dovrà celebrare una
nuova udienza preliminare. Quando non si sa
bene.
È uno scandalo ? Certo, ma lo scandalo più
scandaloso è un altro. Questa storia è
cominciata alla fine degli anni '80: più di
vent'anni fa, contrassegnati da una sconcertante
catena di lentezze, e ritardi giudiziari,
un’indagine che comincia a Napoli, poi viene
trasferita a Trento, per poi ritornare al
capoluogo campano; non è incredibile ?
Eppure, per quanto incredibile possa apparire,
solo oggi a Napoli si celebrerà la prima udienza
del processo. Qualcuno dovrebbe spiegare come
tutto ciò sia potuto accadere.
Tratto da: notizie.radicali.it
È una delle vicende italiane più vergognose
della prima Repubblica, un fatto di assoluta
gravità accaduto negli anni ’80 e ’90 e che ha
coinvolto un notevole numero di persone; a
distanza di anni la questione è ancora in corso
d’essere e proprio in queste ore lo scandalo del
sangue infetto si è arricchito di un ulteriore
capitolo.
I Giudici della Corte europea dei
diritti dell’uomo di Strasburgo hanno
infatti dato ragiono a 162 cittadini
italiani, che erano stati infettati a
seguito di trasfusioni di sangue e prodotti
derivati, i quali avevano fatto ricorso per
vedersi riconosciuta la rivalutazione annuale
adeguata al costo della vita dell’indennità
complementare che percepiscono a seguito di
quella vicenda.
Quella delle vittime del sangue infetto è una
storia agghiacciante e per certi versi
grottesca, che a stento si riesce a credere
possa avvenire in un paese civile; una vicenda
paradossale che ha inizio nel nostro paese negli
anni ’80.
A partire da quel periodo diversi cittadini
si ammalarono di epatite o Aids a seguito a
trasfusioni di sangue o emoderivati infetti non
controllati dal Servizio sanitario nazionale; si
parla di circa 60mila cittadini italiani
infettati da trasfusioni di sangue.
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Sangue infetto un'epidemia di cause
(Italia, 2006)
Migliaia di nuove azioni legali stanno
travolgendo le corti civili.
Promosse da persone infettate con
trasfusioni ed emoderivati che hanno
scoperto di essere malate solo negli ultimi
anni. E la legge dà loro ragione.
Un'epidemia di cause si sta diffondendo nei
tribunali civili italiani.
Sono migliaia le richieste di risarcimento
danni avanzate da persone contagiate con
sangue infetto. Il numero più consistente
riguarda la seconda sezione del tribunale di
Roma, in un certo senso specializzata in
questa materia, che negli ultimi sei anni ha
emesso circa 200 sentenze, mentre altre 150
sono nella fase istruttoria.
Domande di risarcimento presentate tra il
2002 e il 2006 («fresche», per dirla con le
parole di un magistrato), anche al tribunale
di Milano, dove la seconda sezione civile,
alla quale affluiscono le cause contro il
ministero della Salute, è alle prese con
procedimenti intentati da uomini e donne che
alla fine degli anni Ottanta hanno contratto
il virus dell'aids o si sono ammalati di
epatite B e C in seguito a una trasfusione o
all'assunzione di emoderivati.
Secondo le stime di Angelo Magrini,
presidente dell'Associazione politrasfusi
italiani, «ammontano a 3.028 i cittadini che
hanno fatto causa per danno biologico.
Che cosa è successo ? Perché si torna a
parlare di sangue infetto a distanza di 22
anni dallo scandalo che costò l'accusa di
epidemia colposa (e dolosa) a 27 persone, in
mezzo alle quali anche Duilio Poggiolini,
all'epoca direttore del Servizio
farmaceutico e presidente della commissione
trasfusione sangue ?
Il fatto è che, seppure con grave ritardo,
la giustizia italiana da qualche tempo ha
cominciato a dare ragione a quanti,
emofilici e non, hanno scoperto di essere
stati trattati con prodotti positivi al
virus dell'hiv e delle epatiti, specie
quella C.
«I risarcimenti» precisa il giudice Antonio
Lamorgese «si aggirano in media sui 400-500
mila euro, dipende dall'età della persona
infettata e dalla gravità della situazione.
In alcuni casi abbiamo accordato anche cifre
molto alte, intorno a un milione di euro».
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Scandalo sangue infetto: il doppio gioco
dello Stato
Il
Ministero della Salute con un decreto
impedisce il risarcimento ai contagiati. Ma
nel processo di Napoli pretende di essere
risarcito dalle case farmaceutiche.
Due pesi e due misure. Com'è possibile che
il Ministero della Salute non tuteli i
cittadini che ha fatto ammalare ma tuteli
esclusivamente se stesso e le
proprie “casse”?
Nonostante siano
trascorsi oltre vent’anni dalla vergognosa
pagina delle trasfusioni e vaccini killer che
vide coinvolto l’ex direttore generale del
Ministero, Duilo Poggiolini, la vicenda
giudiziaria non si è ancora conclusa. Anzi,
stanno emergendo dalle udienze e dagli atti
processuali, aspetti e atteggiamenti ancor più
inquietanti.
Eppure lo Stato è
l’unico responsabile della tragedia del sangue
infetto. Ed è corresponsabile, insieme alle
aziende farmaceutiche del settore, della
tragedia dei plasmaderivati infetti. Non a caso
questo scandalo è stato considerato come una
delle pagine più buie e scandalose della storia
sanitaria del nostro Paese.
Ma che cosa sta
accadendo in questi mesi dove l’attenzione
pubblica è stata dirottata verso altri scandali
come quello delle protesi Pip e di vaccini
Novartis?
Gli italiani
contagiati stanno continuando lentamente e
silenziosamente a morire per il sangue infetto
mentre lo stesso Ministero sta tentando,
attraverso un decreto legge, di dargli un
altro “colpo di grazia”. Sempre agli stessi
cittadini che ha già condannato a morte anni fa.
Il che modo? Ha
deciso, dopo 5 anni di vane promesse partite con
la legge 244/07, di escluderli dalla
transazione per il risarcimento,
per prescrizione dei termini. Secondo il
ministero non sussisterebbe il reato di
epidemia.
Ma è proprio su
questo punto che lo Stato ha deciso di fare il
“doppio gioco”. Infatti, allo stesso tempo, è lo
stesso Ministero della Salute a costituirsi
nelle cause contro gli imputati dello scandalo
sangue infetto, come Poggiolini e le case
farmaceutiche, per chiede il risarcimento dei
danni. E lo Stato su che base pretenderebbe di
essere risarcito? Per il reato di epidemia.
Allora c’è oppure no
il reato di epidemia? Esiste solamente per lo
Stato? E per i malati?
Dagli atti
sembrerebbe che quanto spetta al
ministero “dover pagare”, il reato
misteriosamente scompare o tecnicamente, non
sussiste o si prescrive, mentre se è il
ministero ad “dover incassare” il denaro,
altrettanto miracolosamente, il reato si
concretizza.
“Il Ministero della
Salute vorrebbe annullare i diritti risarcitori
di 6000 famiglie ed i loro conseguenti diritti
di approdare ad una definizione transattiva
sostenendo che i diritti siano prescritti. E’
una cosa vergognosa, gravissima,
contraddittoria, illegittima ed in mala fede-
spiega aPanorama.it, Stefano Bertone, avvocato
dello Studio legale Ambrosio e Commodo e
difensore di oltre 100 famiglie e persone
contagiate - lo ripeto: il Ministero della
Salute sa, meglio di chiunque altro, che in
questi casi non si possano applicare i 5 anni
della prescrizione: Duilio Poggiolini ex
direttore del servizio farmaceutico del
Ministero della Salute, e gli altri
imputati-indagati di quei processi, sono
accusati dallo stesso Ministero di aver
commesso, ai danni di una moltitudine di persone
ovvero gli stessi danneggiati, il delitto di
epidemia, che, come dicevo – nella peggiore
delle ipotesi – comporta una prescrizione di 15
anni. E con una prescrizione di 15 anni, nessun
diritto risarcitorio potrà mai essere dichiarato
estinto”.
In Italia tra i
primi anni ’70 e metà degli anni ’80, sono state
contagiate oltre 70 mila persone con il virus
dell’epatite C e 2 mila anche con quello dell’Hiv. Di
questi, oltre 4.500 sono già morti. Le case
farmaceutiche americane hanno utilizzato, per
confezionare i prodotti salvavita per emofilici,
il sangue e il plasma dei detenuti ammalati
diepatite C e di Aids rinchiusi delle carceri
della Louisiana, Arkansas, San Francisco.
Poi Bertone
prosegue: “Il Ministero della Salute non può
disconoscerne la configurabilità posto che esso
stesso è l’amministrazione dello Stato che l’ha
sostenuto in giudizio, a Trento, nel processo
contro Poggiolini, e successivamente a Napoli
nei confronti del medesimo imputato a dicembre
del 2008 dopo il trasferimento dell'inchiesta da
Trento”.
Nella comparsa
stilata dal Ministero durante il processo di
Napoli è contenuto questo un estratto, davvero
eloquente:
“Le imputazioni in epigrafe, elevati nei
confronti dei predetti imputati (artt. 113, 589
commi 1 e 3, 61, commi 3 e 9 cod. pen.) hanno
riguardo al decesso di decine di emotrasfusi,
provocato dagli imputati, in reciproca
cooperazione, attraverso le condotte
colpevolmente imprudenti e negligenti descritte
nei capi d'imputazione, aggravate dalla
previsione degli eventi letali, di poi che
effettivamente verificatisi, ed inoltre
dall'abuso dei poteri inerenti ad una pubblica
funzione, nella specie segnatamente finalizzata
alla salvaguardia del bene-salute dei cittadini,
com'è noto costituzionalmente tutelato (art. 32
cost.); […]
Ai danni non
patrimoniali come sopra sinteticamente
segnalati, di per sé incalcolabili, si aggiunge
un pregiudizio ulteriore, vieppiù grave,
consistente nella frustrazione delle funzioni
(fra l'altro) di prevenzione sanitaria
attribuite dalla legge al deducente ministero,
la cui realizzazione è stata totalmente
impedita, nelle vicende per cui è processo,
dalle condotte criminose degli imputati, in
reciproca cooperazione, poste in essere nel più
totale spregio per l'incolumità e perfino per la
vita, attesa la contestata previsione degli
esiti letali delle predette condotte”.
Conclusioni che il ministero stesso ribadisce
all'udienza del 9.2.2009.
“Per tutte queste
ragioni abbiamo impugnato così come moltissimi
altri legali per migliaia di cause il decreto
del maggio 2012 del Ministero della Salute-
conclude l'avvocato - che ha previsto criteri
così restrittivi e soprattutto illegittimi”.
Dunque, perché il
Ministero vuole impedire il risarcimento a
migliaia di contagiati?
“Ci sentiamo traditi
doppiamente dallo Stato. Dopo un quinquennio di
pseudo-trattativa ha fatto un decreto che
esclude il risarcimento per l’80% dei 7 mila
contagiati che hanno fatto causa – dichiara a Panorama.it Luigi
Ambroso, presidente Comitato 210/92 per un’equa
giustizia -in tutti questi anni lo Stato ha
fatto poco o nulla per far condannare i
colpevoli e permettere a tutti contagiati di
poter far rivalsa e chiedere loro un congruo
risarcimento. Persino la Cina è riuscita ad
imporsi con le case farmaceutiche, permettendo
così il riconoscimento dei danni alla
popolazione contagiata e con tanto di scuse
pubbliche. L’Italia e lo Stato italiano, ad
oggi, non è riuscito neanche a farsi chiedere
scusa”. - By Nadia Francalacci - Tratto da:
panorama.it
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Sangue
infetto: dagli errori ai bimbi “cavie”. E
gli indennizzi non arrivano
- 26/02/2013
Refusi e abbagli della commissione medica
della Cecchignola di Roma nel valutare i
risarcimenti. A Latina il caso di una donna
che per 16 anni ha contagiato decine di
pazienti. Dagli archivi del processo di
Trento spuntano anche i trial clinici sugli
umani, tra cui un 12enne
A volte basta un refuso per riaprire il
doloroso capitolo del sangue infetto.
Prendere albumina per immunoglobulina,
scambiareproteina e anticorpo. Altre volte
solo l’ostinazione disperata della vittima
riesce a farsi largo tra le omissioni del
burocrate di turno, la negligenza dei medici
e l’indifferenza dello Stato. Per poi
scoprire in giudizio – a distanza di
vent’anni – che chi ti ha infettato ha
continuato a donare sangue, nello stesso
ospedale, per i successivi 16 anni,
seminando una scia di vittime senza fine. E’
appena successo a Latina. Lo scandalo del
sangue infetto continua a riversare casi di
errori clinici gravissimi, storie di orrori
umani senza giustizia che vanno ad affollare
il pianerottolo d’inferno su cui già decine
di migliaia di persone stazionano in balia
della malattia e in attesa di un indennizzo
promesso che non arriva mai. E mentre il
processo ai responsabili del più grande
scandalo italiano è al palo e rischia la
prescrizione, da migliaia di cartelle
cliniche depositate agli atti e ancora
sigillate emergono nuovi casi di persone
infettate e lasciate sole nella loro partita
tra vita e morte
Spuntano anche
le prove di test di inattivazione virale
condotte dalle case farmaceutiche
direttamente sulle persone, laddove si
riteneva venissero praticati solo su
animali. E invece nel trial clinici c’erano
anche bambini, del tutto ignari, poi
risultati infetti a distanza di settime o
anni. I loro casi si aggiungono alle
migliaia di storie dai tratti kafkiani che
passano per il contagio rimosso e per il
calvario di chi cerca giustizia da una
posizione sempre minoritaria che sfida
burocrazie pubbliche refrattarie, medici
negligenti, commissioni disposte a negare
l’evidenza pur di non concedere i benefici
della legge 210 del 1992. E così che uomini
col camice bianco e politici in doppio petto
realizzano sulla pelle dei malati quel
“negazionismo di Stato” che da vent’anni
accompagna lo scandalo degli emoderivati.
Il 2013 si apre
con un nuovo caso di errore medico
denunciato dallaLega italiana dei diritti
dell’uomo (LIDU onlus). Riguarda A.P., un
paziente di Crotone cui è stato
disconosciuto il rapporto causale tra la
profilassi con l’emoderivato antitetanico
ricevuta nel 1982 all’ospedale di Foggia e
l’epatite cronica constatata nel 2009.
Un classico caso di “bomba a tempo”
inoculata nel corpo di un ignaro cittadino
ed esplosa 27 anni dopo, senza colpevoli e
senza risarcimento.
A mettere il primo paletto sulla via crucis
dell’indennizzo di A.P. è stata la sesta
Commissione medica ospedaliera della
Cecchignola di Roma il 6 dicembre 2011.
Il diniego veniva accompagnato dalla
motivazione che “l’albumina risulta essere
priva di rischio per la trasmissione di
agenti infettivi conosciuti” (leggi
il documento).
Un errore grossolano, perché l’antitetanica
si somministra attraverso immunoglobulina e
non albumina. Solo l’indomani della
denuncia, cioè 13 mesi dopo che era stato
commesso, la commissione si riunisce
nuovamente e corregge il tiro. Ma
l’indennizzo viene negato ancora e sulla
base di un secondo errore.
Per motivare il
diniego, infatti, il team di camici bianchi
riporta un parere dell’Istituto superiore di
Sanità del 1995 sul rischio da
immunoglobuline.
Nel copia-incolla i medici militari lasciano
però per strada metà del parere, casualmente
la più favorevole al paziente (parere
originale – verbale
rettificato).
La trascrizione parziale si porta dietro il
terzo errore: fa riferimento a trattamenti
di inattivazione “recenti”, ma quel parere
era del ’95 mentre il paziente sotto esame
aveva subito l’antitetanica nel 1982 e non
può aver beneficiato dei progressi di
inattivazione virale che sarebbero arrivati
solo 13 anni più tardi. A.P. non si arrende
e presenta l’ennesimo ricorso mentre la Lidu
chiede di rimuovere i componenti della Cmo
della Cecchignola e i funzionari del
ministero della Sanità. “Hanno commesso un
errore dietro l’altro per negare il diritto
a una compiuta valutazione medico-legale”,
sostiene il presidente Lidu Aldo Barbona. E
forse non è la prima volta. Anche Eugenio
Sinesio, tra i consulenti tecnici dei pm
di Trento che per primi indagarono sullo
scandalo emoderivati, lo sospetta: “Data
l’impostazione e il tono della valutazione
medico legale non è improbabile che sia
stata usata in altri casi”.
Già, quante
volte è accaduto? Impossibile dirlo. Sul
caso specifico il fattoquotidiano.it ha
avanzato una richiesta di delucidazioni al
Ministero della Salute che in un mese di
tempo non ha fornito alcuna risposta. E del
resto non è né il primo né l’ultimo caso.
Proprio pochi giorni fa da Latina è emerso
quello di una cinquantenne di Pontinia che
ha contratto l’epatite C nel lontano 1984 a
seguito di una trasfusione infetta. La
vittima lo ha scoperto solo nel 2006, 22
anni dopo, e si è rivolta
all’avvocato Renato Mattarelli. Istruendo la
pratica e trattandola nel dibattimento al
Tribunale di Roma il legale ha scoperto
l’imponderabile: la relazione del Ctu
nominato ha rivelato non solo la certezza
del nesso di causalità tra trasfusioni e
infezione epatica ma anche che una delle
donatrici infette ha continuato a donare il
plasma per ben 16 anni. “Dalla relazione
dell’Asl di Latina – spiega in una nota
l’avvocato Mattarelli, che da due anni si
occupa del caso – si evince che ha
continuato a donare il sangue fino a quando
è stata “definitivamente sospesa dalla
donazione”.
L’esito della causa è segnato, ma resta il
problema delle persone che hanno continuato
a ricevere il sangue infetto. La domanda è:
come è possibile che dopo il 1984 nessuno ha
mai sospeso la donatrice con l’HCV visto che
già dal 1990 era doveroso rilevare nel
sangue segni e valori epatici oltre la norma
?
Il rischio, anzi la certezza, è che per
almeno 16 anni le donazioni della donatrice
abbiano infettato decine e decine di
persone. Molte delle quali ancora non lo
sanno, visto che l’epatite C è una malattia
silente e cioè si può manifestare anche a
distanza di decenni”.
Tra le carte
portate da Trento a Napoli per imbastire il
processo ci sono migliaia di cartelle
cliniche rimaste a lungo sigillate. La loro
apertura, spesso rimessa alla buona volontà
delle associazioni, fanno emergere anche
vicende inedite, come lo spregiudicato
comportamento delle multinazionali dell’oro
rosso nello sperimentare prodotti antivirali
direttamente sull’uomo, infettando cavie del
tutto ignare. Siamo negli anni Ottanta, le
farmaceutiche stanno testando metodi per
l’inattivazione virale dell’epatite. Per il
mondo, ufficialmente, lo fanno solo sulle
scimmie. Ma non è così. Dai faldoni
convogliati a Trento spunta infatti la
cartella clinica di un minore (leggi
il documento) che dimostra come la
sperimentazione venisse condotta anche su
gruppi umani direttamente in ospedale, bimbi
compresi.
E’ il 13 gennaio del 1984 quando un
ragazzino di Catanzaro di 33 chili viene
ricoverato in ospedale a seguito di un
trauma con rigonfiamento del ginocchio. A
stretto giro gli viene diagnosticata
un’emofilia non severa mai emersa prima. Ma
il bimbo non viene solo medicato. Su di lui,
“vergine” da qualsiasi trattamento con
emoderivati, dopo tre giorni viene
sperimentato un antiemorragico, il Kriobulin
VI(cinicamente riportato in cartella come
“virus inattivato”). Il 23 sarà dimesso con
due confetti di Voltaren, ma a un successivo
controllo, il 16 aprile, le analisi lo
fotograferanno ormai positivo ai markers
dell’epatite prima assenti. E’ stato
infettato. E certamente non è il solo.
Se sia vivo o morto, nessuno lo sa. - Tratto
da: ilfattoquotidiano.it
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