La
Psicosomatica è quella branca della
scienza medica che pone in relazione la mente con il
corpo, ossia il mondo emozionale ed affettivo con il
soma (il disturbo), occupandosi nello specifico di
rilevare e capire l'influenza che l'emozione esercita
sul corpo e le sue affezioni.
vedi anche:
http://psychomedia.it +
http://www.lupus-italy.org/spcsaluteartles.html
vedi:
Psicosomatica-2
+
PsicoNeuroEndocrinoImmunologia
+
CONFLITTI
SPIRITUALI IRRISOLTI + STRESS = MALATTIA
+
Come nasce la malattia ?
+ Memi -
Engrams
+ Ego/IO
+ Mente
+ Anima + Sistema Immunitario +
Stress +
Stress e funzioni
vitali
La psicosomatica è un ampio campo della patologia che si
colloca a metà strada tra la medicina e la psicologia,
in quanto indaga la relazione tra mente e corpo, ovvero
tra il mondo emozionale ed affettivo e il soma. Nello
specifico, ha lo scopo di rilevare e comprendere gli
effetti negativi che la psiche, la mente, produce sul
soma, il corpo.
I disturbi psicosomatici si possono considerare
sintomi (che la
medicina
ufficiale chiama impropriamente
malattie)
veri e propri che comportano danni a livello organico e
che sono causati o aggravate da fattori emozionali.
I sintomi psicosomatici coinvolgono il sistema nervoso
autonomo e forniscono una risposta vegetativa a
situazioni di disagio psichico o di
Stress. Le emozioni
negative, come il risentimento, il rimpianto e la
preoccupazione possono mantenere il
sistema nervoso autonomo (sistema simpatico)
in uno stato di eccitazione e il corpo in una condizione
di emergenza continua, a volte per un tempo più lungo di
quello che l’organismo è in grado di sopportare. I
pensieri troppo angosciosi, quindi, possono mantenere il
sistema nervoso autonomo in uno stato di attivazione
persistente il quale può provocare dei danni agli organi
più deboli.
Disturbi di tipo psicosomatico possono manifestarsi
nell’apparato gastrointestinale (gastrite, colite
ulcerosa, ulcera peptica), nell’apparato
cardiocircolatorio (tachicardia, aritmie, cardiopatia
ischemica, ipertensione essenziale), nell’apparato
respiratorio (asma bronchiale, sindrome iperventilatoria),
nell’apparato urogenitale (dolori mestruali, impotenza,
eiaculazione precoce o anorgasmia, enuresi), nel sistema
cutaneo (la psoriasi, l'acne, la dermatite atopica, il
prurito, l'orticaria, la secchezza della cute e delle
mucose, la sudorazione profusa), nel sistema
muscoloscheletrico (la cefalea tensiva, i crampi
muscolari, il torcicollo, la mialgia, l'artrite, dolori
al rachide, la cefalea nucale) e nell’alimentazione.
Sintomi psicosomatici sono comuni nelle varie forme di
depressione
e in quasi tutti i disturbi d'ansia, ma esistono dei
disturbi psicosomatici veri e propri in assenza di altri
sintomi di natura psicologica, che rendono più
difficile, per il soggetto, imputare il malessere fisico
ad un problema psicologico piuttosto che ad un
malfunzionamento organico.
L’importanza delle condizioni nervose è tanto grande che
oggi dal gruppo delle cosiddette coliti spastiche, di
moda fino a qualche anno fa, si è isolata e riconosciuta
una malattia a sè, chiamata
colon irritabile. Ne soffrono soprattutto le
persone ansiose, e più aumenta la loro tensione,
maggiori sono i disturbi. Questi sono rappresentati
dalla solita alternanza di stitichezza e
diarrea, con una certa maggior frequenza della
prima. Sono presenti sempre irritabilità e instabilità
dell’umore, per cui questi ammalati nel corso della
giornata passano facilmente da fasi di
depressione ad altre di eccitazione, da stati di
serenità ad altri di malinconia. Tra i vari sintomi del
colon irritabile sono da ricordare anche l’emicrania,
i disturbi
mestruali delle donne e tutti i disturbi a carico
della colecisti o dello
stomaco:
inappetenza, nausea, digestioni lente e difficoltose,
flatulenze, eruttazioni.
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Questa è
una storia che ha dell’incredibile. Mostra la forza
potenziale della mente sul corpo.
Da professionista in ipnoterapia, Lenkei si è
auto-ipnotizzato in modo da trovarsi in una trance
profonda in modo da non sentire il dolore
dell’intervento chirurgico, facendo così a meno dell’anestetsia.
Lenkei ha detto che gli sono serviti solo 30 secondi per
entrare in trance. Alex Lenkei si è sottoposto quindi ad
un intervento chirurgico alla mano destra e l’unica
forma di anestesia è stata l’ipnosi. Era completamente
sveglio e anestetizzato durante la procedura durata ben
83 minuti. Non è la prima volta che ci è riuscito
infatti già nel 1996 fu operato di ernia seguendo la
stessa procedura.
Articolo (in inglese) - Fonte CBS2, Chicago, USA -
Febb. 2009
vedi:
Uomo
PsicoElettronico +
Universo mentale
Bibliografia:
- Selye, Hans: The Stress of life;
McGraw-Hill
- Pancheri, Paolo: Stress, emozioni, malattia;
Mondadori 1983
-
Bottaccioli, Francesco: Psiconeuro - Endocrino -
Immunologia; RED 2006
Studio
finlandese rivela come le Emozioni si manifestano nel
corpo modificandolo
IMPORTANTE
Una delle regole della
Medicina Naturale e' questa: "una
scopata
al giorno toglie il medico di torno...",
cio' significa che un buon e sano
sesso, fatto con gioia nella coppia (meglio se
maschio + femmina) e NON di nascosto, scaricando le
tensioni emotive-mentali, evita lo
stress intenso e quindi la salute ne trae
beneficio, il contrario porta comunque facilmente verso
la
malattia, prima mentale e poi fisica !
Cancro
e
Pineale
- vedi:
BioElettronica
Dopo 25 anni di ricerche il dott.
Paolo Lissoni, oncologo della divisione di Radioterapia
del San Gerardo è riuscito nel suo intento.
Infatti, il National cancer institute di Washington,
l'istituto oncologico che divulga notizie
scientificamente attendibili, ha corroborato la
fondatezza dei suoi studi sulla
ghiandola pineale.
Lissoni parte dalla teoria di Cartesio che a
metà del '600 teorizzava il ruolo della ghiandola
pineale (alla base del cranio) come collegamento tra il
corpo e l'anima.
Infatti, Lissoni si
rifà agli antichi filosofi che parlavano di unità della
persona tra corpo e anima, dai Magi a Platone, secondo
cui la malattia era il distacco dall'universale.
Dall'ipotesi filosofica, poi è passato a quella
scientifica: la ghiandola produce quattro ormoni (fra
cui la melatonina), in alcuni casi utili come
antitumorali.
Secondo il dott.Paolo Lissoni non
basta curare solo la parte fisica del tumore, ma bisogna
occuparsi anche della psiche del paziente, perché la
cura della malattia non è semplicemente organica, ma
deriva anche da un malessere esistenziale. I quattro
ormoni vengono prodotti nelle quattro diverse fasi della
giornata, seguendo il ritmo del sole. Le teorie del
medico monzese sono state a lungo derise, ma il National
Cancer Institute di Washington le ha
riconosciute come valide. Lissoni è stato chiamato dal National
cancer institute di Washington, il tempio della
scienza medica mondiale a cui venerdì riferirà dell'uso
dei 4 ormoni prodotti dalla ghiandola pineale.
Nel frattempo, il tempio della ricerca internazionale
sta compiendo gli stessi studi sugli animali, mentre a
Monza Paolo Lissoni ha già una casistica di 2500
pazienti in 25 anni (circa il 15% dei pazienti del
reparto).
Di conseguenza, il San Gerardo si ritrova ad essere
l'unico centro al mondo con una tradizione di studio
sulla ghiandola
pineale.
«Non ho mai voluto spaccare il mondo degli oncologi come
fece il professor Di Bella - dichiara il dottor Lissoni -
ma auspico l'unione fra gli specialisti del settore,
l'unità delle terapie per rendere, per esempio le
chemioterapie sempre meglio accettate ed efficaci».
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Pensare positivo per stare
meglio più a lungo, anche con l'artrite reumatoide
Studio da poco uscito sul
Journal of Psychosomatic Research - I pazienti con
convinzioni negative riguardo alla malattia hanno una
maggior disabilità
MILANO - Nessuno dice che sia facile essere ottimisti
con una diagnosi di artrite reumatoide in tasca.
Riuscirci, però, può aiutare non poco a vivere meglio:
secondo uno studio da poco uscito sul
Journal of Psychosomatic Research, infatti, le
convinzioni negative riguardo alla malattia peggiorano
la qualità della vita dei pazienti e accelerano perfino
la comparsa di disabilità.
STUDIO INGLESE – Il risultato arriva da una ricerca
condotta da un gruppo di reumatologi del Guy's Hospital
di Londra, che hanno esaminato attentamente 125 malati
di artrite reumatoide in cura presso alcune cliniche a
Sud della capitale inglese.
I medici hanno da un lato misurato oggettivamente
l'attività della malattia, dall'altro indagato
attraverso una serie di questionari la qualità della
vita dei pazienti, la loro disabilità e soprattutto ciò
che essi pensavano della patologia: convinzioni e
credenze sulla gravità della malattia, sulle sue
conseguenze, sulle possibilità di cura e così via.
Gli inglesi hanno così scoperto che l'attività
«oggettiva» dell'artrite reumatoide non dipende in alcun
modo da ciò che pensano i pazienti (e fin qui il
risultato può essere ovvio), mentre invece le opinioni e
di conseguenza gli atteggiamenti dei malati hanno un
peso non irrilevante sul grado di disabilità e sulla
qualità della vita in generale. In sostanza i più
ottimisti, quelli maggiormente fiduciosi di riuscire a
tenere sotto controllo il loro problema, erano anche i
malati che vivevano meglio e avevano meno limitazioni
funzionali.
OTTIMISMO – Che i pensieri dei pazienti abbiano
ripercussioni sul corso della malattia lo conferma
Antonella Celano, presidente dell'Associazione
Nazionale Malattie Reumatiche: «Perdere
l'atteggiamento positivo, credere che il mondo ci stia
cadendo addosso e non riuscire a conservare nemmeno un
minimo di ottimismo è molto pericoloso: porta i pazienti
a chiudersi in casa, evitare i contatti con la società e
perfino a perdere il lavoro.
Entrando in una spirale che sicuramente peggiora la
qualità della vita e compromette pure le abilità
funzionali». Mantenere il lavoro, tra l'altro, sembra
uno dei metodi più potenti per stare meglio più a lungo:
«Il lavoro rappresenta almeno il 50 per cento della vita
di relazione di ciascuno di noi – spiega Celano –. Se la
patologia viene curata bene e si riesce a mantenere il
proprio impiego più a lungo possibile è più semplice
conservare un atteggiamento giusto, positivo e
consapevole.
Essere obbligati a uscire ogni giorno per andare al
lavoro è un modo per continuare a sentirsi come tutti
gli altri dopo la diagnosi di una malattia cronica,
contro cui si dovrà combattere per il resto della vita.
In Italia esistono alcune esperienze locali di supporto
psicologico ai pazienti dopo la diagnosi, molto
positive: quando arriva il verdetto cade il progetto di
vita della persona, tutto cambia e la situazione non è
certo facile da affrontare.
Chiedere aiuto per non sprofondare nella depressione è
un buon modo per evitare gli atteggiamenti negativi
tanto deleteri per la qualità della vita. Inoltre –
prosegue Celano – per combattere le convinzioni errate
che possono essere alla base del pessimismo è
fondamentale costruire un rapporto di fiducia con il
proprio medico, oltre che avere un atteggiamento
positivo nei confronti delle terapie».
By Elena Meli – Tratto da corriere.it 16 marzo 2009
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Rapporto tra psiche e
malattie autoimmuni - 04 Set. 2008
La nostra esperienza di ricerca e clinica all’interno
del reparto di reumatologia di Prato, ci ha permesso di
approfondire i determinanti rapporti tra psiche,
comportamento, sistemi nervoso, neuroendocrino e
immunitario. Per attività neuroendocrina si intende la
capacità del sistema nervoso di secernere sostanze
(ormoni) che, immesse nel circolo sanguigno andranno ad
agire su organi e cellule di altre parti del corpo.
Le ricerche hanno
evidenziato come la psiche e i grandi sistemi biologici
(ormonale, nervoso, immunitario), lavorano in sinergia
in influenzandosi a vicenda grazie a numerose vie di
comunicazione bidirezionali.
Queste vie sono
rappresentate sia dai nervi, sia da numerose sostanze
prodotte e riconosciute dalle cellule dei diversi
sistemi che costituiscono il linguaggio attraverso cui
essi comunicano. Si notato infatti che le cellule del
sistema immunitario hanno recettori per le sostanze
prodotte dal sistema nervoso che in tal modo regola la
funzione immunitaria. Le cellule immunitarie d’altra
parte producono sostanze importanti nei fenomeni
infiammatori (citochine) che una volta raggiunto il
cervello, sono in grado di influenzare l’umore, il
pensiero, il comportamento.
Varie molecole agiscono nei
vari sistemi (nervoso ormonale e immunitario) venendo
spesso solo artificiosamente assegnate all’uno o
all’altro. Ad esempio alcune cellule del sistema
immunitario non solo sono sensibili, ma anche producono
una molecola importante per lo sviluppo e le funzioni
del sistema nervoso (il fattore di crescita nervoso NGF)
il quale ha importanti effetti anche sull’immunità,
sulle infiammazioni e la riparazione dei tessuti.
Tutto ciò spiega i
meccanismi che sono alla base di circostanze note da
tempo come ad esempio il fatto che eventi stressanti, in
particolare di perdita, deprimono la funzione
immunitaria o che l’isolamento psicosociale è predittivo
di una maggiore probabilità di contrarre malattie e di
mortalità per tumore, malattia cardiovascolare e una
moltitudine di altre cause. Di contro relazioni
personali di supporto hanno un effetto benefico
sull’immunità e la salute.
La depressione del sistema
immunitario abbassa le difese contro le malattie
infettive e lo sviluppo di tumori; una disregolazione
dello stesso sistema indotta da traumi, emozioni, stress
può favorire lo sviluppo di malattie autoimmuni di vario
tipo; dati recenti indicano che la depressione
dell’umore, attraverso la via neuroendocrina, favorisce
l’insorgenza dell’aterosclerosi e che la disregolazione
immunitaria può essere il meccanismo centrale per
l’insorgenza di varie patologie associate
all’invecchiamento come il diabete, l’osteoporosi,
l’artrite ecc.. L’azione delle citochine sul cervello
può avere un effetto su molte attività biologiche da
esso regolate (fame, febbre) o psicologiche (ansia,
depressione) con effetti sul comportamento e ciò spiega
ad esempio la sintomatologia generale degli stati
infiammatori.
Alla luce di queste ricerche
interventi psicologici che favoriscano il ripristino di
situazioni relazionali armoniche, consentendo un
migliore adattamento alle sfide che pone la vita, sono
destinati ad assumere una crescente importanza nelle
strategie da adottare per il mantenimento e il recupero
della salute.
Tratto da: psicologo-prato.com - vedi:
PsicoNeuroEndocrinoImmunologia
Le RICERCHE
MOSTRANO un NESSO fra
MICROBIOMA
Intestinale (intestino)
e
CERVELLO - 09/01/2015
Chiamate collettivamente microbioma, le migliaia
di miliardi di microbi che abitano il corpo
umano vivono principalmente nell’intestino, dove
ci aiutano a digerire il cibo, a sintetizzare le
vitamine e a difenderci dalle infezioni. Ora,
recenti ricerche sul microbioma hanno dimostrato
che la sua influenza si estende ben oltre l’intestino,
fino ad arrivare al cervello. Negli ultimi 10
anni, vari studi hanno collegato il
microbioma intestinale a una serie di
comportamenti complessi, come umori ed emozioni,
appetito e ansia.
Il microbioma intestinale sembra contribuire al
mantenimento della funzionalità cerebrale, ma
non solo: potrebbe anche incidere sul rischio di
disturbi psichiatrici e neurologici, fra cui
ansia,
depressione e
autismo. Una delle modalità più
sorprendenti con cui il microbioma influisce sul
cervello è durante lo sviluppo.
“Esistono delle finestre evolutive critiche in
cui il cervello è più vulnerabile poiché si sta
preparando a rispondere al mondo circostante”,
spiega Tracy Baie, docente di neuroscienze
presso la facoltà di veterinaria dell’Università
della Pennsylvania. “Così, se l’ecosistema
microbico della madre si modifica - per esempio
a causa di infezioni, stress o diete - ciò
cambierà il micro bioma intestinale del neonato,
e gli effetti possono durare tutta la vita.”
Altri ricercatori stanno esplorando la
possibilità che il microbioma abbia un ruolo
nelle malattie neurodegenerative come
l’Alzheimer e il Parkinson.
Fonte: MedicalXpress.com :
http://tinyurl.com/kaa2j36
Commento NdR: ma cio’ puo’ accadere anche
e non solo per i
vaccini che il neonato subisce dai
due, tre mesi in avanti…infatti se una
madre ha delle
amalgami dentali in bocca (contengono
mercurio) il neonato potra’ subire delle
conseguenze anche gravi.
Infine vi sono i
Batteri detti "Psicobiotici" - vedi:
Spirito
Cosa sono gli psicobiotici ?
Sono probiotici che alterano la
mente,
e i ricercatori affermano che possono
migliorare l’umore, diminuire l’ansia
e la
depressione
e apportano molti
altri benefici. I probiotici sono microrganismi
vivi che sono simbiotici con i
batteri intestinali positivi e che riescono
ad arrivare nell’intestino integri. Ad esempio i
fermenti dello yogurt non sono considerati
probiotici perché muoiono appena entrano in
contatto con i succhi gastrici non sopportandone
l’acidità.
Fino a qualche anno fa era difficile credere che
alterando i
batteri nell’intestino, si potesse gestire
meglio lo stress, migliorare
l’umore, e anche
curare ansia o depressione. Eppure ci sono
moltissime ricerche scientifiche pubblicate da
vari ricercatori in tutto il mondo che
riguardano la connessione
intestino-cervello e che stanno dimostrando
proprio questo.
Ora sappiamo che è possibile modificare i batteri
intestinali in modo da influenzare
positivamente l’umore e la funzione del
cervello. Uno dei principali modi è quello di
assumere gli psicobiotici.
Gli psicobiotici sono organismi vivi che, se
ingeriti in quantità adeguate, producono un
beneficio per la salute nei pazienti affetti da
malattie psichiatriche.[1] Questa definizione,
coniata nel 2013, è troppo limitante se ci si
basa sulla più recente ricerca che dimostra che
non c’è bisogno di avere una depressione
clinica, un disturbo d’ansia, o qualche altro
disturbo psichiatrico affinché gli psicobiotici
influenzino positivamente il cervello.[2] Chi
soffre di stress cronico, depressione, o di
ansia ha il potenziale per beneficiare di questa
classe di probiotici.
Come gli psicobiotici agiscono sul
cervello
1. Uno dei modi per cui questi probiotici
“alterano la
mente” è attraverso la loro capacità di
produrre vari composti biologicamente attivi,
come i neurotrasmettitori. Diverse
molecole con funzioni neuroattive come l’acido
gamma-amminobutirrico (GABA), la serotonina, le
catecolamine e l’acetilcolina possono essere
prodotti dai batteri intestinali.[3] Quando
questi neurotrasmettitori sono secreti
all’interno dell’intestino, possono attivare
cellule all’interno del rivestimento epiteliale
che a loro volta rilasciano molecole che
stimolano la funzionalità cerebrale e
influenzano il comportamento.
2. Una seconda modalità attraverso cui gli
psicobiotici agiscono sul cervello è esercitando
effetti sul sistema di risposta allo stress del
corpo, che coinvolge il cervello e le ghiandole
surrenali.[4] Questo sistema, noto come asse
ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), diventa
disfunzionale in caso di stress cronico o
malattia. Quando si verifica una disfunzione
dell’asse HPA, la produzione ritmica di
cortisolo e di altri ormoni legati allo stress
diventa perturbata. Questo potrebbe svolgere un
ruolo centrale nel provocare disturbi dell’umore
e problemi cognitivi.[5]
3. Un terzo modo per cui gli psicobiotici
possono agire sul cervello è attraverso la loro
azioni anti-infiammatoria.[6]
I livelli cronicamente elevati di infiammazione
in tutto il corpo e nel cervello sono ormai noti
essere una delle principali cause della
depressione e di altri disturbi dell’umore e
cognitivi. Questa infiammazione può derivare
dall’intestino, e alcuni psicobiotici
apportare i loro effetti benefici nel cervello
abbassando l’infiammazione.
Quali probiotici sono psicobiotici ?
La ricerca sta cominciando a identificare quali
probiotici abbiano effetti sul sistema nervoso e
quali siano questi effetti.
Negli studi effettuati in persone sane, diversi
psicobiotici hanno dimostrato di migliorare
l’umore e la funzione cognitiva e di diminuire i
sintomi di stress e ansia. Alcuni psicobiotici
hanno anche dimostrato di curare la depressione,
l’ansia, e altri problemi di salute mentale e
cognitivi nei pazienti con disturbi psicologici
e / o altre condizioni mediche.
Psicobiotici per la
depressione e l’ansia
E’ stato effettuato uno studio clinico su
pazienti con disturbi depressivi maggiori, in
cui alcuni hanno assunto integratori prebiotici,
altri un placebo per otto
settimane.[7] L’integratore prebiotico era
costituito da Lactobacillus acidophilus,
Lactobacillus casei, Bifidobacterium bifidum (2
miliardi di CFU ciascuno). Dopo otto settimane,
i pazienti che hanno ricevuto il probiotico
avevano diminuito in modo significativo i
punteggi totali sulla Beck Depression Inventory,
un test ampiamente utilizzato per misurare la
gravità della depressione, rispetto ai pazienti
che avevano assunto il placebo. Inoltre, avevano
una significativa diminuzione della
infiammazione sistemica come misurato dal hs-CRP,
i livelli di insulina erano significativamente
più bassi, si era ridotta la resistenza
all’insulina, e si era verificato un
significativo aumento di glutatione, un
antiossidante.
Altri psicobiotici hanno conseguenze benefiche
sull’umore e sui sintomi di ansia, ma anche in
persone senza questi disturbi. In uno studio per
analizzare i possibili effetti su ansia,
depressione, stress in volontari sani, è stato
utilizzato un probiotico che contiene Lactobacillus
helveticus r0052 e Bifidobacterium longum
R0175 (Probio’Stick®), ed è stato dimostrato
che esso aveva alleviato lo stress psicologico,
in particolare la depressione, la rabbia,
l’ostilità, e l’ansia quando assunto per 30
giorni.[8] I ricercatori hanno concluso che L.
helveticus r0052 e B. longum R0175 hanno effetti
psicologici benefici nei soggetti sani. Possono
contribuire a rafforzare l’umore e alleviare
l’ansia nelle persone affette da varie malattie
croniche.
Lo stesso probiotico studiato sopra (Lactobacillus
casei ceppo Shirota) è stato utilizzato in un
altro studio controllato con placebo nei
pazienti con sindrome da stanchezza
cronica.[9] I pazienti sono stati divisi in
gruppi in cui uno ha ricevuto 24 miliardi di
unità formanti colonie di Lactobacillus casei,
ceppo Shirota e un altro un placebo al giorno
per due mesi. Le persone che avevano assunto il
probiotico avevano una significativa diminuzione
dei sintomi di ansia. Molti psicobiotici
supplementari hanno dimostrato di poter curare
la depressione e l’ansia in studi su animali. Il
Lactobacillus plantarum, ceppo PS128, per
esempio, è noto per l’effetto di aumentare la
dopamina e la serotonina e di diminuire i
comportamenti di depressione nei topi.[10]
Nei topi depressi che sono stati sottoposti a
stress precoce, questo stesso psicobiotico
diminuisce il cortisolo, normalizza il sistema
di risposta allo stress (HPA), e diminuisce la
depressione.[11] Sia il Bifidobacterium longum e
sia il Bifidobacterium breve riducono l’ansia e
migliorano le prestazioni nei test cognitivi nei
topi.[12] [13]
Psicobiotici per lo stress
E’ stato anche dimostrato che gli psicobiotici
aiutano le persone e gli animali sottoposti a
stress. Una bevanda di latte fermentato (kefir)
contenente il Lactobacillus casei, ceppo Shirota, ha
impedito un aumento di cortisolo ed ha aumentato
i livelli di serotonina negli studenti di
medicina stressati.[14] Inoltre, la bevanda
probiotica ha diminuito i sintomi fisici legati
allo stress come dolore addominale e sintomi del
raffreddore.
Gli autori dello studio hanno concluso che
l’assunzione di Lactobacillus casei, ceppo
Shirota “può esercitare effetti benefici per
prevenire l’insorgenza di sintomi fisici nei
soggetti sani esposti a situazioni di stress.”
Il Lactobacillus helveticus NS8 è stato
confrontato con l’SSRI (citalopram) nei ratti
con depressione, ansia e disfunzioni cognitive a
causa dello stress cronico.[15] Il prebiotico ha
funzionato meglio del citalopram nel ridurre
l’ansia indotta da stress, depressione e
disfunzioni cognitive. Esso ha abbassato il
cortisolo e riportato i livelli di serotonina e
di altri neurotrasmettitori cerebrali alla
normalità.
Altri probiotici contenenti Lactobacillus
helveticus hanno anche dimostrato, in studi
condotti su animali, di poter ridurre la
depressione legata allo stress e all’ansia,
influenzando la serotonina, il cortisolo, e
altri composti neuroattivi.[16]
Ad esempio, il Lactobacillus helveticus
r0052 combinato con il Lactobacillus rhamnosus
R0011 ha normalizzato i comportamenti simili
all’ansia e le carenze di apprendimento e di
memoria nei ratti immuno-deficienti con
disfunzioni dell’asse HPA.[17]
Alcuni prebiotici sono anche psicobiotici ?
I prebiotici possono anche agire come importanti
regolatori dell’umore e della funzione del
cervello. I prebiotici non sono organismi vivi
come i probiotici, ma sono sostanze vegetali che
stimolano la proliferazione dei batteri positivi
intestinali.
In un recente studio è stato dimostrato che essi
riducono la secrezione dell’ormone dello stress,
il cortisolo, e migliorano l’elaborazione
emotiva in volontari sani. I partecipanti hanno
ricevuto uno dei due prebiotici
(frutto-oligosaccaridi, FOS, o
Bimuno-galactooligosaccharides, B-GOS) oppure un
placebo (maltodestrine) al giorno per tre
settimane. I livelli di cortisolo al mattino
erano significativamente più bassi dopo
l’assunzione B-GOS rispetto a chi aveva assunto
il placebo. I partecipanti che avevano assunto
B-GOS hanno anche mostrato aumenti positivi
sulla vigilanza e attenzione, che è
un’indicazione che il prebiotico ha avuto
effetti anti-ansia. Nessun effetto è stato
trovato dopo la somministrazione di FOS.[18]
Le persone con l’intestino
irritabile spesso hanno l’ansia e / o
depressione, condizioni correlate direttamente
con la disbiosi e
con la diminuzione dell’attività intestinale e
della diversità microbica.[19] Uno studio ha
trovato che una miscela prebiotica contenente
galactooligosaccaride ha dato benefici
sull’ansia nella sindrome dell’intestino
irritabile.[20] Il trattamento giornaliero con
questa miscela per 4 settimane ha ridotto i
punteggi di ansia e ha avuto un notevole impatto
positivo sulla qualità della vita.
Conclusione
Nel complesso, i risultati di questi studi
dimostrano che gli psicobiotici hanno il
potenziale di avere un impatto positivo sulla
funzionalità del cervello, sul miglioramento
dell’umore, sul trattamento della depressione e
dell’ansia, e aiutano a gestire lo stress. I
migliori psicobiotici ed i relativi dosaggi
devono ancora essere determinati. In generale
sono raccomandati almeno 10 miliardi di CFU al
giorno per la maggior parte dei probiotici, tra
cui gli psicobiotici, ma possono anche essere
utili apporti superiori o inferiori. Basta fare
una prova per almeno un mese prima di decidere
se funzionano o meno.
La
chiave della salute è nel nostro intestino e
gli antichi di ogni tradizione lo sapevano
benissimo. Ippocrate, padre della medicina
moderna, ha detto 2400 anni fa: “Tutte
le malattie hanno origine nell’intestino“.
Commento NdR: anche e pur rispettando gli
autori dello studio, precisiamo: non e' che un
singolo batterio influisce sulla psiche, ma e'
l'insieme sinergico di TUTTI i
batteri autoctoni della flora intestinale,
il microbioma, che permette al soggetto di avere
una
psiche / mente lucida ed attenta,
senza distrazioni dai malesseri causati dalle
alterazioni della flora foriera di qualsiasi
danni o
ammalamento.
Riferimenti
[1] Dinan TG et al. Psychobiotics: a novel
class of psychotropic. Biol
Psychiatry. 2013 Nov 15;74(10):720-6.
[2] Tillisch K et al. Consumption of
fermented milk product with probiotic modulates
brain activity. Gastroenterology.
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[3] Wall R et al. Bacterial neuroactive
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[4] Ait-Belgnaoui A et al. Probiotic gut
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Tratto da dionideam.it
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Il fenomeno
Psicosomatico: nuove ipotesi di lavoro
L’ambiguita' nella psicosomatica : confusioni storiche
Per affrontare la questione del corpo tenendo
adeguatamente in vista la sua specificita' e'
indispensabile fare riferimento e approfondire le
dimensioni teoriche che sottendono la psicosomatica che
deve intendersi, fondamentalmente, come un orientamento
delle scienze mediche, di quelle psicologiche e di
quelle psicoanalitiche finalizzato a privilegiare
l'aspetto della totalita' psicofisica degli individui.
Purtroppo, pero', questo vocabolo viene spesso usato
impropriamente ed e' stato anche molto inflazionato,
cosa che ha dato luogo a confusioni che possono sfociare
in un generico dire tutto e il contrario di tutto e
magari, in alcuni casi, coprire atteggiamenti
diagnostici poco scrupolosi e superficiali.
Il termine “psicosomatica” comparve per la prima volta
nella medicina romantica con J. C. Heinroth nel 1818,
nel 1922 K. Jacobi introdusse invece l’espressione "somatopsichico"
e poi, per parecchio tempo non si fece più menzione di
questi argomenti fino a che Felix Deutsch parlo' di
"medicina psicosomatica" ( nel 1919 fondo' una clinica
in cui si curavano le “nevrosi organiche”),
introducendo, di fatto, quest'ultima nella scienza
medica ufficiale.
Nel riferirsi al concetto della psicosomatica si va
spesso incontro, a volte del tutto inconsapevolmente, ad
una confusione, giacche' il problema della divisione
mente corpo e', come dire, sempre in agguato e, inoltre,
riferendosi a questa espressione, si puo' intendere sia
il concetto di medicina "olistica", sia la questione
dell'origine psichica delle malattie.
Di certo, pero', si puo' affermare che il problema della
psicosomatica e' antico quanto il mondo, tant'e' vero,
che gia' Platone affermava che la mente risiedeva nel
cervello e Aristotele nel cuore, come dire che gia' da
allora, ci s’interrogava sulla questione della
guarigione e di dove questa avvenisse: nella mente o nel
corpo ? E la mente e' materiale oppure no? Ippocrate
porto' il suo "contributo" affermando che e' nella
natura stessa dell'uomo che e' insito il processo del
risanamento, cosa apparentemente risaputa e ovvia anche
se non ci s’interroga mai abbastanza sul senso di quanto
le ragioni di alcuni processi inspiegabili stiano in
realta' nell'individuo stesso: tutti sappiamo cosa
succede quando ci si punge un dito, e, cioe' che poi di
fatto il sangue coagula e non si muore (generalmente!)
dissanguati.
Determinismo culturale
La questione della guarigione rimanda poi al concetto di
salute, che, essendo “cultural dipendente”, assume
significati assai diversi a seconda della situazione di
riferimento cui si appartiene. Sicuramente c’e'
un’enorme differenza nel modo di concepire la malattia
in oriente e in occidente, così come sono diversi gli
approcci terapeutici che si utilizzano.
Attualmente le scienze biologiche e mediche, in
occidente, con il relativo campo di ricerca, derivano
dalla visione cartesiana, per la quale, esiste una
divisione tra “res cogitans” e “res extensa”: l’uomo e'
visto come una macchina, (Cartesio si riferiva appunto
all’esempio dell’orologio mosso dal Grande Orologiaio),
l’individuo sta bene quando tutti i pezzi funzionano a
dovere e cio' costituisce la base della visione
meccanicistica.
L’impostazione fondamentale che sottende il modello
della societa' capitalistica deriva dunque
dall’intendere la produttivita' come il valore
fondamentale da cui essere guidati, quello che conta e'
il buon funzionamento della macchina, ivi compresa la
macchina uomo, e, in questo senso, ogni evento che si
frapponga al raggiungimento di questo valore e' visto
come qualcosa di spiacevole e inaccettabile che non va
compreso, ma solo eliminato in gran fretta.
In tutto cio', chiaramente, rientra la questione della
malattia, per non palare della morte, eventi ambedue che
bisogna tentare o di risolvere in modo illusoriamente
perfetto o, dove cio' non sia possibile, negare, negare
sempre tutto, quello che conta e' il “rendimento”.
E’ evidente quanto quest’impostazione possa forse
offrire da un lato garanzie di rigorosita', ma, per
altri versi possa invece rivelarsi assai pericolosa,
poiche' allontana il soggetto dall’assumersi
realisticamente la responsabilita' della propria vita e
della malattia, che, se capita, rappresenta in ogni caso
un evento che, inevitabilmente, deve inserirsi nel campo
della propria esistenza.
Ho usato in precedenza il termine soggetto, che poi e'
il nucleo fondamentale della questione. Per l'appunto,
un approccio alla malattia, di qualunque natura sia, non
dovrebbe mai limitarsi a indagini anatomopatologiche
specifiche sui vari organi, ma dovrebbe tener presente
la necessita' di operare un passaggio dal discorso del
“disturbo”, sia esso fisico o psichico, riferito al
concetto di “organismo”, a quello di “sintomo”, che
introduce alla questione del “corpo”.
Infatti parlare di corpo significa porre il tema
dell’amore, quello, per cui Freud introdusse l’argomento
del narcisismo: il corpo e' l’unificazione tra un
organismo e l’immagine che di questo si ha.
Tornando alla psicosomatica, mi sembra importante, come
si e' detto, cercare di fare un po’ di chiarezza perche'
con questo temine s’intendono sia gli stati morbosi che
possono creare situazioni depressive nel soggetto, sia
il fatto che esistono delle possibili cause e concause
psichiche nell’eziopatogenesi delle malattie organiche.
Personalmente reputo sia più utile inquadrare la
questione da quest’ultimo punto di vista e mi sembra
utile a tal riguardo la seguente suddivisione in
disturbi funzionali e disturbi psicosomatici veri e
propri ( e' evidente che inoltre esistano patologie
organiche con eziologia del tutto diversa).
I disturbi funzionali sono quelli che in pratica sono
dovuti ad un alterato funzionamento d’apparati ed organi
e, rientrano in questa categoria, tutte quelle più o
meno lievi patologie per le quali le persone, in genere,
si rivolgono ai medici di base e sono ad esempio: il
vomito, i rossori, alcuni casi d’enuresi, la tosse
psicosomatica, alcuni disturbi della sfera sessuale
maschile e femminile, alcuni disturbi gastrici, certe
forme di paralisi, la cecita' isterica ed altri. Tutte
queste patologie sono in stretta correlazione con lo
stato dell’umore e all’espressione, più o meno intensa,
di determinate emozioni che le migliorano o le
peggiorano.
I disturbi psicosomatici veri e propri sono invece
quelli in cui vi e' una compromissione d’organo
riscontrabile e per questi riporto la classificazione
che ne fece Alexander che fu poi riconosciuta dall’OMS
negli anni quaranta, visto che la si puo' ritenere
ancora valida :
ulcera gastroduodenale, colite ulcerosa emorragica,
artrite reumatoide, ipertensione arteriosa psicogena,
tireotossicosi o morbo di Bassedow, psoriasi, asma
bronchiale, cefalea emicranica.
Una sfida innovativa
Credo, quindi, che la sfida del futuro sia quella di
cominciare ad inserire tra i disturbi psicosomatici veri
e propri anche il cancro, le malattie
cardiovascocircolatorie e la sclerosi multipla.
Questo, deve essere chiaro, non significa dire che
l'eziopatogenesi di tali malattie sia solo ed
esclusivamente d’ordine psichico; chi affermasse questo
sarebbe completamente fuori strada; ma, e' probabilmente
importante, imparare a considerare che, quasi
certamente, in ogni affezione somatica ci puo' essere
una concausa di tipo psicologico sia per quanto riguarda
la genesi che per quello che e' il decorso dell'evento
della patologia stessa.
Del resto, rispetto ad esempio al cancro, l'ipotesi
maggiormente credibile, per quel che riguarda il suo
costituirsi, e' sicuramente quella trifattoriale
intendendo quindi che sicuramente vi sono cause
collegabili alle questioni ambientali, altre di tipo
familiare e genetico e poi quelle di natura psicologica.
La questione che mi sembra utile tener presente e' che
al momento poco si puo' fare sul fronte
dell'inquinamento dell’aria e dei cibi, specie nei
centri industrializzati, poco si puo' influire, almeno
sino ad oggi, sulle questioni inerenti alle
predisposizioni genetiche e alle familiarita' : l'unico
aspetto su cui si puo' forse intervenire e' proprio
quello relativo agli aspetti psicologici, poiche', in
quest’ambito esistono delle effettive possibilita' di
cura.
Sembra tuttavia che, al momento, in Italia esista una
certa diffidenza nei confronti di questo discorso. A mio
avviso, non e' ancora davvero attuale una specifica
sensibilita' rispetto alla considerazione degli aspetti
psichici delle malattie ne', a tutt'oggi, sembra essere
presente , malgrado i discorsi apparentemente orientati
in questa direzione, un’effettiva considerazione del
malato inteso come unita' somatopsichica. Tutti
affermano nei vari ambiti che l’individuo e' un insieme
di psiche e corpo ma, nei fatti, la rigida divisione dei
due elementi e' ancora assai diffusa, tanto che, troppo
spesso, nelle strutture sanitarie di vario tipo, le
persone vengono viste ancora come solo degli organismi,
per i quali la considerazione degli aspetti psichici e'
in pratica elusa.
Le ipotesi multifattoriali
Del resto della stretta interazione fra fattori
psicosociali e cancro si sono occupati moltissimi
autori, ricordiamo ad esempio C. B. Bahnson e M.B.
Bahnson (1966) che hanno evidenziato come nella
strutturazione della personalita' degli individui che
poi sviluppano un cancro ci sia un’utilizzazione
massiccia di meccanismi difensivi quali la rimozione e
il diniego; poi Le Shan che ha fatto notare come le
persone che sviluppavano un cancro avessero subito,
precedentemente, dei lutti significativi o in ogni caso
delle separazioni particolarmente sofferte. Un
importante contributo e' stato prodotto dalla scuola
francese, con gli psicoanalisti Marty e de M'Uzan che
notarono come individui che sviluppavano disturbi
psicosomatici presentassero una poverta' fantasmatica e
di “reverie” e una rigida separazione tra dimensioni
consce e inconsce, avevano cioe', in definitiva, quella
che si puo' esprimere come una mancanza di
rappresentazioni.
Questi soggetti sono spesso persone che apparentemente
sembrano totalmente ben adattate , quelle per la cui
definizione verrebbe da usare il termine “normali”.
Utilizzano prevalentemente un pensiero operatorio, cioe'
concreto, in cui, sono quasi assenti, o poco sviluppati,
gli aspetti emozionali.
Anche Biondi e collaboratori hanno portato un loro
contributo e mi pare interessante citare una delle loro
ricerche in cui e' emerso come persone affette da
mastopatia fibrocistica dessero delle risposte alle
scale nevrotiche del M.M.P.I. che producevano
un'elevazione ai questionari sull'ansia maggiore
rispetto a quelle che presentavano un carcinoma
mammario.
E' poi indispensabile citare la ricerca longitudinale
condotta da Caroline Bedell Thomas, iniziata nel 1946,
su un campione formato da un cospicuo numero di studenti
e da un gruppo di controllo, ricerca tutt’ora in corso.
La ricercatrice dimostro' dopo quasi trent'anni di
ricerche come il profilo dei soggetti che svilupparono
un cancro fosse di fatto sovrapponibile a quello dei
soggetti morti suicidi.
Il professor Gian Franco Tedeschi, in una tavola rotonda
del terzo congresso mondiale del I.C.P.M. nel 1975, fece
notare come gli psichiatri dell'era prekrepeliniana
avessero gia' scoperto che se degli psicotici gravi
avevano degli attacchi di malaria o di tifo con dei
conseguenti stati febbrili elevati, interrompevano,
almeno transitoriamente, gli stati mentali patologici,
inoltre, le terapie biologiche da shock, producevano lo
stesso effetto , tanto e' vero che per un certo periodo,
in psichiatria, si cominciarono ad usare il coma
insulinico e l'elettroshock per questo tipo di
sintomatologie.
Sempre nella stessa sede il professor Claudio Modigliani
affermo' che in definitiva anche la psicosi e' pur
sempre un salvataggio della vita operato dalla natura,
“quindi una difesa biologica, che , per quanto pesante
necessita del massimo rispetto (….) e, d'altra parte,
non tragga in inganno il fatto che il quadro psichico
possa parallelamente apparire molto migliorato e sgombro
dai sintomi più gravi. Si tratta infatti di
pseudoremissioni temporanee che nascondono una fase
critica consistente proprio nella compromissione delle
difese psichiche e nella regressione al livelli somatici
che sono inaccessibili.” (1)
La teoria di Modigliani : “nevrosi e psicosi come
modello di salute”
Cerchero' ora di spiegare meglio quale sia il pensiero
di questo psicoanalista che da più di trent’anni si
occupa di pazienti definibili come psicosomatici gravi.
Secondo Claudio Modigliani, la salute e la "salvezza"
anche psichica dell'individuo, starebbero nella sua
possibilita' di sopportare coscientemente la sofferenza
psichica, per cui, la nevrosi e anche la psicosi, con il
loro carico di difese e regressioni, rappresenterebbero,
paradossalmente, comunque “il modello della salute”. Le
sofferenze non percepibili, cioe' preconsce e inconsce,
minerebbero al contrario, pericolosamente, l'integrita'
psicofisica del soggetto. Ci sarebbe pertanto un
passaggio tra lo psichico, rappresentato dalle
sofferenze inconsce o stress, al soma, rappresentato dal
sistema immunitario: questo potrebbe costituire un
aspetto importante nell'eziologia delle malattie
organiche in genere e del cancro e di altre gravi
patologie in particolare.
Mi sembra che le teorie di Modigliani sulla “nevrosi
come modello di salute” siano di grandissima utilita'
nell'approccio alla questione psicosomatica e mi sento,
dopo tanti anni di lavoro in questo campo, di confermare
in pieno questa impostazione.
Solo lavorando con le persone che sviluppano gravi
malattie fisiche si puo' imparare a vedere come di fatto
le difese psichiche possano più o meno proteggere
dall'insorgere delle patologie somatiche, anche se, la
consapevolezza, spesso, comporta il pagamento di prezzi
molto elevati in termini di sofferenza psichica. Mai,
come in questi soggetti, e' necessario imparare a
dubitare della veridicita' della ricezione dello stato
dell'umore; come diceva Lacan, “sentiment”: il
sentimento mente.
Infatti, in genere, le persone affette da cancro, sono,
dal punto di vista psicologico, apparentemente sagge e
mature, si adattano con compostezza alle traversie della
vita e si lamentano, in genere, abbastanza poco; come
dire sembrano avere un atteggiamento stoico nei
confronti del dolore fisico e morale: molto spesso
questi soggetti non sembrano nemmeno troppo spaventati
dalla malattia che hanno, ne' dalle terapie cui dovranno
essere sottoposti; di certo appaiono assai diversi, e
sembrano lontani anni luce da quelli che invece
producono atteggiamenti “sanamente” nevrotici in cui
compaiono, al contrario, dimensioni fobiche o
ipocondriache
E' stato ormai riscontrato come il cancro e l'infarto
siano le principali cause di morte delle societa'
industrializzate ed e' ormai evidente la stretta
correlazione tra stress e industrializzazione.
Questo e' un dato importante su cui riflettere ma che
puo' significare cose diverse.
Da un lato e' appunto sicuramente certo che
l'incremento, come si diceva prima, dei fattori
d’inquinamento ambientale e gli elementi legati alla
familiarita' e alla genetica abbiano un grosso peso
nell'insorgenza di queste gravi patologie, ma, e' anche
vero che, nel nostro tipo di cultura, c'e' sicuramente
un innalzamento dei livelli di stress, che puo' essere
definito come sofferenza inconscia non percepibile.
Rapporto tra stress e
sistema
immunitario
Com’e' noto, il termine stress, che di per se' significa
“sforzo”, fu introdotto nel 1936 da Hans Selye che,
insieme a Walter Cannon scoprì quella che fu definita
“sindrome generale di adattamento”. Tale quadro
sintomatologico da' luogo ad una risposta biologica
fondamentale e aspecifica dell’organismo che consiste
nell'attivazione dell'asse che lega l'ipofisi al surrene
e che produce appunto, un’ipertrofia della corteccia
della ghiandola surrenale. Questa, a sua volta, crea
un’atrofia del timo, che peraltro e' la ghiandola che
svolge un importantissimo ruolo nel sistema immunitario.
Inoltre Cannon spiego', sulla scia di Freud, come
l'organismo cerchi di mantenere quella che definì “omeostasi”
e come questa venga appunto disturbata dagli agenti
stressanti sia fisici che psichici.
Stimoli esterni o interni pericolosi o ritenuti tali,
producono comunque delle conseguenze sull’organismo.
Certamente per permettere il mantenimento dell’omeostasi
e' fondamentale il ruolo che svolge il sistema
immunitario che e' preposto alla difesa biochimica
dell’organismo nei confronti delle malattie e delle
infezioni.
Ormai, emerge sempre più chiaramente, come lo stato
dell’umore influenzi il sistema immunitario e sono
numerosissimi gli studi che confermano la stretta
connessione, gia' accennata, tra la depressione e
l’abbassamento delle difese immunitarie. Cito un
interessate studio, che mi pare confermi le ipotesi gia'
avanzate da Le Shan (1958) di un gruppo di medici
australiani che effettuarono esami di laboratorio su
ventisei persone che avevano perso il coniuge poco tempo
prima.
Chiaramente i medici volevano evidenziare come il lutto
producesse un’incidenza sfavorevole, con conseguente
abbassamento delle dimensioni immunitarie: questo emerse
chiaramente e, infatti, dall’esperimento risulto' che le
cellule preposte alla difesa biochimica dell’organismo
dei soggetti che avevano subito un lutto, erano molto
più deboli, e producevano, alle stimolazioni
immunitarie, delle reazioni poco appropriate (Schedlowski.M.,1994).
Bisogna pero' tener presente che non si deve
criminalizzare lo stress in quanto tale, perche' oltre a
quello negativo ne esiste uno positivo.
Quello nocivo e', come si diceva prima, quello
rappresentato dalla sofferenza inconscia, quel dolore di
vivere non percepito che puo' portare alla costruzione
di assetti difensivi troppo rigidi e patologici, per il
mantenimento dei quali si pagano dei prezzi assai
elevati.
Le difese psichiche servono per vivere ed e' certo che
e' il tipo di strutturazione psichica che determina il
modo in cui ci si relaziona alle varie questioni che la
vita pone.
Nuove esperienze alla luce del pensiero di Lacan
I soggetti che sviluppano un cancro, almeno questa e' la
mia esperienza, sono persone disperate che non sanno di
esserlo; sono individui che a causa di dimensioni
narcisistiche esasperate vivono la vita ad un livello di
insopportabilita' di cui pero' sono completamente
inconsapevoli a causa dell’uso massiccio di meccanismi
difensivi, quali appunto, la rimozione e il diniego.
A tal riguardo e' bene ricordare che il narcisismo
esasperato puo' costituire una profondissima ferita che
condanna il soggetto a non poter attuare, di fatto,
delle modalita' minime di separazione, indispensabili
alla sopravivenza: la soggettivita' e' totalmente
schiacciata dal desiderio dell’Altro, che diventa la
dimensione che si e' costretti a privilegiare, sempre e
comunque, a discapito di se stessi.
La possibilita' di sviluppare un desiderio individuale
presuppone che il soggetto sia arrivato alla questione
della Legge che e' quello che permette quindi di
scegliere, avendo potuto accettare la castrazione
simbolica: questa e' la condizione necessaria per
diventare soggetti individuati che possono esistere al
di la' della schiavitù delle pulsioni e dell'assoluta
necessita' dell’economia del bisogno.
Una legge serve ad evitare, per quanto possibile, di far
del male a se' e agli altri, e non rappresenta quindi
solo uno scopo ma, serve a tenere in piedi il livello
del gioco, ivi compreso quello della vita, permettendo
così l’esistenza di un legame sociale abbastanza umano.
Quando si va “Al di la'”, come Freud (1920) ci ha detto,
le cose cambiano e, senza peraltro saperlo, si rinuncia
alla dimensione del piacere che e' quella che presuppone
l’economia del desiderio. Si va allora verso il
godimento non articolato al significante che si attacca
invece alla questione del bisogno, si perde quindi quel
po’ di liberta' cui puo' tendere l’essere umano: il
godimento di per se stesso cerca delle soddisfazioni
altre che sono quelle che hanno a che vedere col dolore
e con la morte.
I sintomi sono formazioni dell’inconscio che hanno una
struttura di linguaggio e presuppongono quindi la
possibilita' della sostituzione e della metafora (come
dire “c’e' una cosa al posto di un’altra”) e inoltre
hanno un senso che puo' essere interpretato alla luce
delle prime esperienze del soggetto. Nella “questione
psicosomatica”, invece, si deve parlare di “fenomeni”,
in cui sembra che nel corpo stesso sia scritto quel
qualcosa che il soggetto non riesce a leggere.
L’argomento fondamentale della cura diventa percio' come
far leggere al soggetto cio' che di fatto e' scritto nel
corpo .
Lacan sosteneva che i fenomeni psicosomatici sono
appunto legati ad effetti di linguaggio ma che sono
fuori soggettivazione; si e', pertanto, in una
situazione in cui non e' possibile arrivare alla domanda
e tanto meno al sintomo analitico, si e', insomma, al
livello di “olofrase”.
Le persone che sviluppano un
cancro
sono in genere distrutte psicologicamente anche se non
ne sono consapevoli e il soggetto non riesce ad
emergere, non sono quindi in grado di combattere per la
vita vissuta come espressione di se' contro le
interferenze dell’ambiente; come si e' gia' detto, sono
degli individui adattabili che pero' di fatto esprimono
invece un’incondizionata resa totale .
Si potrebbe quindi pensare che la struttura che sottende
l’ammalarsi di
cancro, o comunque di malattie psicosomatiche
gravi, abbia a che vedere per qualche verso con il
discorso della melanconia, in cui e' presente la
completa impossibilita' di elaborare il lutto. Si pone
pertanto la questione “dell’oggetto impossibile” quello
cioe' che non si puo' relativizzare, l’oggetto inteso
come un tutto che deve soddisfare in modo perfetto e non
perfettibile. Come dire: “ o così o
morte”.
Sembrerebbe quindi che per questi soggetti non esista la
possibilita' di giungere alla dimensione dell’oggetto
parziale, che rappresenta poi la grande scoperta della
psicoanalisi, per cui non si puo' identificare una
articolazione adeguata tra piacere e godimento.
Quello che sembra quindi importante per affrontare le
gravi patologie psicosomatiche sembra essere l’offrire
un intervento che prenda in considerazione con maggior
forza gli aspetti psichici, oltre che organici, delle
malattie, per cercare di permettere a questi pazienti di
acquisire una posizione per cui, comprendendo un senso
diverso che la loro vita potrebbe assumere, comincino in
pratica a “temere” la morte e attivino le energie e le
risorse personali per la costruzione di un progetto,
così che la malattia possa diventare l’occasione per una
rinascita.
Credo altresì che per giungere a questo sia
indispensabile un approccio olistico al malato
considerato come unita' costituita da tre livelli:
relazionali e sociali, biologici e biochimici, cognitivi
ed emozionali. Non ci si deve riferire percio' ad un
discorso di mera causa effetto rispetto ad uno stress
psichico che scarica sul corpo e lo fa ammalare, ma si
deve pensare ad un sistema aperto in cui ci sono scambi
tra l’ambiente e i sistemi di informazione dello
psicosoma e cioe' sistema nervoso, endocrino ed
immunitario.
Dopo molti anni di lavoro individuale e di gruppo, sia
in ambiti istituzionali che con persone affette da
malattie psicosomatiche gravi, ho messo a punto un nuovo
metodo che mette insieme, con alcune modifiche, le
esperienze elaborate con il professor Modigliani, quelle
compiute con lo psicodramma analitico e quelle relative
alla tecniche di rilassamento psicofisico e di
visualizzazione.
A questo proposito e' importante fare un accenno al
fatto che nell’ambito della cura delle malattie
psicosomatiche si puo' far ricorso anche
all’utilizzazione dell’ipnosi
e di alcune tecniche suggestive.
Mesner, nel 1773 scoprì, quello che denomino',
“magnetismo animale”, prendendo spunto dalla teoria
gravitazionale di Isaac Newton.
Tecniche suggestive
Nel 1841 Sir Brad denomino', poi, ipnosi (dal greco
hypnos) sonno, le tecniche di fissazione dello sguardo e
di suggestione. Charcot prima e Freud dopo, ripresero
tutto questo e provarono a curare i disturbi isterici
con l’ipnosi.
Come e' noto, Freud e' stato l’inventore della teoria
della libido e dello sviluppo delle nevrosi e il modello
che lui propose spiega i fenomeni isterici per via
dell’articolazione tra aspetti somatici, psichici e
sociali.
Fu Freud che introdusse il concetto di “conversione” che
gli permise di spiegare il salto tra lo psichico e il
somatico: il sintomo corporeo e' il rappresentante
dell’esperienza rimossa nell’inconscio, cioe',
l’espressione simbolica del conflitto tra desiderio
sessuale rimosso e difesa
All’inizio quindi Freud utilizzo' l’ipnosi per curare
l’isteria ma poi si rese conto che le dimensioni
nevrotiche non erano affrontabili con questo strumento e
quindi l’abbandono'.
La suggestione e' una situazione in cui si presenta un
preciso stato di coscienza, una specifica modalita' di
ricezione del messaggio ( su cui di fatto viene operato
un basso controllo cosciente) e, inoltre, lo sviluppo di
una particolare modalita' di apprendimento. Tutto questo
crea una relazione, del tutto caratteristica, tra
paziente ed ipnotizzatore.
e' bene tener presente che, per molto tempo, la medicina
ha utilizzato, senza saperlo, proprio la suggestione, e
si sa benissimo quanti e quali effetti si possano
ottenere utilizzando anche il placebo.
La suggestione in effetti e' il supporre che esista un
Altro, per giunta immaginato anche come pieno; un altro
che sia, in definitiva, proprio un grande Altro. E’
appunto questo che determina la potenza della parola,
come ad esempio, quella della madre al suo bambino,
quella parola che a volte poi si inscrive, spesso
indelebilmente, nell’essere stesso.
Quindi, come afferma Jacques Alain Miller (1991)“ il
fattore chiave di ogni psicoterapia e' che esiste un
Altro, che possiamo scrivere con la A maiuscola, un
Altro che dice quello che bisogna fare e al quale il
soggetto che soffre obbedisce e da cui attende
approvazione.”
La differenza tra psicoterapia e psicoanalisi sta
proprio nella scoperta del transfert che e' poi la messa
in questione dell’analisi della suggestione, ma in
analisi l’immagine dell’Altro si articola alla parola e
cioe' l’immagine si articola al simbolo.
Nella suggestione, così come in alcune psicoterapie,
esiste il dominio dell’immagine dell’Altro sul soggetto,
Altro che viene quindi interpretato come padrone. Questo
produce poi un effetto di significazione e una
identificazione all’Altro che, come dice Jacques Alain
Miller (1991), “fa si che a questo livello la
psicoanalisi abbia una base comune con la psicoterapia,
e cioe' un funzionamento attraverso l’identificazione,
come punto di partenza”.
Esistono prove scientifiche che indicano come a volte si
possano utilizzare tecniche suggestive sia nella cura
dei disturbi psicosomatici che di quelli organici, oltre
anche a volte interventi sul dolore.
Cito ad esempio quello che riferisce l’ipnologo X.
Barber del Cushing Hospital di Framingham (1958) e che
cioe' si riesce a produrre la sensazione e i segni
fisici delle ustioni attraverso la suggestione, inoltre
questa ha un effetto immediato nel far scomparire ad
esempio le verruche e vari altri fenomeni cutanei come
ha dimostrato Ted Grossbart.
Lo stress, come si e' gia' sottolineato produce un
abbassamento delle difese immunitarie attraverso la
produzione di ormoni adrenocorticoidi e si e' scoperto
come sia possibile abbassare nel plasma il livello di
questi ultimi utilizzando l’ipnosi e le tecniche di
rilassamento psicofisico .
E’ necessario anche citare Carl e Stephanie Matthws
Simonton (1980) che hanno creato, in California il
Simonton Cancer Center. Questi due ricercatori, nel
programma che attuano ai loro pazienti oncologici,
applicano anche tecniche di “imagery” di cui e' certa
una qualche efficacia anche se i dati che si hanno al
momento sono ancora da perfezionare.
Secondo Claudio Modigliani le persone che sviluppano
malattie psicosomatiche gravi sono quelle in cui si puo'
individuare quello che lui definisce “omeostasi
masochistica” intendendo con questo un tipo di
situazione psichica in cui prevale l’egemonia di un
Super io arcaico del tutto persecutorio e che in virtù
di questa loro strutturazione hanno una grande
difficolta' a sottoporsi ad un trattamento
psicoanalitico classico. In alcune circostanze, con
questi soggetti, e' possibile invece cominciare un
trattamento iniziando ad insegnare loro le tecniche di
rilassamento, quelle autoipnotiche e quelle di imagery:
“La suggestione - come dice appunto il professor Claudio
Modigliani - e' spesso la lingua che il Super io puo'
comprendere, l’unica che i malati psicosomatici possono
ascoltare, almeno all’inizio”. (2)
E’ importante sottolineare infatti che possono essere
proposte delle pratiche che pur essendo terapeutiche,
non costituiscono specificatamente l’applicazione del
discorso analitico propriamente detto, ma, quel che
conta, e' tener presente le linee di forza dell’analisi
e di conseguenza la conoscenza della struttura
dell’inconscio che da questa deriva.
Il valore dello psicodramma per i “miei” pazienti
Il nuovo approccio da me proposto che si chiama
N.M.P.M.P. ( Nuovo Metodo Psicoterapeutico Malattie
Psicosomatiche) si pone l’obiettivo di potenziare le
risorse psichiche, consce e inconsce, dell’individuo in
modo tale che la conseguente modifica dello stato
dell’umore e, ove possibile, un più profondo cambiamento
di posizione soggettivo permetta di riappropriarsi della
volonta' di vivere in modo più desiderante con una
conseguente riattivazione del funzionamento del sistema
immunitario, e per quanto possibile l’emersione del
soggetto dalle trappole di un immaginario troppo
cristallizzato.
A tal riguardo e' importantissimo l’uso dello strumento
dello psicodramma analitico freudiano da me applicato
sempre con particolari cautele e accorgimenti specifici,
in quanto permette di “metter al lavoro” il soggetto del
portatore di una malattia psicosomatica grave in un modo
particolarissimo e assai proficuo ( e' bene ricordare a
tal riguardo che il soggetto e' quello dell’inconscio e
che quindi non coincide con l’Io).
Freud sapeva che il desiderio di giocare era il
risultato del desiderio infantile di poter esprimere
degli impulsi proibiti, o ritenuti tali, ma questo si
puo' attuare solo a patto che possa essere effettuato il
mascheramento simbolico di questi. Nel gioco del
rocchetto il piccolo Ernst impara a fare i conti con la
separazione, impara che si puo' scegliere di sopportare
una perdita e non rimanerne necessariamente distrutti.
Fu la Klein che introdusse l’utilizzazione del gioco
nella pratica analitica. Ella comprese che una scena
interna puo' svilupparsi, in modo proiettivo, su uno
spazio esterno, uno spazio rappresentativo, in cui si
chiama in causa innanzi tutto il proprio corpo
E’ fondamentale, con i pazienti psicosomatici gravi
l’utilizzo dello psicodramma analitico precisamente
perche' consente al soggetto, attraverso il gioco, di
assumere un po’ alla volta l’utilizzazione di una
parola, unica e personale, che permette di spostare la
propria posizione nei confronti di un piccolo altro,
vissuto a volte come assoluto; il paziente quindi puo'
dirsi, un po’, e alla volta, delle verita' così scomode
da sopportare, per mantenere le quali, spesso sceglie di
sopportare il prezzo di finzioni che mutilano e
sviliscono.
Questo processo così doloroso e' proprio quello da cui
si difendono in tutti i modi, molto spesso, proprio le
persone che sviluppano le gravi malattie organiche, in
virtù, appunto, della loro specifica strutturazione. La
mia esperienza mi ha mostrato specificatamente, come di
fatto sia più praticabile, almeno all’inizio di un
trattamento, proporre ai pazienti un lavoro in gruppo,
piuttosto che uno individuale, considerato spesso da
questi soggetti come troppo pericoloso, cosa questa che
poi puo' produrre delle fughe da un iter terapeutico.
Mi pare inoltre importare ribadire l’efficacia dello
psicodramma analitico in quanto terapia in gruppo e non
di gruppo, perche' i soggetti di cui stiamo parlando,
presentano la specifica necessita' di individuarsi e poi
interrogarsi sulla confusione che hanno con il loro
Altro; le dimensioni immaginarie in cui sono immersi
sono collettive ma il gioco e' individuale e il poter
rappresentare momenti cruciali del proprio discorso
soggettivo permette sicuramente un’apertura di vitale
importanza difficilmente realizzabile con altri tipi di
intervento psicoterapico, ribadisco, almeno nelle fasi
iniziali del trattamento.
Del resto, lo psicodramma analitico, e' un lavoro che
dovrebbe poter portare il soggetto a sopportare la
castrazione dell’Altro e permettere quindi una apertura
all’analisi.
Tutto cio', consente al paziente, di accettare in modo
più costruttivo la collaborazione con i medici e con le
cure sanitarie di tipo chemioterapico, radioterapico o
altro.
Ovviamente si deve immaginare anche una cooperazione più
positiva con le figure mediche e infermieristiche per
dar loro uno spazio, ove richiesto , nell’affrontare lo
stress che l’attivita' medica , con pazienti ad esempio
neoplastici, comporta.
Anche se non sono in grado di fornire dei dati
standardizzabili, posso affermare che i risultati del
lavoro che svolgo con i pazienti psicosomatici gravi da
diciotto anni, sono molto promettenti.
Nella quasi totalita' dei casi ho verificato una
remissione delle sintomatologie collegate alle malattie
neoplastiche che i soggetti presentavano, pressoche'
completa e , a parte un caso, per me assai doloroso di
una paziente deceduta, tutti gli altri sono ancora in
vita.
Come dicevo, la persona, che purtroppo e' morta, ha
comunque potuto vivere un altro anno, rispetto alle
previsioni che le erano state fatte sui tempi di
sopravivenza, in modo del tutto “sereno” e senza
sintomatologie che minassero un andamento di vita
autonomo e soddisfacente, cosa apparsa miracolosa, a
detta degli stessi medici che la seguivano.
Personalmente non posso quindi che affermare l’assoluta
importanza e necessita' che possa sempre più essere
preso in considerazione un serio e mirato intervento
psicologico nell’affrontare le malattie organiche,
specialmente se gravi. Purtroppo, come ho accennato in
precedenza, al momento non mi sembra che questo tipo di
approccio sia valutato quanto meriterebbe, tant’e' che
io svolgo da anni, almeno per quel che riguarda il
lavoro nelle istituzioni, la mia attivita', in
collaborazione col Servizio Sociale di un grande
ospedale romano (attivita' peraltro richiestami a gran
voce dai pazienti e da alcuni medici), a titolo del
tutto volontaristico e gratuito.Vengono spesi, e guai se
non fosse così, miliardi, per le varie forme di
sperimentazioni che riguardano le cure farmaceutiche per
le neoplasie. Ma, almeno questa e' la mia esperienza,
quando si prova a far prendere in considerazione
interventi a livello psicoterapeutico, le cose cambiano,
come se ancora non si riconoscesse una reale dignita'
alle psicoterapie che ancora a volte vengono considerate
come degli interventi piuttosto estemporanei e
superficiali.
A tal riguardo mi preme sottolineare che l’intervento
psicoterapeutico, per i soggetti con patologie organiche
o psicosomatiche gravi, e' comunque estremamente
delicato e quindi e' indispensabile che chi vuole
lavorare in questo ambito abbia alle spalle un lungo ed
efficace training personale e di formazione specifico.
Infatti, come si e' tentato di sottolineare in questo
scritto, questi pazienti sono portatori, probabilmente,
di un livello di patologia psichica molto elevato, anche
se nascosto e apparentemente neutralizzato, e quindi
necessitano di una capacita' di ascolto e diagnostica da
parte dello psicoterapeuta molto consolidata.
Note
(1) “La malattia psicosomatica come alternativa alla
psicosi”. Tavola rotonda “Therapy in psychosomatic
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Mondiale dell’ International College of Psychosomatic
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(2) “The limits of the power of suggestion in
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Articolo pubblicato in CORPO e GRUPPO
“Quaderni di Psicoanalisi e Psicodramma Analitico” –
Anno I - n. 1 –2 Giugno-Dicembre 2002
By Fabiola Fortuna
Tratto da:
psychomedia.it
ECCO perche' OCCORRE
ASSOLUTAMENTE il
PROTOCOLLO
ADATTO per TENTARE di RIABILITARE CONTEMPORANEAMENTE SPIRITUALMENTE
ed
ENERGETICAMENTE
il MALATO, QUANDO lo si CURA fisicamente con le
GIUSTE e NATURALI
TERAPIE
RISANATRICI.
Questa
e'
l’enorme
responsabilita' che
anche
i
tecnici
che lavorano nella sanita',
debbono assumersi, ma che per ora latitano !
vedi
Cure
Naturali
+
Protocollo
della Salute
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