Eredità della salute
mentale e della patologia - 02/04/2016
Seguendo la teoria della personalità elaborata da Carl
Rogers, ogni essere umano nasce con la possibilità di
svilupparsi pienamente assecondando la propria «tendenza
attualizzante», un sistema motivazionale volto a
realizzare tutte le proprie potenzialità.
Tuttavia tale possibilità si compie pienamente ed in
modo armonico quando i genitori, sani e congruenti, sono
in grado di amare ed accettare incondizionatamente il
bambino ed i suoi bisogni fondamentali.
Di contro, gli elementi non accettati o negati dalle
figure significative (per difficoltà di varia natura)
non vengono integrati nel concetto di Sé in formazione,
che diventerà incongruente rispetto alla vera natura
della persona.
In queste condizioni non tutte le esperienze potranno
essere simbolizzate, ed in alcuni casi verranno
simbolizzate in maniera distorta, per non mettere in
pericolo il concetto dell’io che si è andato formando in
relazione con l’altro.
I bisogni negati, le compensazioni, le distorsioni - che
il soggetto mette in atto per sopravvivere - potranno
successivamente essere alla radice di varie forme di
sofferenza psichica.
Si può dunque ipotizzare una
trasmissione intergenerazionale dell’incongruenza (e
quindi della patologia); l’incongruenza del genitore si
trasforma nella distorsione del concetto di Sé del
figlio e tale distorsione, in forza del bisogno di
coerenza dei Sé (Lecky, 1956; Rogers, Kinget, 1965),
tenderà a mantenersi nel tempo.
Tale ipotesi sulla trasmissione intergenerazionale della
patologia presenta analogie con le ipotesi avanzate dai
teorici dell’attaccamento (Maura Anfossi, La
trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento:
ovvero la trasmissione intergenerazionale dell’integrità
psichica, ACP- Rivista di Studi Rogersiani, 1999).
«Le forme e i processi della realtà psichica di un
soggetto considerato nella sua singolarità si articolano
con le forme e i processi della realtà psichica che si
costituiscono nei legami intersoggettivi (René Kaës, Il
soggetto dell’eredità, 1993). In accordo alla teoria
dell’attaccamento elaborata da John Bolby, ogni bambino
costruisce nel corso del primi anni di vita una
strategia di attaccamento nei confronti del caregiver
(figura di accudimento principale, in genere la madre),
strategia che è il risultato della qualità della
relazione con il caregiver.
La realizzazione di un’adeguata funzione genitoriale
richiede delle capacità di vario genere, tra cui in
primo luogo, la sensibilità ai segnali che vengono dal
bambino e la capacità di rispondere adeguatamente ai
differenti bisogni che caratterizzano le diverse fasi
del suo sviluppo (responsività sensibile); la capacità
di gestire le interazioni sociali, le situazioni
difficili e gli eventi vitali perturbanti; sapere come
giocare e parlare con il bambino e in un uso della
disciplina tale da ottenere la messa in atto del
comportamento desiderato da parte del bambino in un modo
che risulti armonico ed adeguato a favorire l’incremento
del suo auto-controllo (Rutter, 1989).
I bambini che hanno conosciuto una cura genitoriale
coerente, attendibile ed empatica, svilupperanno uno
stile di attaccamento “sicuro” e un corrispondente
“modello operativo interno sicuro” (intendendo come
modello operativo interno la rappresentazione mentale
connessa all’interazione tra il bambino e gli adulti
significativi, tendenzialmente stabile nel tempo).
Tale configurazione relazionale (un caregiver sensibile,
amoroso, affidabile e un sé che è meritevole di amore e
di attenzione) gli consentirà di sperimentare la
sicurezza, perlopiù inconscia, che tutte le volte in cui
potrà trovarsi in difficoltà, e in qualsiasi luogo, vi
saranno sempre a disposizione persone fidate che gli
verranno in aiuto (Bowlby, 1979).
I bambini che, al contrario,
hanno sperimentato relazioni connotate da
indisponibilità, discontinuità o che hanno avuto figure
incapaci di fornire cura e protezione, svilupperanno un
attaccamento “insicuro” mentre all’interazione
quotidiana con un caregiver mentalmente o fisicamente
inaccessibile o incomprensibile o
spaventato/spaventante, o abusante/maltrattante,
verosimilmente conseguirà un attaccamento
“disorganizzato/disorientato”.
Sono noti gli effetti devastanti della carenza di cure
primarie nell’innescare e mantenere i “cicli dello
svantaggio” (bambini cresciuti in famiglie infelici o
disgregate hanno maggiori probabilità di ripetere
esperienze relazionali infelici come gravidanze precoci,
matrimoni insoddisfacenti, divorzi) o i “cicli
dell’abuso”.
Diversi studi mostrano come l’abuso infantile sia
trasmissibile attraverso le generazioni, nel senso che
circa un terzo dei bambini vittima di abuso diviene un
genitore non adeguato e spesso violento (Oliver, 1993).
Inoltre è stato evidenziato uno specifico legame tra una
storia di maltrattamenti infantili e lo sviluppo di un
disturbo di personalità in età adolescenziale o adulta.
Dal momento che i figli tendono a identificarsi
inconsapevolmente con i genitori per vari aspetti, e
pertanto, una volta diventati genitori, ad assumere
verso i propri figli gli stessi modelli comportamentali
che essi stessi hanno appreso durante la propria
infanzia, seguendo le intuizioni di Bolby, modelli di
interazione sia adattivi che disadattivi si trasmettono
più o meno fedelmente, ed in modo più o meno implicito,
da una generazione all’altra.
«L’eredità della salute mentale e della malattia mentale
tramite la microcultura familiare è certamente non meno
importante di quanto sia l’eredità tramite i geni, e
anzi può essere ancora più importante.
Tanto chi studia le cause di povertà cronica quanto chi
studia le cause della malattia mentale si trova di
fronte a certi modelli negativi e autoperpetuantisi di
microcultura familiare che - è lecito credere - sono
agenti causali comuni di entrambe quelle condizioni» (Bolby,1973).
Come interrompere il circuito negativo ?
Nel suo lavoro sul monitoraggio cognitivo e sul rapporto
fra modelli di attaccamento singoli e multipli, Mary
Main (1991) ha proposto un modello della trasmissione
dell’attaccamento sicuro che va oltre la semplice
considerazione della sensibilità del genitore, mettendo
in evidenza l’importanza della riflessività materna
(ovvero la capacità di comprendere se stessi e gli altri
in termini di stati mentali: pensieri, sentimenti,
desideri, credenze, al fine di attribuire significato
all’esperienza e poter anticipare le reciproche azioni).
Significative e fonte di
ulteriori sviluppi sulla teoria dell’attaccamento, le
pionieristiche ricerche del gruppo guidato da Peter
Fonagy su un campione di madri che avevano sperimentato
deprivazione e stress familiare e figli a rischio di
esito negativo, inclusa l’eventualità di un attaccamento
infantile insicuro.
I risultati implicano che le ripetizioni generazionali
di precoci esperienze negative possono essere eliminate,
e il ciclo svantaggioso interrotto, se il genitore
acquisisce la capacità di rappresentare e riflettere in
modo soddisfacente sull’esperienza mentale (Fonagy et
al., 1994).
«Se una società vuole davvero aiutare i bambini in
difficoltà - scriveva John Bowlby - deve trovare un modo
per aiutare i loro genitori e l’importanza della teoria
dell’attaccamento sta nel fatto che ha dato consistenza
scientifica allo studio del legame che i bambini e i
loro genitori (o le persone più importanti che si
prendono cura di loro) stabiliscono fin dagli stadi
precoci dello sviluppo» (Bowlby, 1958; 1969)
By Rosalba Miceli - Tratto da: lastampa.it
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Esistono
a tutt'oggi più di 100.000 tra pubblicazioni e saggi (oltre ad articoli
scientifici) che parlano dell'eziologia
Psicosomatica del
Cancro.
Ma quasi mai questa soglia di accesso ideologico a questo fenomeno è
stata presa in seria considerazione.
Non è ben chiaro perché la scienza abbia sorvolato su queste ricerche
empiriche, quasi non considerandole come base di comprensione delle
patologie degenerative, specialmente per il
cancro, se non si ipotizzano
interessi a che l’idea possa destabilizzare il sistema oncologico
mondiale, in quanto si potrebbe ipotizzare che modificando l’aspetto
psicologico (l’etica comportamentale)
il canceroso possa auto guarirsi senza farmaci….
vedi:
SPIRITO e
malattie
+
Psicologia
(Essere od
avere)
+
Psicosomatica
+
PsicoNeuroEndocrinoImmunologia +
BioEtica +
Stress
quotidiani +
Stress e
funzioni vitali +
Cancro e Psiche +
Ansia e Cancro +
Stress
+
Attacchi di panico 1 + Attacchi di panico 2 +
Danni dei vaccini +
Depressione +
Terreno
Oncologico +
Elettroshock
+
Suicidio
Quindi
nessuna indagine è mai stata effettuata sui cancerosi per dimostrare la
validità o meno di questo fenomeno, ormai considerato da sempre più
numerosi pazienti malati di cancro, come causa scatenante il “brutto
male”.
Purtroppo l'aspetto psichico, sociologico e psico-sociologico di una
patologia mortale come il cancro, trova ancora scarso o nessun consenso
nell'ambiente medico ufficiale, per gli ovvi motivi sopra elencati.
Eppure
la Psico-neuro-endocrino-immunologia costituisce una chiara via
interdisciplinare di mediazione, capace di considerare e confermare le
connessioni fra psiche e cancro.
Una
prova di questa inesorabile Legge Spirituale, la troviamo anche nella
morte per cancro del giornalista italiano Enzo Tortora (presentatore
televisivo) che fu ingiustamente accusato da un carcerato, di essere uno
spacciatore di droga; arrestato davanti alle telecamere, accusato ed
imprigionato ingiustamente, soffrì terribilmente.
Tortora
che era vegetariano e tendenzialmente naturista, soffrì così
fortemente questo trauma spirituale (conflitto irrisolto sui perché),
da scatenare anche lui un cancro su se stesso, del quale morì dopo
qualche anno. Tutte le famiglie che hanno un canceroso in casa, sanno
che il malato ha “subito” un grave conflitto spirituale irrisolto ed
interiorizzato (morte di un caro, perdita del lavoro, perdita di un
amore ecc.) , da 6 mesi a 8 anni prima della diagnosi del cancro.
Un
conoscente psicoterapeuta e psicologo ci ha scritto questa lettera:
"Nei
mesi che hanno preceduto la diagnosi del mio tumore era proprio così
che mi sentivo; in uno stress generato da un conflitto spirituale
irrisolvibile e vissuto in solitudine, cioè interiormente e con grande
sofferenza.
Qualche
giorno prima di fare l'ecografia rivelatrice ho fatto sogni orribili di
aggressione a cui non riuscivo a sfuggire. Il mio stato d'animo era
caratterizzato dall'angoscia di chi sta per soccombere.
Il
mio tipo di cancro non dà alcun sintomo. E io non sono molto incline ad
abbandonarmi a considerazioni poco concrete, dal momento che sono uno
psicoterapeuta professionista.
Ma
che il cancro possa essere una malattia "dell'anima" comincio
a pensarlo dal giorno in cui ho conosciuto la mia diagnosi
terribile".
L’autore
di questo Studio ( tratto dalla “Guida alla Salute Naturale” ), ha
intervistato circa 400 donne che hanno avuto tumori all’utero ed ai
seni; ebbene TUTTE, nei precedenti anni (da 1 a 8), avevano subito un
forte trauma spirituale (conflitto irrisolto e non accettato), vissuto
in solitudine; il conflitto irrisolto era sempre legato agli
affetti/procreazione/sesso, esse avevano perso un parente, marito,
figlio, aborto, amante, amico ai quali erano profondamente molto legate
- senza aver compreso il perché della dipartita; nelle donne infatti,
mammella ed utero, sono organi che appartengono proprio alla sfera
affettiva/procreativa/sessuale, femminile – quindi essi sono
naturalmente gli organi bersaglio di quel tipo di
Conflitto spirituale
irrisolto.
vedi:
INFORMAZIONE,
CAMPO UNIVERSALE e SOSTANZA - Campi MORFOGENETICI
IMPORTANTE
Una delle regole della
Medicina Naturale e' questa: "una
scopata al
giorno toglie il medico di torno...", cio'
significa che un buon e sano
sesso,
fatto con gioia nella coppia (meglio se maschio +
femmina) e NON di nascosto, scaricando le tensioni
emotive-mentali, evita lo
stress intenso e quindi la salute ne trae beneficio,
il contrario porta comunque facilmente verso la
malattia, prima mentale e poi fisica !
Studio
finlandese rivela come le Emozioni si manifestano nel
corpo modificandolo
Cancro
e
Pineale
- vedi:
BioElettronica
Dopo 25 anni di ricerche il dott.
Paolo Lissoni, oncologo della divisione di Radioterapia
del San Gerardo è riuscito nel suo intento.
Infatti, il National cancer institute di Washington,
l'istituto oncologico che divulga notizie
scientificamente attendibili, ha corroborato la
fondatezza dei suoi studi sulla ghiandola pineale.
Lissoni parte dalla teoria di Cartesio che a
metà del '600 teorizzava il ruolo della ghiandola
pineale (alla base del cranio) come collegamento tra il
corpo e l'anima.
Infatti, Lissoni si
rifà agli antichi filosofi che parlavano di unità della
persona tra corpo e anima, dai Magi a Platone, secondo
cui la malattia era il distacco dall'universale.
Dall'ipotesi filosofica, poi è passato a quella
scientifica: la ghiandola produce quattro ormoni (fra
cui la melatonina), in alcuni casi utili come
antitumorali.
Secondo Lissoni non
basta curare solo la parte fisica del tumore, ma bisogna
occuparsi anche della psiche del paziente, perché la
cura della malattia non è semplicemente organica, ma
deriva anche da un malessere esistenziale. I quattro
ormoni vengono prodotti nelle quattro diverse fasi della
giornata, seguendo il ritmo del sole. Le teorie del
medico monzese sono state a lungo derise, ma il National
Cancer Institute di Washington le ha
riconosciute come valide. Lissoni è stato chiamato dal National
cancer institute di Washington, il tempio della
scienza medica mondiale a cui venerdì riferirà dell'uso
dei 4 ormoni prodotti dalla ghiandola pineale.
Nel frattempo, il tempio della ricerca internazionale
sta compiendo gli stessi studi sugli animali, mentre a
Monza Paolo Lissoni ha già una casistica di 2500
pazienti in 25 anni (circa il 15% dei pazienti del
reparto).
Di conseguenza, il San Gerardo si ritrova ad essere
l'unico centro al mondo con una tradizione di studio
sulla ghiandola
pineale.
«Non ho mai voluto spaccare il mondo degli oncologi come
fece il professor Di Bella - dichiara il dottor Lissoni -
ma auspico l'unione fra gli specialisti del settore,
l'unità delle terapie per rendere, per esempio le
chemioterapie sempre meglio accettate ed efficaci».
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Does Your Attitude Affect Your Health ? - By Chris Woolston (English)
CONSUMER HEALTH
INTERACTIVE
Below:
• Does my outlook on my health really
matter
?
• Why is attitude so important
?
Does my outlook on my health really matter ?
Curious about your health and your future ? You can put
yourself through a battery of medical tests, fill out stacks of
questionnaires, and see every specialist in town. But for a simple and
surprisingly reliable prediction, just ask yourself a simple question:
How healthy do you feel ?
When it comes to health, your opinion definitely
matters. That's what Duke University found when they asked almost 3,000
heart patients to classify their health as poor, fair, good, or very
good. As reported in the December 1999 issue of Medical Care,
those who chose "very good" were about 70 percent less likely
to die within three years than those who answered "good." And
they had three times the survival rate of those who claimed "poor"
health.
At first, such results may not seem surprising. After
all, people who chose "poor" probably had good reason. But
here's the astounding thing: In this study and many others, researchers
did their best to adjust for age, smoking, activity levels,
socioeconomic class, weight, blood pressure, cholesterol, current
diseases, and practically everything else that could affect a person's
survival.
Even with all of these factors removed from the
equation, a person's opinion of his or her health still stands out as a
key to longevity.
Take a roomful of 60-year-olds with the same lifestyles and identical
results from their last physicals, and that single question can tell you
which ones are most likely to see 70.
Here's another dramatic example of the power of
perceptions. In a study of more than 5,000 people over the age of 65,
researchers at Johns Hopkins University found that a poor image of one's
health -- regardless of other risk factors -- roughly doubled the risk
of death within five years.
In fact, a pessimistic outlook proved to be deadlier than congestive
heart failure or smoking 50 or more packs of cigarettes every year.
Why is attitude so important
These studies seem to suggest that attitude alone can
tip the balance between life and death. But according to Ellen Idler,
Ph.D., a professor at Rutgers University who has thoroughly studied the
issue, it may be possible to explain the findings without invoking a
mystical connection between thought and mortality.
Perhaps, she says, a fatalistic attitude can encourage
a person to slip into an unhealthy lifestyle. It's also possible that
people are deeply attuned to their bodies in ways that are beyond the
intellect, and can sense impending trouble more accurately than any
medical exam.
Still,
there's something to be said for a sunny
outlook. Depression and anxiety can fuel many illnesses, including heart
disease, hypertension, asthma, and possibly even cancer and diabetes. A
positive attitude about health can ward off mental distress and may help
provide important protection against these diseases, says Gunnar
Engstrom, M.D., a professor at Lund University in Sweden who has
extensively studied self-ratings of health.
One thing is certain: You don't even have to be
particularly healthy to see the bright side. Idler once interviewed a
partially paralyzed stroke victim in a wheelchair who claimed to be in
excellent health. "His only complaint was that he had recently
strained his shoulder in a karate class," she says. "He never
even mentioned the wheelchair."
Not everyone can match this man's indestructible
optimism. But we can all take some control over the attitudes that may
help steer our fate. As Idler puts it, "People should occasionally
turn their attention away from risks to their health and focus on the
resources they have to stay healthy."
Chris
Woolston, M.S., is a health and medical writer
with a master's degree in biology. He is a contributing editor at
Consumer Health Interactive, and was the staff writer at Hippocrates, a
magazine for physicians. He has also covered science issues for Time
Inc. Health, WebMD, and the Chronicle of Higher Education. His reporting
on occupational health earned him an award from the northern California
Society of Professional Journalists.
References : Ariyo AA, et al.
Depressive symptoms and risks of coronary heart disease
and mortality in elderly Americans. Cardiovascular Health Study
Collaborative Research Group. Circulation. 2000 Oct 10;102(15):1773-9.
http://www.ahealthyme.com/nl/191/topic/attitude
Bibliografia:
1)
Andersen B. "Sessual morbility anang cancer survivors" 1984
2)
Grossarth-Maticek ed Al. Soc.
Sei Med
1982 "belief abaut conses of cancer patients"
3) Polivy J. "Psycological effects of mastectomy
on a woman's feminine self concept" Nerv. Ment. Dis. 1977
4) Schin W. S. " sexual functioning, self ester
and cancer care " Front. Radiant ther oncology 1979
5)
Sthefen Lermer (Cancer and Osiche Ediz, SIAD 1984)
6) Frederic Vester ibidem pag. 56 SIAD 1984
7) Bammer ibidem pag. 56/57
8) Lerner "Cancer and Psiche"
9) Baider L. "Select Social-Psychological
characteristics of a sampe of Israeli cancer patients fact and
implications " Israeli of medical sciences 1982
10) Grossarth- Maticek "Psicological factors as
Strong predictors of morbility from cancer Ischaemic learth disease and
stroke: the ygoslave prospettive study" jurnal of psychosomatic
research Vol. 29
11) Leventhl H. Meyer D. Nerez D. "The comma sense
representation of illeans danger" ed contributions to medical
Psycology Vol. 2 Oxford: Pergaman Press 1980.