Un
Buco nero
è un corpo celeste estremamente
denso, al punto di essere dotato di un'attrazione
gravitazionale talmente elevata da non permettere la fuga di
nulla, neanche della
radiazione elettromagnetica e quindi neanche della luce,
dalla sua "superficie", denominata
orizzonte degli eventi. - Tratto da Wikipedia
Vedremo che, mentre il concetto
generale è unico, esistono vari tipi di buchi neri, alcuni di
grandi dimensioni, altri di media grandezza, alcuni piccoli o
addirittura ultra-microscopici (interni agli atomi).
Vedremo anche che alcuni buchi neri…sono neri, altri… non totalmente neri, altri addirittura
emettono una radiazione.
Alcuni buchi neri una volta formati si accrescono in eterno,
altri emettono radiazioni e possono esplodere, altri infine - i
micro buchi neri - esistono da sempre e sono il tessuto
costitutivo dell’Universo in cui viviamo.
E sono dei maxi computer "Quanto-intelligenti collegatri al
Vuotoquantomeccanico".
In realta' noi "vediamo" dei "quasi buchi neri"; infatti anche
secondo dei ricercatori italianIi, Sebastiano Sonego dell'Universita'
di Udine e Stefano Liberati della Sissa di Trieste, confermano
che i "buchi neri" che possiamo osservare nel solo bordo del
buco ove il "Buco nero" inghiotte ogni cosa che si avvicina,
debbono essere chiamati "quasi buchi neri", cioe' degli oggetti
il cui orizzonte degli eventi si forma in un tempo infinito e
che quindi
permette di
conservare
l'informazione.
vedi:
INFORMAZIONE, CAMPO
UNIVERSALE e SOSTANZA - Campi MORFOGENETICI
+
Cosmologia, Cosmogonia
+
Buchi neri
2 - WormHoles
(Gallerie direttissime Intergalattiche) + Luce e Materia
+
OLO-MERO
(la scoperta
dell'Infinito Assoluto
+
Teoria dei Gradienti e delle Onde Portanti
Buchi
neri dell'Universo simili a quelli atomici - vedi PDF
studio-ricerca di fisici
Teoria
R3 - Una semplice Teoria dell'UniVerso - PDF -
dell'Ing. Alberto Angelo Conti
Immagini (Buco nero) che meglio rappresentano la realta' di questi concetti:
Davvero non esistono più i buchi
neri ? – 03/02/2014
L' articolo "revisionista" di
Stephen Hawking fa molto discutere. Ma cosa dice in
concreto, e cosa ne pensa il resto della comunità scientifica?
Il buco nero, svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò
trasformato, nel suo letto, in un enorme buco grigio.
Potremmo riassumere così, parafrasando orribilmente l'incipit de
La metamorfosi, il contenuto dell'articolo che ha alimentato in
questi giorni il dibattito sull'effettiva esistenza (e sulla
natura) dei buchi neri.
Due paginette a firma di Stephen Hawking, pubblicate su
arXiv.org e commentate su Nature, che non contengono alcun
accenno di formula matematica. Qualche ipotesi, un'idea di fondo
forse ancora troppo vaga. Eppure la frase "there are no black
holes" ha attirato l'attenzione di tutti, a maggior ragione
perché proveniente da uno che, di buchi neri, ne sa
probabilmente più di chiunque altro al mondo.
Tuttavia, al netto di qualche passaggio forse troppo coraggioso,
l'articolo di Hawking non è poi così rivoluzionario come
potrebbe sembrare da una lettura frettolosa dei titoli dei
giornali.
Quello che il fisico britannico propone non è infatti di mettere
in discussione l'esistenza stessa dei buchi neri, ma piuttosto
di iniziare a pensare che possano comportarsi in maniera diversa
da quello che credevamo. O, meglio ancora, di continuare a
cercare di capire in che modo si comportino.
Di preciso, infatti, non l'abbiamo mai saputo, né ci siamo mai
illusi davvero di saperlo. Questo perché, come avviene
praticamente ogni volta che si uniscono relatività generale e
meccanica quantistica, nei calcoli teorici c'è qualcosa che non
torna. Quella che Hawking propone è sostanzialmente una
(sofisticata) pezza da cucire sopra un complicato problema
teorico che sta occupando da anni i pensieri e i lavori di
diversi scienziati. Quelli che Hawking propone sono,
banalizzando, buchi neri con caratteristiche nuove,
ri-battezzati scherzosamente da qualcuno, per l'appunto, buchi
grigi.
Buchi neri e orizzonti di fuoco
Il buco nero è una regione dello spazio-tempo che, secondo la
relatività generale, si crea quando la materia è compressa (per
esempio nel collasso gravitazionale di una stella) al di sopra
di una certa densità, e dà vita così a una zona di attrazione
gravitazionale talmente forte da impedire a qualsiasi cosa,
anche la luce, di sfuggire alla propria presa. Superato un certo
confine nei dintorni del buco nero, detto orizzonte degli
eventi, nulla può più fare ritorno.
Fin qui siamo nel campo della pura
relatività generale. A complicare le cose ci pensa a questo
punto la meccanica quantistica. La teoria della gravità e la
teoria dei quanti non sono state ancora unificate in un'unica
teoria coerente. O si guarda alla gravità o si guarda alle
particelle quantistiche in assenza di gravità. Fare entrambe le
cose è possibile solo in ristretti casi e in alcune
approssimazioni. Ed è questo, fondamentalmente, che crea i
problemi maggiori per una definizione completa e accurata di
buco nero.
A metà degli anni Settanta, infatti,
lo stesso Stephen Hawking dimostrò come, una volta superato
l'orizzonte degli eventi, materia ed energia possano di nuovo
uscire da un buco nero sotto forma di quella che è oggi
conosciuta come radiazione di Hawking.
I buchi neri hanno quindi una loro entropia, una loro
temperatura e, nel processo di emissione di questa radiazione,
si consumano fino a, eventualmente, evaporare. Gli effetti
quantistici consentirebbero quindi ai buchi neri di emettere una
radiazione di corpo nero.
Hawking sostenne all'epoca che la radiazione così ottenuta
sarebbe stata poco più che un rumore di fondo, e non avrebbe
restituito quindi alcuna informazione degli avvenimenti
all'interno del buco nero.
Questo crea però un enorme problema, conosciuto come paradosso
dell'informazione: se il buco nero inghiottisse davvero la
materia per ri-emetterla sotto forma di radiazione completamente
casuale, lo farebbe infatti in piena violazione della teoria
quantistica, secondo la quale l'informazione non può essere
distrutta.
Un po' come il rapporto tra Gregor Samsa e il padre nel racconto
di Kafka, il rapporto tra Hawking e i buchi neri è però
decisamente conflittuale.
Nel 2004, Hawking tornò sui propri passi, ammettendo di essersi
sbagliato: l'informazione era in qualche modo conservata. Il
mistero non era risolto tuttavia, dal momento che rimaneva
l'incertezza sui meccanismi grazie ai quali l'informazione
potesse sfuggire al buco nero.
Un paio di anni fa, un team di fisici con a capo
Joseph Polchinski ipotizzò che, al posto di un placido (per
quanto macabro e ineluttabile) orizzonte degli eventi, il
confine del buco nero fosse costituito da un muro invalicabile,
detto firewall, una regione a energia talmente elevata da essere
insuperabile.
Nel solito esperimento mentale in cui un astronauta si trova
dalle parti del buco nero, il malcapitato verrebbe in questo
caso immediatamente disintegrato dal firewall. In questa nuova
elaborazione teorica, per i particolari e complessi ingranaggi
con cui sono costruite queste teorie, l'emissione dei buchi neri
è finalmente conciliabile con la conservazione
dell'informazione.
La teoria quantistica è quindi salva, ma la coperta rimane
ugualmente troppo corta: la teoria dei firewall contraddice
infatti il principio di equivalenza di Einstein, alla base della
relatività generale.
È a questo punto che torna in scena Hawking, che, con il suo
articolo su Nature, propone che non esistano né firewall né
orizzonti degli eventi, ma piuttosto orizzonti apparenti
dominati da processi caotici, regioni turbolente ma non nette,
dai quali l'informazione riuscirebbe in qualche modo a
riemergere. E, fondamentalmente, questo è quanto. Hawking non si
avventura oltre, e le dinamiche di questi processi non sono
chiare, né specificate nell'articolo.
Dubbi
"Sembra quasi che Hawking abbia sostituito il firewall con un
caos-wall", ha detto Joseph Polchinski, che del firewall è uno
degli "inventori". L'articolo di Hawking ha fatto discutere
moltissimo. In che modo hanno reagito gli altri nomi noti della
fisica ? National Geographic ha raccolto qualche parere.
Secondo
Seth Lloyd, del
Massachusetts Institute of Technology, l'idea di Hawking è
un buon modo per evitare i firewall, ma è anche una soluzione
che non affronta di petto i problemi che i firewall stessi
sollevano. "Vorrei mettere in guardia contro ogni credenza che
Hawking abbia messo a punto una nuova chiara soluzione per
rispondere a tutte le domande riguardanti i buchi neri", ha
dichiarato
Sean Carroll, fisico teorico presso il
California Institute of Technology. "Questi problemi sono
ben lungi dall'essere risolti". Carroll si aspetta però a breve
novità dallo stesso Hawking: "È probabile che abbia in mente un
argomento migliore che non ha ancora buttato giù sulla carta".
Il fisico teorico
Leonard Susskind sembra pronto a scrivere un nuovo capitolo
del suo libro di successo "La guerra dei buchi neri", in cui
sfidava apertamente Hawking riguardo alle questioni della
perdita di informazione quantistica nella radiazione di buco
nero.
Susskind ribadisce infatti di stare da tempo lavorando a
un'altra soluzione per gli enigmi e le controversie alla base
dei firewall, una soluzione che preveda l'utilizzo dei wormholes,
scorciatoie che potrebbero in teoria collegare punti distanti
nello spazio e nel tempo.
Ma in concreto, cosa cambierà dopo
l'articolo di Hawking ?
Sul piano pratico davvero poco, nonostante l'enfasi con cui la
notizia è stata accolta. Gli astronomi non saranno in grado di
rilevare alcuna differenza nel comportamento dei buchi neri
rispetto a ciò che hanno già osservato fino a oggi.
Come sottolinea il fisico teorico
Don Page dell'Università
di Alberta, in Canada, non ci sarà modo di trovare riscontri
concreti a sostegno dell'idea di Hawking in un futuro immediato.
Tuttavia, la nuova proposta di Hawking potrebbe, secondo Page,
"portare a una teoria più completa della gravità quantistica,
che permetta previsioni verificabili".
Tratto da: antikitera.net
Stephen Hawking aveva ragione: i
buchi neri possono emettere una qualche irradiazione -
Gennaio 2018
Una nuova prova sperimentale della
radiazione di Hawking, ottenuta con simulazione ed
animazione computerizzata, e' stata formulata nel 1974 dal
noto fisico, oggi scomparso.
Un gruppo di scienziati e ricercatori, dell’Istituto
Weizmann in Israele, ha ricreato in laboratorio un fenomeno
che può essere considerato analogo all’emissione di radiazione
da un buco nero.
La ricerca è stata pubblicata su
Physical Review Letters.
Nel 1974, Stephen Hawking ha introdotto l’ipotesi che i buchi
neri possano emettere una qualche radiazione, che prende appunto
il nome di radiazione di Hawking.
E' noto e cio' si insegna nelle cattedre di fisica delle
universita', che il buco nero è una regione dello
spazio-tempo
dalle caratteristiche estreme, che non possono essere spiegate
con la fisica classica.
La sua gravità è talmente elevata che comprime la materia fino a
una densità praticamente infinita e nulla, neanche la luce, può
sfuggirgli e allontanarsi: secondo le teorie classiche, in
particolare la
teoria della relatività formulata da Einstein, nessun tipo
di radiazione può uscire da un buco nero.
Come sempre cio' che la fisica classica, come in tutte le altre
discipline del sapere, insegnate nelle universita' e' sempre
smentita nel suo progredire verso la conoscenza, per mezzo di
intuizioni di soggetti che vi si applicano per poi divulgare le
idee concepite, anche se con grande difficolta', volutamente
apposte dall'establishement che ha in mano l'insegnamento
universitario, per non destabilizzare il sistema imperante, che
non ama le novita'....sulle idee che propina...ai suoi
studenti/sudditi.
Hawking ha dimostrato, a livello
teorico, che questa radiazione termica può fuoriuscire a causa
di particolari effetti quantistici e cio' implica inoltre che
ciascun buco nero stia evaporando, anche se molto lentamente.
Questa radiazione sarebbe troppo debole per essere osservata,
dato che è coperta da quella
cosmica a microonde.
Siccome non si possono riprodurre in
laboratorio un buco nero e le sue emissioni, per cui, gli
scienziati studiano da decenni metodi alternativi per trovare
fenomeni che possano essere simili a quello che avviene in un
buco nero. Per fare questo, si possono utilizzare, al posto
della radiazione luminosa, quella sonora, cioe' le onde
acustiche provenienti da un materiale, detto condensato di
Bose-Einstein, che rappresenterebbe il buco nero: prova
che è già stata fornita in tempi recenti.
Un’altra, e' quella esplorata recentemente, e riguarda lo studio
di onde luminose emesse da una
fibra ottica.
I ricercatori, con a capo il prof. Ulf Leonhardt dell’Istituto
Weizmann, hanno messo a punto un metodo basato sull’uso di fibre
ottiche. Per comprendere come funziona il loro sistema, il
prof.Leonhardt fornisce un
paragone della vita reale.
In sintesi, si può pensare a un fiume che scorre sempre più
velocemente fino a quando non confluisce in una cascata, che è
appunto il buco nero. L’acqua del fiume, prima di toccare la
cascata, raggiunge una velocità molto elevata, superiore a
quella che consente a un pesce di nuotare e non essere
risucchiato dalla cascata. Cio' che indica la superficie, il
luogo, oltre il quale nulla può sfuggire all'attrazione estrema
del buco nero, viene chiamato "orizzonte degli eventi".
Per capire cio' che succede in un buco nero bisogna trovare e
provare con un sistema analogico, questo per ricreare in
laboratorio il cosiddetto "orizzonte degli eventi", al di là del
quale tutto viene risucchiato e scompare da questa dimensione.
Gli scienziati di quella universita', hanno utilizzato una fibra
ottica con micro-percorsi all’interno, che rappresenta il fiume.
Nel piccolo tunnel/canale della fibra vengono sparati due
impulsi ultra-veloci di luce laser a colori diversi che si
inseguono fra loro, in modo che il primo colore interferisca
col secondo; questa interferenza, molto intensa, crea una sorta
di similitudine con l' "orizzonte degli eventi", che cambia le
proprietà fisiche della fibra, in particolare generando una
distorsione, cioe' cambiamento del suo indice di rifrazione; a
questo punto, i ricercatori emettono ed utilizzano un terzo
impulso luminoso.
Dalle osservazioni effettuate dall'equipe universitaria, emerge
che questa luce aggiuntiva genera una radiazione a frequenza
negativa, ovvero una radiazione idealmente in uscita invece che
in ingresso dal buco nero, emessa dal sistema che riproduce il
buco nero.
Gli autori spiegano, che questa variazione del suo indice di
rifrazione, fornirebbe una prima prova della radiazione di
Hawking, anche se l’obiettivo finale desiderato da tutti gli
astrofisici, sarebbe quello di ottenerla spontaneamente dal
sistema che riproduce il buco nero, invece che stimolarla con un
impulso luminoso.
Buchi
neri dell'Universo simili a quelli atomici - vedi PDF
studio-ricerca di fisici
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Scienziati creano 'wormhole' in laboratorio
Scienziati come Albert Einstein e il suo collega Nathan Rosen,
si resero conto che tecnicamente i wormholes erano possibili ,
scorciatoie spaziali attraverso le quali spostarsi in luoghi
lontani dell'universo, senza violare i limiti che la relatività
impone, sognati nei film e nei libri di fantascienza, possono
essere realtà. Bucare il tessuto dello spazio-tempo non è certo
ancora possibile ma il primo passo è stato fatto. Scienziati
spagnoli e americani hanno creato una versione magnetica dei
wormholes.
Manipolando i campi magnetici che usano superconduttori e altri
materiali, è stato possibile piegare e deformare le linee del
campo magnetico, che hanno creato una sorta di "tunnel spaziale
magnetico" .
Durante l'esperimento, il campo magnetico ha viaggiato
dall'origine alla destinazione mediante una dimensione residente
fuori le convenzionali tre dimensioni.
"Questo dispositivo può trasmettere il campo magnetico da un
punto dello spazio ad un altro punto, attraverso un percorso che
è magneticamente invisibile", ha spiegato il coautore dello
studio Jordi Prat-Camps. "Da un punto di vista magnetico, il
dispositivo si comporta come un tunnel spaziale, come se il
campo magnetico è stato trasferito attraverso una dimensione
speciale."
Secondo Prat-Camps: "Da un punto di vista magnetico, il campo
magnetico dal magnete (scusate il gioco di parole n.d.r.)
scompare a un'estremità del wormhole e appare di nuovo all'altra
estremità del tunnel spaziale".
Tratto da:
http://mindalert2013.blogspot.it/2015/09/scienziati-creano-wormhole-in.html
Creato un buco nero in laboratorio
È stato realizzato da ricercatori della Southeast University di
Nanchino, in Cina
Sembrava solo un esercizio teorico quando all’inizio dell’anno
due ricercatori proponevano la creazione di un buco nero in
laboratorio. Ora Tie Jun Cui e Qiang Cheng della Southeast
University di Nanchino (Cina) lo hanno realizzato tra la
meraviglia degli stessi teorici. La realizzazione è interessante
per le prospettive pratiche che già si immaginano. Quando
Evgenii Narimanov e Alexander Kildshev della Purdue University
nell’Indiana (Usa) lo ipotizzavano partivano dall’idea di
riprodurre le stesse proprietà di un buco nero cosmico nel quale
un’intensissima forza di gravità piega lo spazio-tempo
circostante impedendo che anche la luce sfugga. E calcolavano
anche come costruire uno strumento che materializzasse il loro
sogno: in pratica una struttura di elementi cilindrici
concentrici con un cuore centrale. Essi avrebbero avuto la
capacità di concentrare l’energia luminosa nel cuore,
intrappolandola proprio come fanno i mostri del cielo.
Il buco nero è
made in China
Ricercatori asiatici mimano le
caratteristiche fisiche dell'omonimo fenomeno cosmico per
realizzare un buco nero formato mignon. Che non distorce la
gravità e lo spazio-tempo: ma assorbe tutta la luce che gli
capita a tiro
Roma - Per chi fosse stanco di
attendere le meraviglie scientifiche rese possibili dai possenti
benché claudicanti super-magneti del Large Hadron Collider del
CERN, dall'Asia arriva la sorprendente ma poco ferale notizia
che Qiang Chen e Tie Jun Cui, ricercatori dell'Università di
Nanjing, sono riusciti là dove gli acceleratori di particelle
hanno sinora fallito: vale a dire nella realizzazione di quello
che può essere (più o meno) considerato come il primo buco nero
artificiale realizzato dall'uomo.
Non si tratta, com'è facile intuire
visto che la razza umana e la Terra sono ancora in circolazione,
di un'enorme "palla" super-densa e puntiforme di materia,
energia e spazio-tempo capace di stritolare in una
singolarità astrofisica il tutto nel niente, quanto
piuttosto di un più "banale" setup di
60 strati concentrici capaci di "risuonare" in accordo con
le onde elettromagnetiche corrispondenti alla luce visibile sino
a farla sparire (più o meno) per sempre.
La banalità della descrizione
nasconde ovviamente i dettagli di una tecnologia avanzata, che
per l'occasione corrisponde ai ben noti
metamateriali, vale a dire composti in grado di deviare e
incanalare la luce già alla base dello
specchio super-riflettente e del
mantello invisibile della Duke University.
I layer esterni del buco nero cinese
hanno appunto la capacità di piegare le radiazioni
elettromagnetiche della luce visibile direzionandole verso il
centro dell'apparato. Così incanalata la luce si avvicina sempre
di più alla "singolarità" dello pseudo-buco nero e, in perfetta
sincronia con quanto succede nei black hole reali, una
volta varcata la soglia dell'orizzonte
degli eventi (in questo caso i 20 strati più interni)
letteralmente sparisce e si trasforma in qualcosa di
completamente diverso.
Gli strati interni del buco nero
risuonano infatti in maniera differente rispetto a quelli
esterni,
convertendo la luce in calore piuttosto che limitandosi a
deviarne il corso. Niente singolarità, annullamento delle leggi
fisiche e canali di collegamento tra universi differenti
insomma, anche se i ricercatori assicurano: quello che entra non
può più uscire, e "la luce viene totalmente assorbita all'interno
del nucleo". Resta qualche dubbio su che fine faccia.
By Alfonso Maruccia – Tratto da Punto-Informatico.it
Buchi
neri dell'Universo simili a quelli atomici - vedi PDF
studio-ricerca di fisici
MICROONDE INVECE di LUCE - Dalla
teoria alla pratica si è arrivati in fretta all’università di
Nanchino partendo dalla teoria elaborata all’università
americana.
E i due scienziati hanno dimostrato che funziona utilizzando
invece della luce visibile delle microonde. Queste vengono
catturate e deviate verso il centro senza più uscirne. E dal
cuore dove cadono viene generato calore. «Siamo sorpresi che ci
siano riusciti così rapidamente» ammettono i teorici
statunitensi. «Passare alla lunghezza d’onda della luce visibile
– però aggiungono – sarà più complicato e bisognerà far ricorso
a materiali diversi». La coppia cinese non si dimostra per
niente intimorita dal commento dei concorrenti e anzi
aggiungono: «Siamo fiduciosi di riuscire nell’impresa della luce
già entro l’anno».
Quando ci riusciranno la nuova «tecnologia del buco nero» sarà
preziosa per fabbricare celle solari molto più redditizie di
quelle finora concepite. «E non serviranno più – nota Narimanov
– grandi paraboloidi per concentrare e utilizzare la radiazione
solare», come per esempio oggi accade per il solare
termodinamico. È solo questione di tempo: dai principi cosmici
arrivano così vantaggi quotidiani «energetici». E questi buchi
neri da laboratorio non hanno nulla a che fare con i buchi neri
che qualche giocherellone ha ipotizzato si possano fabbricare
nei laboratori atomici del CERN a Ginevra. È tutta un’altra
questione.
By
Giovanni Caprara – Tratto da corriere.it/scienze
Interstellar aveva ragione: i
viaggi nello spazio-tempo sono possibili - 18/03/2017
Non più solo fantascienza: i cunicoli che permettono di
viaggiare nello spazio e nel tempo, i cosiddetti wormhole,
adesso possono essere costruiti in laboratorio: sebbene su una
scala piccolissima, dimostrano per la prima volta che
attraversare il tempo è possibile e, in attesa di futuri viaggi
intergalattici, promettono di rendere più potenti gli attuali
dispositivi basati sulle nanotecnologie. Il prototipo, descritto
online sul sito ArXiv e in via di pubblicazione
sull'International Journal of Modern Physics D, darà luogo ad un
esperimento condotto in Italia, presso l'università di Napoli
Federico II. "Abbiamo realizzato il prototipo", ha detto il
coordinatore del gruppo internazionale autore della ricerca, il
fisico Salvatore Capozziello, dell'Università Federico II di
Napoli, dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e
presidente delle Società Italiana di Relatività Generale e
Fisica della Gravitazione (Sigrav).
I cunicoli dello spaziotempo erano stati previsti negli anni '30
da Albert Einstein e Nathan Rosen, nella teoria nota come 'ponte
di Einstein-Rosen', e descrivevano gigantesche strutture
cosmiche. "Il problema di partenza - ha osservato Capozziello -
era spiegare l'esistenza di strutture che, come i buchi neri,
assorbono tutta l'energia di un sistema senza restituirla: in
pratica ci si trovava di fronte ad una violazione del principio
di conservazione dell'energia". Una delle spiegazioni possibili,
ha detto ancora il fisico, ipotizza che lo spaziotempo sia
'bucato': "è un'ipotesi molto affascinante e futuristica, che
implica la possibilità di passare da una zona all'altra dello
spaziotempo come di collegare fra loro universi paralleli".
Il problema è verificare tutto questo con un esperimento.
"La nostra idea - ha detto il fisico - è riuscire a simulare gli
effetti gravitazionali a energie più basse e ci siamo chiesti se
in questo modo sarebbe stato possibile riprodurre un wormhole in
laboratorio". Il prototipo è minuscolo. E' stato ottenuto
collegando due foglietti del materiale più sottile del mondo, il
grafene, con legami molecolari e un nanotubo. La struttura
ottenuta è neutra e stabile, nel senso che al suo interno non
entra nulla e nulla fuoriesce, ma quando si introducono dei
difetti vengono generate correnti in entrata e in uscita.
"Spostandoci su dimensioni cosmiche, potremmo considerare un
osservatore che con la sua navetta si avvicina a un wormhole
come un elemento capace di perturbare la struttura: in questo
caso - ha osservato - sarebbe possibile passare da una parte
all'altra del cunicolo spaziotemporale, così come trasmettere
segnali da una parte all'altra".
Se da un lato un cunicolo spaziotemporale ottenuto in
laboratorio fa volare la fantasia, le possibili applicazioni
sono molto concrete:
"i foglietti di grafene permettono di controllare correnti in
entrata e in uscita" e ora l'obiettivo è ottenere un prototipo
riproducibile su scala industriale. "Produrre una struttura
simile significa poter trasmettere segnali in modo estremamente
preciso a livello di atomi", ha osservato l'esperto. "Il
progetto è in via di definizione con il gruppo di Francesco
Tafuri, del dipartimento di Fisica della Federico II". Si
potrebbero ottenere, ad esempio, nanostrutture capaci di
trasmettere segnali in modo istantaneo poiché la corrente
elettrica
passerebbe nel vuoto. - vedi:
Vuotoquantomeccanico
Tratto da: huffingtonpost.it
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I buchi neri vanno in coppia
- 04/10/2012
Tutta questione di gravità: è per via di questa forza che gli
ammassi stellari si creano e hanno una certa forma e che i
buchi neri catturano tutta la materia e la luce che entra
all’interno del loro orizzonte degli eventi. Ed è per via di
questa forza che si pensava che in ogni ammasso stellare
globulare non potesse esserci più di uno solo di questi oggetti
onnivori. Eppure, osservazioni empiriche hanno dimostrato che
non è così, scombinando le convinzioni di una buona parte degli
astrofisici teorici: contro ogni previsione, il Very Large Array
(Vla), il gruppo di telescopi in New Mexico, sembra infatti aver
osservato al centro dell’ammasso
Messier 22 (M22), all’interno della Via Lattea, due piccoli
buchi neri, non uno solo. A rivelarlo uno studio su
Nature.
Come nelle migliori tradizioni scientifiche, i ricercatori
cercavano tutt’altro quando sono incappati nella scoperta.
Guardando a 10mila anni luce di distanza, speravano di trovare
al centro di questo ammasso globulare – gruppo di centinaia di
migliaia di stelle, dalla forma sferica e dal nucleo denso di
oggetti celesti – un buco nero di massa intermedia. Più grande
cioè dei normali buchi neri, dalle dimensioni pari a solo
qualche volta quella del Sole, ma molto più piccolo dei buchi
neri supermassivi che si trovano al centro delle galassie.
La teoria voleva che uno e uno solo di questi oggetti si potesse
trovare all’interno dello stesso gruppo di stelle, e che se
fosse successo altrimenti si sarebbero innescate forte
interazioni gravitazionali capaci di spingere via quello di
troppo: le simulazioni indicavano infatti come in questo caso i
due buchi neri avrebbero dovuto cominciare a collassare verso il
centro dell’ammasso globulare per poi iniziare una violenta
danza l’uno intorno all’altro, finché uno dei due sarebbe
prevalso espellendo l’altro dal sistema.
Invece, le rilevazioni delle emissioni radio e raggi X
all’interno di M22 sembrano riferirsi proprio a due diversi
buchi neri, della massa di circa 10 o 20 volte quella del Sole,
entrambi in fase di accrescimento. “Ci sarebbe dovuto essere un
solo superstite possibile”, ha commentato
Jay Strader, ricercatore della
Michigan State University e dell’Harvard-Smithsonian
Center for Astrophysics e primo autore dello studio: “Averne
trovati due scombina tutta la teoria”.
Il meccanismo di espulsione di questi oggetti celesti
dall’immenso campo gravitazionale sarebbe dunque meno efficiente
di quanto creduto in precedenza, e per questo motivo il numero
di buchi neri negli ammassi potrebbe non ridursi soltanto a uno
o due, ma in gruppi delle dimensioni di M22 potrebbe arrivare
forse anche a 100.
Di nuovo, le possibili spiegazioni che i ricercatori si sono
dati riguardano gli equilibri gravitazionali: potrebbe darsi che
siano proprio i buchi neri a ridurre la densità al centro degli
ammassi stellari, rallentando il processo di espulsione dei
corpi celesti in eccesso; oppure, potrebbe essere il cluster di
stelle M22 a non essere ancora tanto contratto da innescare il
meccanismo.
Per sciogliere il mistero e capire cosa è stato e cosa sarà di
questi due buchi neri – già da primato, per essere i primi a
essere mai stati scoperti da Vla, i primi di dimensioni stellari
a essere trovati in un ammasso globulare nella Via Lattea e i
primi scovati sia via radio sia tramite emissioni di raggi X –
bisognerà però aspettare altri dati.
By Laura Berardi - Tratto da: galileonet.it
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Nel 1976 Stephen Hawking spiegò il fenomeno con la teoria del
"paradosso dei buchi neri". - 16/07/2004
Aveva calcolato che, una volta formatosi, un "buco nero"
comincia a perdere massa trasmettendo radiazioni di energia; che
tali radiazioni non contengono alcuna informazione sulla materia
all'interno del "buco nero"; e che quando un "buco nero"
evapora, non ne resta alcuna traccia.
La sua scoperta era in contraddizione con le leggi della fisica
quantistica, secondo cui è impossibile spazzare via
completamente le tracce di ciò che esiste. Ma il fisico
rispondeva a questo apparente paradosso affermando che i campi
gravitazionali dei "buchi neri" hanno una tale intensità da
sconvolgere le leggi della fisica.
Pur non convincendo tutti i suoi colleghi, la teoria gli ha dato
grande fama internazionale. Aiutato anche dalle cinque milioni
di copie vendute dal suo libro "Breve storia del tempo", poco
per volta Hawking ha fatto entrare i "buchi neri", uno dei più
complicati misteri della scienza, nel linguaggio di tutti i
giorni.
L'idea che l'universo sia cosparso di spaventose trappole
galattiche che risucchiano la materia e la consegnano all'oblio,
ha affascinato a lungo chiunque alza gli occhi al cielo in una
notte stellata.
A Dublino, il professor Hawking ha rivelato che le cose non
stanno esattamente così: quei mulinelli cosmici non risucchiano
proprio tutto, qualche informazione sfugge al loro vortice e può
arrivare fino a noi. Sarà un altro piccolo passo nell'impresa di
comprendere i segreti dell'universo.
Ma non potremo più usare
"buco nero" come metafora di un tritacarne che tutto inghiotte e
tutto fa scomparire.
Stephen Hawking rivede la sua teoria
sui
buchi neri
Lo scorso 21 Luglio 2004, al 17° Congresso Internazionale su
"Relatività Generale e Gravitazione" tenutosi a Dublino dal 18
al 23 Luglio, l'astrofisico di fama mondiale Stephen Hawking ha
ammesso di aver "sbagliato" su alcuni concetti relativi
all'astrofisica dei buchi neri.
Qui di seguito darò una breve
spiegazione del concetto fisico che sta alla base della nuova
teoria.
La visione originale di Hawking si basa sulla teoria della
relatività generale di Einstein secondo la quale una volta che
la materia collassa, in seguito all'evoluzione stellare, si
forma un punto a densità infinita e volume zero, chiamato
singolarità.
La teoria afferma che in questo punto dello
spazio/tempo la forza gravitazionale è così intensa che niente,
persino la luce, può sfuggire, da cui il termine "buco nero".
Dato che la singolarità è infinitamente piccola, non può avere
una struttura e perciò essa non può contenere alcuna
informazione. Tutti i dati fisici relativi a eventuali
particelle che rimangono intrappolate dal buco nero vanno persi
per sempre. Questa era la visione di Hawking su cui si è basata
da circa trenta anni l'astrofisica dei buchi neri.
Il punto è che la teoria dei
Quanti, che descrive lo spazio e la
materia su scale atomiche, contraddice questa visione. La teoria
quantistica afferma che ogni processo fisico può evolvere al
rovescio perciò le condizioni iniziali possono essere derivate
dalle condizioni finali. Questo allora implica che anche un
buco nero può immagazzinare l'informazione dei processi fisici
che rimangono intrappolati in esso.
L'idea di Hawking è stata sempre quella di ammettere che ogni
volta che l'informazione di un processo fisico rimane
intrappolata su un buco nero non c'è alcun modo perché possa
sfuggire via.
Le nuova idea di Hawking è perciò un tentativo di
riconciliare la teoria quantistica con la relatività generale.
Per descrivere le sua nuova teoria idee sulla fisica dei
buchi neri, Hawking ha utilizzato una tecnica matematica
introdotta dal fisico Richard Feynman, che l'ha applicata
inizialmente alle particelle elementari.
La nuova descrizione di Hawking si basa sul fatto che sembra non esistere in assoluto un
buco nero, piuttosto esiste una regione dello spazio/tempo dove i
processi fisici richiedono un tempo più lungo per sfuggire
all'attrazione gravitazionale. Questo significa che i buchi
neri non si riducono del tutto ad una vera e propria singolarità.
In altre parole, un oggetto che cade in un buco nero non
scompare completamente piuttosto il buco nero viene "alterato"
nel momento in cui "assorbe" l'oggetto stesso. L'informazione
fisica dell'oggetto, anche se difficile da recuperare, rimane
ancora lì da qualche parte all'interno del buco nero.
Come può allora sfuggire questa informazione ?
La risposta ci
viene dalla teoria di Hawking: i buchi neri "evaporano"
lentamente nello spazio circostante emettendo particelle nella
regione dell'orlo, per così dire, del profondo "precipizio
gravitazionale".
Il buco nero, alla fine di questo processo di
evaporazione, finisce per diventare un piccolo nocciolo da cui
fuoriesce radiazione, chiamata radiazione di Hawking, che
potenzialmente porta con sé l'informazione in essa contenuta.
Tuttavia, John Preskill, un fisico teorico del Caltech a
Pasadena, che sosteneva l'idea in base alla quale l'informazione
contenuta in un oggetto non fosse completamente distrutta una
volta caduto su una stella collassata ma venisse alla fine
rimpiazzata, rimane un po' scettico sulla formulazione
matematica adottata da Hawking e sul fatto che questa
descrizione possa venire considerata una soluzione ad un
problema di gravità quantistica - la risoluzione cioè del
paradosso dell'informazione dei buchi neri.
Per circa 30 anni l'eminente scienziato Stephen Hawking ha
considerato che le condizioni estreme create dal campo
gravitazionale dei buchi neri potessero in qualche modo
rovesciare le leggi della fisica quantistica.
Oggi, egli si
ricrede e la sua nuova teoria ci dice che i buchi neri non
distruggono completamente la materia che vi rimane intrappolata.
Piuttosto, i buchi neri continuano a emettere radiazione per
lunghi periodi di tempo e alla fine si "scoprono", per così
dire, rivelando l'informazione contenuta nella materia rimasta
intrappolata in essi. Materia ed energia vengono alla fine riemessi dai
buchi neri in una altra forma alterata di materia
ed energia.
Questa "inversione a U" è costata allo stesso Hawking e all'astrofisico
Kip Thorne, del Caltech, la perdita di una scommessa fatta con
il fisico teorico John Preskill al quale entrambi presenteranno
prossimamente come oggetto della scommessa una enciclopedia di
sua scelta.
By Corrado
Ruscica - Tratto da:
scienzaonline.com
Nuove immagini mostrano per la prima volta l'attimo in cui
vengono emessi "proiettili" di gas a un quarto della velocità
della luce.
Nuove immagini ad altissima definizione mostrano per la prima
volta l'istante in cui un buco nero spara "proiettili" di gas
superveloci.
I dati provengono dall'osservazione del buco nero
H1743-322 e della sua stella compagna, che si trovano a circa
28.000 anni luce dalla Terra.
Nei sistemi binari come questo, può accadere che il buco nero
strappi alla compagna del materiale che va a formare i
cosiddetti dischi di accrescimento, che ruotano vorticosamente
attorno all'equatore del buco nero. La materia che cade nel buco
nero può causare l'emissione di getti di materiale dai poli. Di
solito si tratta di getti continui, ma a volte possono essere
sostituiti da emissioni rapidissime di gas elettricamente
carico, "proprio come proiettili sparati da un fucile", dice
Gregory Sivakoff, ricercatore dell'Università dell'Alberta, in
Canada. Queste emissioni possono produrre in un'ora la quantità
di energia che il Sole emette in cinque anni.
Dal 1977, anno della sua scoperta, il buco nero H1743-322, che
ha una massa tra cinque e dieci volte quella del Sole, ha più
volte prodotto queste emissioni, ma finora gli scienziati finora
non erano riusciti a capire quando e perché il buco nero si
decidesse a "premere il grilletto".
Sivakoff e colleghi sono riusciti a catturare immagini
estremamente dettagliate di un paio di proiettili di gas
lanciati dal buco nero nel 2009, in direzioni opposte.
Misurandone la traiettoria, sono riusciti anche a ricostruire il
punto preciso da cui erano stati emessi.
"Abbiamo 'beccato' il buco nero proprio mentre sparava un getto
di materiale a una velocità quasi pari a un quarto di quella
della luce".
Studiando le variazioni nelle
emissioni di radiazioni e di raggi X del buco nero, gli
scienziati hanno anche ipotizzato che i proiettili provengano da
grumi di gas presenti nei dischi di accrescimento. Quando i
dischi, ruotando, si avvicinano troppo al buco nero, vengono
distrutti e il gas viene "sparato" via.
"È un primo passo verso una migliore comprensione dei dischi di
accrescimento e dei meccanismi fisici che determinano i getti di
gas", commenta Sivakoff.
Tratto da: antikitera.net
Come l'informazione sfugge ai buchi neri
Se si quantizza la gravità, dicono i ricercatori, lo
spazio-tempo diviene molto più ampio l'informazione può
riapparire in un futuro lontano dall'altro lato di quello che
prima pensavamo essere la fine dello spazio-tempo.
Un gruppo di ricercatori della
Pennsylvania State University ha identificato un meccanismo
attraverso cui l'informazione può essere recuperata dai buchi
neri,quelle regioni dello spazio la cui gravità è talmente
intensa da non lasciar sfuggire neppure un raggio di luce.
Negli anni settanta Hawking aveva mostrato che i buchi neri
evaporano attraverso processi quantistici, ma asseriva che
l'informazione in essi contenuta - in un certo qual senso,
quella relativa all'identità della materia inglobata - sarebbe
andata per sempre perduta. Questa affermazione sfidava la
meccanica quantistica, dato che uno dei principi di questa
teoria è proprio che l'informazione non possa essere distrutta.
Ciononostante, l'idea di Hawking fu generalmente accettata dai
fisici fino alla fine degli anni novanta, quando molti
iniziarono a dubitarne, tanto che nel 2004 Hawking stesso vi
aveva rinunciato. Tuttavia, nessuno era stato finora in grado di
prospettare un meccanismo plausibile attraverso cui
l'informazione potesse sfuggire al buco nero.
Ora il gruppo diretto da Abhay Ashtekar, ha scoperto tale
meccanismo. Per illustrarlo sull'ultimo numero delle "Physical
Review Letters", Ashtekar ha usato un'analogia con Alice nel
paese delle meraviglie: "Quando il gatto del Cheshire svanisce,
il suo sorriso rimane". "Noi pensiamo che accada qualcosa di
simile con i buchi neri. L'analisi di Hawking suggerisce che
alla fine della vita di un buco nero, quando sia completamente
evaporato, lasci dietro di sé una singolarità, una sorta di
punto finale dello spazio-tempo, che funge da 'pozzo' per
l'informazione irrecuperabile."
Ma Ashtekar e i suoi collaboratori Victor Taveras e Madhavan
Varadarajan suggeriscono che queste singolarità non esistano nel
mondo reale. "L'informazione sembra perduta solo perché abbiamo
guardato a una parte limitata dell'autentica meccanica
quantistica dello spazio-tempo", afferma Varadarajan. "Ma se
consideriamo la gravità quantistica, lo spazio-tempo diviene
molto più grande e c'è spazio sufficiente perché l'informazione
riappaia in un futuro lontano dall'altro lato di quello che
prima pensavamo essere la fine dello spazio-tempo."
Secondo Ashtekar, lo spazio-tempo non sarebbe un continuum, ma
sarebbe piuttosto formato da singoli blocchi: "Una volta che
capiamo che la nozione di spazio-tempo come continuo è solo
un'approssimazione della realtà, diventa chiaro che le
singolarità sono puri artifici della nostra insistenza a
descriverlo come un continuo."
Nel loro studio, i ricercatori hanno usato un modello
bidimensionale di un buco nero - che in realtà è
quadridimensionale - perché ciò permetteva l'uso di strumenti
matematici più semplici, ma osservano che le somiglianze fra il
loro modello bidimensionale e i buchi neri reali sono
sufficienti a ipotizzare che il meccanismo individuato valga
anche nelle quattro dimensioni, e ora sta cercando di sviluppare
metodi matematici applicabili anche al caso reale.
Tratto da:
lescienze.espresso.repubblica.it
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Gli "Ufo" dai buchi neri e
controllano la nascita di nuovi astri – 28/02/2012
Ma si parla di Ultra-Fast, Outflows (fiotti di materia) e non di
astronavi aliene
Gli Ufo nascono dai buchi neri e aiutano a rimescolare la
materia delle galassie e a “controllare” la nascita delle
stelle.
La scoperta è di un gruppo di ricerca guidato dagli italiani
Francesco Tombesi della Nasa e Massimo Cappi dell’Istituto
Nazionale di Astrofisica (Inaf) che ha esaminato gli Ufo
(Ultra-Fast Outflows), ossia fiotti di materia espulsi a
velocità spaventosa dal centro di galassie che ospitano buchi
neri giganteschi, emessi da circa 15 buchi neri al centro di
altrettante galassie.
Lo studio è descritto in tre articoli, due già pubblicati sulle
riviste Astronomy and Astrophysics e su The Astrophysical
Journal, e il terzo in uscita sulla rivista Monthly Notices of
the Royal Astronomical Society.
I ricercatori hanno esaminato le proprietà degli Ufo con il
satellite
XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Questi
flussi di materia vengono emessi alla velocità di centinaia di
milioni di chilometri orari da buchi neri supermassicci che
risiedono al centro di galassie chiamate dal nucleo attivo.
Analizzando 42 galassie dal nucleo attivo i ricercatori hanno
scoperto gli Ufo in circa il 40 per cento di esse.
Misurando le proprietà di questi getti, i ricercatori sono anche
riusciti a stabilire che gli Ufo potrebbero essere i
responsabili della correlazione fra la massa dei buchi neri e
quella delle galassie che li ospitano. È stato notato, infatti,
che più il numero e la velocità delle stelle presenti nel
rigonfiamento centrale di queste galassie è elevato, più i buchi
neri in esse ospitati sono massicci e hanno un ruolo
nell’evoluzione delle galassie che li ospitano.
Questi fiotti di materia, ha spiegato Cappi dell’Istituto di
Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica dell’Inaf a Bologna, è
come se «rimescolassero la materia delle galassie dissipando i
gas che non si concentra più per formare le stelle».
La quantità di materiale espulsa con gli Ufo, ha spiegato
Tombesi «è comparabile a quella effettivamente accresciuta dal
buco nero, e questi Ufo sono abbastanza potenti da poter avere
effetti su grandi scale all’interno della galassia ospite e di
influenzarne anche l’evoluzione».
Tratto da: lastampa.it
Dal
satellite Integral, Scoperto un buco nero polarizzatore
– 28 Mar. 2011
Viene dimostrato per la prima volta che il buco nero è immerso
in un campo magnetico che genera fotoni di altissima energia
tramite un processo fisico chiamato 'radiazione di sincrotrone',
capace di ordinarli
Per la prima volta, è stato documentato un fenomeno cosmico
finora sconosciuto: fotoni di raggi gamma che fuoriescono da un
buco nero in modo polarizzato. Non è esattamente il
comportamento che ci si aspetta di vedere nelle vicinanze di un
buco nero, dove ci si aspetterebbe un comportamento caotico
delle particelle.
Invece, il telescopio IBIS montato sul satellite INTEGRAL
dell'ESA ha osservato chiaramente radiazione gamma polarizzata
proveniente dal sistema binario Cigno X-1, composto da un buco
nero e una stella orbitante intorno al centro di massa comune.
Il risultato, annunciato su Science Express in un articolo a
prima firma Philippe Laurent dell'Institut de recherche sur les
lois fondamentales de l'Univers (IRFU), è di quelli
"eccezionali".
"Osservare i raggi gamma che escono dalle vicinanze del buco
nero è un po' come guardare l'arrivo al capolinea di un autobus
pieno zeppo di passeggeri: all'arrivo, tutti si sparpagliano in
direzioni diverse, a seconda della propria destinazione. Sarebbe
sorprendente vedere molti andare dalla stessa parte. Si
penserebbe a una forte motivazione o costrizione dietro questo
comportamento. Bene, i raggi gamma sono come i passeggeri che
escono dal bus, o meglio dalle vicinanze del buco nero: per
essere tutti, o in gran parte, polarizzati serve un meccanismo
potente, perché i raggi gamma sono molto energetici", spiega
Pietro Ubertini, direttore dell'INAF-IASF di Roma e responsabile
italiano scientifico di INTEGRAL.
Dopo una analisi estremamente sofisticata ed accurata, il gruppo
di ricercatori ha proposto una spiegazione del comportamento dei
fotoni gamma: a polarizzare i raggi gamma sarebbero getti di
particelle relativistiche nelle immediate vicinanze del buco
nero. "Viene dimostrato per la prima volta che il buco nero è
immerso in un campo magnetico che genera fotoni di altissima
energia tramite un processo fisico chiamato 'radiazione di
sincrotrone', capace di ordinarli", spiega Ubertini.
Finora non era noto dove e come la "luce" di alta frequenza
uscisse dalle vicinanze del buco nero. Per studiarlo, i
ricercatori hanno puntato verso una delle sorgenti gamma più
intense del cielo, il Cigno X-1, che ha al centro un buco nero
di massa pari a circa 15 volte quella del Sole. "Questi buchi
neri , piccoli se paragonati ai quasar e alle sorgenti più
lontane dell'Universo, sono molto attivi ed emettono un grande
quantità di raggi gamma, come quelli utilizzati per le TAC o le
radiografie." (gg)
Tratto da: lescienze.espresso.repubblica.it
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Fusioni cosmiche - La danza dei Buchi Neri
Due buchi neri che orbitano uno attorno all'altro al centro di
una galassia sono stati individuati dagli astronomi del
National Optical Astronomy Observatory (NOAO) di Tucson, che
ne danno notizia in un articolo su "Nature".
ll buco nero più piccolo ha una massa pari a 20 milioni di volte
quella del Sole, mentre l'altro è addirittura 50 volte più
grande.
La possibile esistenza di simili sistemi binari era stata
ipotizzata in via teorica, ma finora non ne era mai stato
individuato alcuno. I due buchi neri distano fra loro appena un
decimo di parsec e per compiere un giro completo uno attorno
all'altro si stima che impieghino circa cento anni.
Si ritiene che nella formazione delle galassie abbia un ruolo la
presenza di un buco nero al loro centro. Dato che le galassie si
trovano per lo più raggruppate in cluster, le singole galassie
possono collidere. Per quanto la teoria preveda che in tale
situazione dovrebbe alla fine formarsi un buco nero ancora più
massiccio dopo che i rispettivi buchi neri abbiano iniziato a
orbitare sempre più strettamente uno attorno all'altro per poi
collidere, le modalità con cui ciò dovrebbe avvenire presentano
diversi lati oscuri.
La "firma" rappresentata dalle emissioni radio emesse dalle
polverio e dai gas che spiraleggiano attorno a un buco nero
mentre vi stanno cadendo dentro è ormai ben nota e consente di
ricavarne informazioni sulla velocità e la direzione di moto del
buco nero e dei materiali circostanti, ma finora non era stata
rileva la sovrapposizione di due "firme" di questo tipo. "Se si
trattasse di un fenomeno di sovrapposizione, uno dei due oggetti
dovrebbe essere davvero strano.
Comunque, una delle cose più belle di questo sistema binario di
buchi neri è che possiamo prevedere i cambiamenti di velocità
osservabili nel giro di pochi anni. Possiamo quindi testare la
nostra ipotesi che il sistema sia il risultato dell'immersione
una nell'altra di due piccole galassie, dotate ciascuna di un
buco nero."
Tratto da: lescienze.espresso.repubblica.it
vedi la "copula" fra il VUOTO (VAVHAU
o WABOHOU) e ciò
che può riempirlo (TAHU o THOHOU): Insieme danno
VAVHAU+TAHU che è il
VUOTOQUANTOMECCANICO
= Infinito
Buchi
neri dell'Universo simili a quelli atomici - vedi PDF
studio-ricerca di fisici
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Buchi neri colossali nelle galassie
primordiali
Una, denominata 4C60.07,
ha attratto l’attenzione per l'intensa emissione radio, segno
della presenza di un quasar, un buco nero in rapida rotazione.
La maggior marte delle galassie primordiali contenevano buchi
neri di dimensioni colossali: è questa la convinzione a cui sono
giunti alcuni astronomi in base ai risultati di recenti
osservazioni su due galassie estremamente distanti compiute
grazie al
Submillimeter Array.
La prima delle due galassie, denominata 4C60.07, ha attratto
l’attenzione degli astronomi a causa della sua intensa emissione
radio, il segno – secondo le attuali conoscenze – della presenza
di un quasar, ovvero di un buco nero in rapida rotazione.
Quando la 4C60.07 fu studiata per la prima volta, si pensò che
la nube di gas idrogeno che circonda il buco nero fosse il sito
di un’intensa formazione stellare, che secondo le stime avrebbe
dovuto avvenire a un ritmo notevole: circa 5000 nuove stelle
ogni anno.
Quest’ultima osservazione,
che ha sfruttato le prestazioni delle otto antenne radio del
Submillimeter Array situato nelle Isole Hawaii, ha invece
rivelato sorprendentemente che 4C60.07 non sta formando affatto
delle stelle, e che anziè relativamente vecchia e quiescente. La
formazione stellare intensa è invece presente in una galassia
compagna finora mai osservata, ricca di gas e polveri e dotata
al suo centro di un buco nero di dimensioni colossali.
"Questa nuova immagine rivela ci rivela la presenza di due
galassie dove invece ci aspettavamo di vederne solo una, ha
spiegato Rob Ivison ricercatore dello
UK Astronomy Technology Centre e primo autore dello studio
in via di pubblicazione sulla rivista “Monthly Notices of the
Royal Astronomical Society”.
"L’aspetto più interessante è che entrambe le galassie
contengono buchi neri supermassicci al loro centro. Le
implicazioni di una simile scoperta sono evidenti: potrebbero
esistere numerosissimi altri oggetti di questo tipo
nell’universo che non sono ancora stati scoperti.”
A causa della finitezza della velocità della luce, le due
galassie vengono osservate com’erano appena 2 miliardi dopo il
Big Bang e mostrano alcune differenze
notevoli: una è un sistema morto, che ha già formato tutte le
sue stelle e utilizzato tutto il suo combustibile gassoso. La
seconda è ancora viva, e ospita una notevole quantità di gas e
polveri che possono formare nuove stelle. (fc) - Tratto da:
lescienze.espresso.repubblica.it
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La generosità dei buchi neri - 21/08/2012
I buchi neri, come quello da quattro milioni di masse solari che
si trova al centro della nostra galassia, non si limitano a
consumare. Irradiano anche copiose quantità di energia mentre
divorano la materia vicina. Le abitudini alimentari di un buco
nero possono avere un'influenza sorprendente sulla galassia.
Troppa attività di un buco nero, o poca, e le stelle con le
condizioni adatte alla vita sarebbero scarse.
La Via Lattea occupa una posizione perfetta nella tipologia
delle galassie, con un buco nero che entra in attività
abbastanza spesso per rimescolare le cose e mantenere al punto
giusto la popolazione stellare della galassia. Il legame tra i
buchi neri e il
fenomeno della vita è complesso, ma il buco nero centrale della
nostra galassia sembra aver dato numerosi contributi alla nostra
possibilità di esistere qui e ora.
By Caleb Scharf - Tratto da: lescienze.it
Scorciatoie in mezzo
all'universo - Alcuni
buchi neri sono forse cunicoli che consentirebbero viaggi dentro
il cosmo.
Quella che un tempo sembrava un'idea ai confini della realtà
oggi acquista peso scientifico nuovo; usare una particolare
distorsione del tempo e dello spazio per raggiungere velocemente
luoghi dell’ UniVerso
lontani miliardi di anni luce.
Sarebbe possibile, almeno in teoria, se si confermasse l'ipotesi
di Thibauk Daflwur, dell'Institut des Hautes Etudes
Scientifiques di Bures-sur-Yvette (Francia), e Sergey
SoIodukhifi dell'Internanonal University Bremen (Germania).
Secondo i due scienziati, alcuni buchi neri sarebbero in realtà
"wormhole",
cioè cunicoli spazio-temporali.
Un buco nero è un oggetto che
possiede forza di gravità così intensa che nulla, neppure la
luce, può sfuggire al di là di un confine chiamato «orizzonte
degli eventi".
Wormhole (buco di tarlo), invece, è un modo pittoresco per
definire un fenomeno fisico noto come Ponte dì Einstein-Rosen,
dove condizioni particolari della materia deformano lo
spaziotempo creando una sorta di scorciatoia da un punto dell'UniVerso
a un altro; un qualsiasi oggetto che entrasse nel cunicolo
porrebbe spostarsi tra due luoghi dello spazio in un tempo molto
inferiore a quello che la luce impiegherebbe attraverso lo
Spazio normale.
Secondo alcune ipotesi, i wormhole
verrebbero prodotti da materia esotica (particelle subatomiche);
secondo altre teorie, anche la materia normale potrebbe portare
alla loro formazione.
Damour e Solodukhin sostengono che è facile scambiare un
wormhole con un buco
nero: la materia vicino a un cunicolo spazio-temporale,
per esempio, sì comporta come quella nei pressi di un buco nero,
ed entrambi distorcono lo spazio interno.
Un metodo per distinguere i due fenomeni consiste nello studio
di particolari particelle che solo i buchi neri producono, la
radiazione di Hawking; difficile però da evidenziare perché
debolissima.
Al momento, quindi, prima di poter
viaggiare in punti remoti dello spazio, o in
Universi paralleli,
bisognerà aspettare un modo sicuro di identificare un wormhole.
Il rischio, altrimenti, sarebbe quello di finire distrutti nelle
«fauci» di un buco nero.
By Luigi Bignami – Panorama n° 21 – Mag 2007
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Nude singolarità
Il buco nero ha un parente problematico, la singolarità
nuda. Da tempo i fisici pensano, o sperano, che non possa
esistere. Ma è davvero così? Di Pankaj S. Joshi
Si ritiene abitualmente che una stella di grandi dimensioni a un
certo punto della sua evoluzione collassi fino a diventare un
buco nero, ma alcuni modelli teorici suggeriscono che invece
diventi una cosiddetta
singolarità nuda (si veda il box nella pagina a fronte per
la definizione). Distinguere che cosa accade in diverse
situazioni è uno dei più importanti problemi irrisolti
dell'astrofisica.
La scoperta delle singolarità nude modificherebbe radicalmente
la ricerca di una teoria unificata della fisica, soprattutto
fornendo alle possibili teorie dati basati sulle osservazioni.
Tratto da: Le Scienze - Aprile 2009, n. 488
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Link in
italiano
http://it.wikipedia.org/wiki/Buco_nero
http://web.tiscali.it/buchineri/
www.ildiogene.it/EncyPages/Ency=buconero.html
http://digilander.libero.it/jacopo2/buchineri.htm
www.vialattea.net/hubble/indici/buchineri.htm
www.ips.it/scuola/concorso/taramelli/Allais.htm
www.pd.astro.it/pianetav/L23_04S.html
www.astrosurf.com/cosmoweb/documenti/buchineri.html
http://digilander.libero.it/astronomiaa/buchi neri.htm
www.bo.astro.it/sait/spigolature/spigo101base.html
Link in
inglese
http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/category/exotic/black
hole/
http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/2001/03/
http://antwrp.gsfc.nasa.gov/htmltest/rjn_bht.html
www.damtp.cam.ac.uk/user/gr/public/bh_home.html
www.spacetelescope.org/science/black_holes.html
www.galacticsurf.com/trounoirGB.htm
http://archive.ncsa.uiuc.edu/Cyberia/NumRel/BlackHoles.html
http://cosmology.berkeley.edu/Education/BHfaq.html
www.eclipse.net/~cmmiller/BH/blkmain.html
www.noao.edu/noao/staff/lauer/nuker.html
31 maggio 2004
Scoperti 30
nuovi buchi neri
Trenta buchi neri supermassivi, che fino a oggi erano sfuggiti
agli astronomi, sono stati individuati da un gruppo di
ricercatori europei. Gli studiosi, coordinati da Paolo Padovani
dell’Osservatorio dell’Europa meridionale di Monaco e dello
“Space Telescope-European Coordinating Facility”, si sono
serviti dell’Osservatorio astrofisico virtuale Avo, ossia hanno
utilizzato contemporaneamente immagini provenienti dal
telescopio spaziale Hubble, dal Very Large telescope
dell’Agenzia spaziale europea, dall’Osservatorio Chandra della
Nasa e dal telescopio dell’Europa meridionale di Monaco.
La
scoperta, che sarà pubblicata sulla rivista “Astronomy Astrophysics”, indica anche che fino a oggi potrebbe essere
stato sottostimato il numero di buchi neri presenti
nell’Universo.
Immagini a
http://www.spacetelescope.org/news/html/heic0409.html
Tratto da Il sole24ore.com
10mila buchi neri nella via lattea
Il più grande
sciame di buchi neri, composto da almeno 10.000 di questi
oggetti ancora misteriosi, è stato osservato nella Via Lattea.
Questa concentrazione di buchi neri, la più grande mai osservata
nella nostra galassia, sta orbitando attorno al gigantesco buco
nero che si trova al centro della Via Lattea.
La scoperta, che si deve al telescopio spaziale americano per
l'astronomia a raggi X Chandra, è stata annunciata oggi nel
congresso della Società Americana di Astronomia in corso in
California, a San Diego, ed è in via di pubblicazione sulla
rivista Astrophysical Journal Letters.
BIBLIOGRAFIA ITALIANA
Jim Al-Khalilli, buchi neri, wormholes e macchine del tempo,
Dedalo, 2004
John Taylor, I buchi neri. La fine dell'universo?, Eco,
Milano, 2002
Stephen Hawking, buchi neri e universi neonati. E altri saggi,
Rizzoli, 2000
Stephen Hawking, Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del
tempo, Rizzoli, 2000
Mitchell Begelman, L'attrazione fatale della gravità. I buchi
neri dell'universo, Zanichelli, Bologna, 1997
John Gribbin, Costruire la macchina del tempo. Viaggio
attraverso i buchi neri e i cunicoli spazio-temporali,
Aporie, 1996
Giancarlo Bernardi, I buchi neri, TEN, Roma, 1996
Isaac Asimov, Pulsar, quasars e buchi neri, Editoriale
scienze, Trieste, 1994
Jean Pierre Luminet, I buchi neri, Nardi, Firenze, 1992
R. e H. Sexl, Nane bianche, buchi neri e stelle di neutroni,
Boringhieri, Torino
Harry L. Shipman, buchi neri, quasars e universo: le nuove
frontiere della moderna cosmologia, Zanichelli, Bologna,
1982
Robert M. Wald, Teoria del big bang e buchi neri,
Boringhieri, Torino, 1980
Nigel Henbert, L'avventura dell'universo.: stelle, galassie,
buchi neri..., Laterza, Bari, 1980
Remo Cantoni, Stelle cannibali: buchi neri e le singolarità
nude, Moizzi, Milano, 1976
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Bolle
di sapone cosmiche
(vedi foto in alto)
Questo modello dei buchi neri semplifica
notevolmente i calcoli
Da molti anni vi sono indizi che i
buchi neri, o quanto meno la
loro interfaccia fra l’insondabile interno e il resto
dell’universo, abbiano comportamenti simili a quelli di una
membrana. Approfondendo l’analogia formulata negli anni settanta
dall’astrofisico del Caltech Kip Thorne, Vitor Cardoso, dell’Università
del Mississippi, e Oscar Dias, del
Perimeter Institute in Canada, hanno pensato di ispirarsi
nel loro studio sui buchi neri alle forze di tensione
superficiale che tengono insieme le bolle di sapone, senza
pensare all'inizio di avere a disposizione nulla più di un
modello estremamente rozzo e semplificato. “Ciò
che ci ha stupito
– ha detto Dias –
è come un sistema complesso di equazioni come quelle di Einstein
possa essere modellizzato così bene dai fluidi e dalle loro
tensioni superficiali. L’approccio del paradigma della membrana
rende i calcoli molto più semplici e siamo rimasti esterrefatti
dall’ottima approssimazione che fornisce.”
Idue ricercatori hanno in particolare applicato il modello allo studio
delle “stringhe nere”, lunghi e sottili buchi neri, dimostrando
che questi strani oggetti cosmici possono frantumarsi in
frammenti più piccoli, esattamente come un filo d’acqua
sgocciolante può frangersi in molte piccole gocce.
La loro ricerca verrà pubblicata sul "Physical Review Letters",
il giornale ufficiale della American Physical Society.
© 1999 - 2006 Le Scienze S.p.A.
-
10/05/2006
Uno sguardo all'interno dei Quasar;
le osservazioni sono state possibili grazie all'effetto "lente
gravitazionale" di alcune galassie e per la prima volta gli
astronomi sono riusciti a guardare dentro un quasar – gli
oggetti più brillanti dell'universo – trovando prove
dell’esistenza, al suo interno, di un buco nero. Il risultato,
ottenuto da ricercatori dell'Università dell'Ohio, è stato
riferito a un convegno dell’American Astronomical Society (AAS)
dedicato all’astrofisica delle alte energie tenuto a San
Francisco -
Tratto da: Le Scienze S.p.A - Ott. 2006
Commento NdR: presto scopriranno che i
Buchi
Neri esistono in
ogni stella e forse in ogni pianeta, cosi come esiste in ogni
atomo ed in ogni essere vivente, infatti all'interno dell'Ego/IO
degli esseri viventi vi e' un Buco nero
vedi:
Buchi neri ed effetto Lense - Thirring
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La nostra Galassia è centromossa da un
BUCO NERO - Scoperto un secondo buco-nero al centro
della Via Lattea
Il nuovo oggetto,
classificato con la sigla IRS 13E, ha una massa di circa 1400
masse solari, molto meno rispetto all'altro buco-nero la cui
massa non supera i 4 milioni di masse solari.
IRS 13E si trova nelle vicinanze del centro galattico in una
zona dove si presume si sia formato un ammasso di stelle che si
muovono su orbite circolari attorno al buco-nero.
Grazie ai dati del sistema di ottiche adattive del Hokupa'a/QUIRC
dell'Osservatorio Gemini, un gruppo di ricercatori
franco/americani guidati da Jean-Pierre Maillard, dell'Istituto
di Astrofisica di Parigi, ha confermato l'associazione fisica
dell'ammasso di stelle con la sorgente infrarossa IRS 13E in
prossimità del centro della Galassia.
Gli astronomi hanno anche utilizzato
i dati dell'Hubble Space Telescope, dell'Osservatorio Chandra
per astronomia ai raggi-X, del telescopio Canada-France-Hawaii e
del Very Large Array in modo da coprire le varie bande dello
spettro elettromagnetico a completamento dei dati forniti da
Gemini.
I dati ottenuti con Gemini consistono di due sorgenti non
identificate, all'interno della sorgente IRS 13E.
Sette stelle individuali di grande massa sembrano associate a
quello che una volta doveva essere un grande ammasso di stelle
tenute insieme dalle interazioni gravitazionali a causa della
presenza di un buco-nero di massa intermedia dell'ordine di 1400
masse solari.Le stelle dell'ammasso, che si estende per circa
0,6 anni-luce, si muovono insieme, come in una giostra cosmica,
con una velocità di circa 280 Km/sec attorno al buco-nero.
Gli scienziati ritengono che l'ammasso sia il resto di una
associazione di stelle che un tempo era più estesa e che adesso
sta spiraleggiando verso il buco-nero centrale supermassivo,
cioè verso Sgr A, nel centro della Galassia.
Questa teoria spiegherebbe inoltre
l'esistenza di stelle di grande massa distribuite attorno al
centro della Via Lattea che si pensa siano state sottratte
all'ammasso dalle intense forze gravitazionali dovute al
buco-nero centrale.
By
Corrado Ruscica
Sitografia: Gemini Observatory -
www.gemini.edu - Institut d'Astrophysique de Paris:
www.iap.fr
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