PROTESI
La
protesi dentale è un manufatto
utilizzato per rimpiazzare la
dentatura originaria persa o
compromessa per motivi funzionali
e/o estetici. Si definisce anche
protesi dentaria la parte dell'odontoiatria
che si occupa della progettazione e
costruzione di protesi
Protesi all'anca:
L’artroprotesi d’anca (o protesi
totale d’anca) è un’articolazione
artificiale realizzata in leghe
metalliche, materiali plastici e/o
ceramiche, che sostituisce l’anca
ammalata, eliminando la fonte del
dolore in modo efficace e
permanente.
La protesi d’anca è costituita da
una coppa e da uno stelo, che
vengono inseriti rispettivamente
nell’acetabolo e nel femore.
Sullo stelo viene assemblata una
testa protesica, in metallo o
ceramica, che si articolerà con la
superficie interna della coppa.
La fissazione delle componenti, un
tempo sempre demandata al cemento
acrilico, è oggi più spesso
biologica, ovvero affidata alla
penetrazione dell'osso nella
superficie porosa degli elementi. E'
la cosiddetta protesi non cementata.
In casi particolari, come
l’osteoporosi grave, la protesi
cementata costituisce ancor oggi la
soluzione più sicura.
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Nella
figura si evidenza a sinistra
un'anca normale ed a destra un'anca
con gravi problemi di artrite.
Aumentano interventi per
anca e
ginocchio ma anche infezioni
ROMA, 26
Nov. 2001 - Aumentano del 10%
l'anno le persone che si
sottopongono a impianto di protesi
ad anca o ginocchio e, quindi,
cresce anche il numero delle
infezioni ad esse collegate. Questo
fara' impennare i costi sanitari per
i doppi interventi. Cio’ e’ dovuto
anche (non solo) alle forti dosi di antibiotici ed
altri farmaci somministrati a coloro
che vengono operati anche per le
protesi.
Ricordiamo anche che
ogni
protesi introdotta in bocca
e/o nel corpo che
contenga
leghe metalliche basate su legami
ossigeno, sono pericolose in quanto
l'ossigeno (potente ossidante) permette ai
metalli della lega il rilascio di
ioni che
sicuramente
interferiscono con le reazioni
biochimiche dell'organismo !
vedi:
Protesi rilascio metalli
+
Ossido di Zirconio
+
Materiali dentali
+
Corrosione galvanica Elettrochimica
+
Elettrolisi
vedi
anche:
Quanto sono sicure le protesi d'anca
in metallo ?
http://www.bmj.com/content/344/bmj.e1410
Dischi vertebrali in metallo ?
http://www.medscape.com/viewarticle/553914_4
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Le PROTESI d'Anca, sono sicure ?
Secondo uno studio pubblicato sul
British Medical Journal e coordinato
da Antony Nargol, primario di
chirurgia all'ospedale universitario
di North Tees a Stockton (Regno
Unito), le protesi d'anca metalliche
Pinnacle metal on metal (MoM)
impiantate dal 2006 si associano a
un rischio maggiore e non
accettabile di fallimento e
complicazioni, La DePuy Orthopaedics,
filiale francese della statunitense
Johnson&Johnson ha sviluppato a
partire dal 2000 tre modelli di
protesi per l'anca: il sistema di
sostituzione d'anca Pinnacle,
tuttora in commercio, il sistema
acetabolare ASR XL e il rivestimento
dell'anca con sistema Asr, entrambi
ritirati a metà 2010.
«Negli anni le aziende produttrici
hanno modificato il design delle
protesi di metallo su metallo
allargandone la parte superiore per
aumentare la capacità di movimento.
Modifiche fatte senza adeguati test
di sicurezza, che aumenterebbero il
rischio di liberare nel sangue
elevate quantità di ioni metallici»
spiega il chirurgo.
Nel caso del sistema DePuy Pinnacle,
composto da parti metalliche in
cromo e cobalto, gli ioni potrebbero
filtrare nei tessuti danneggiando
muscoli e ossa e provocando in
alcuni casi disabilità permanenti ed
eventualmente danni cromosomici e
alterazioni genetiche. Ma l'azienda
risponde alle critiche, affermando
che la sicurezza dei pazienti è
prioritaria e che i dati clinici
mostrano che le Pinnacle sono
sicure.
Per chiarire l'argomento i
ricercatori hanno esaminato 434
pazienti (243 donne e 191 uomini)
nei quali sono state impiantate 489
protesi totali metalliche d'anca,
seguiti in media per 7,5 anni dopo
la procedura.
«In tutto, 71 protesi hanno
richiesto la sostituzione
chirurgica, un numero che gli autori
descrivono come inaccettabilmente
elevato. «Il tasso di revisione è
aumentato in modo significativo dal
2006, forse a causa della crescente
tendenza da questa data alla
fabbricazione di dispositivi fuori
dalle specifiche di prodotto»
scrivono i ricercatori, precisando
che dopo quella data oltre un terzo
delle protesi non seguiva le
specifiche. «I dati 2014 del
Registro Nazionale congiunto per
l'Inghilterra e il Galles indicano
che sono stati impiantati 11.871
sistemi d'anca Pinnacle interamente
metallici» riprendono gli autori,
stimando che 180.000 persone in
tutto il mondo hanno queste protesi.
«Pazienti che potrebbero essere a
rischio di un intervento chirurgico
di revisione precoce» conclude
Nargol.
Bmj 2016. doi
10.1136/bmjopen-2015-007847 :
http://bmjopen.bmj.com/lookup/doi/10.1136/bmjopen-2015-007847
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In
Gran Bretagna allerta su protesi
d'anca in metallo, controlli a vita
per pazienti
Roma, 28 feb. 2012 (Adnkronos
Salute) - Dopo lo scandalo delle
protesi al seno Pip, potrebbe
scoppiare il caso delle protesi
d'anca interamente in metallo. Un
caso di proporzioni ben più vaste,
secondo gli esperti del
British
Medical Journal, che lanciano
l'allarme sui rischi di questi
impianti. L'Agenzia regolatoria
britannica sui farmaci e i
dispositivi medici, l'Mhra, è
intervenuta sulla questione,
sottolineando la necessità che la
maggior parte dei pazienti con anche
artificiali di metallo si
sottopongano a controlli ogni anno
per il resto della vita, per
verificare l'insorgenza di eventuali
problemi ed effetti collaterali,
compresa l'esposizione a metalli
tossici.
L'agenzia ha emanato le nuove linee
guida - riportate sulla stampa
britannica online - dopo diverse
segnalazioni di gonfiori sospetti e
danni tissutali in alcuni pazienti e
di un'alta percentuale di guasti con
alcuni dispositivi.
Secondo l'Mhra, sono ad "alto
rischio" ben 49 mila pazienti su 65
mila con anche 'nuove' tutte di
metallo, come cromo e cobalto.
Le precedenti linee guida
prevedevano controlli solo nei
cinque anni successivi
all'intervento.
Ora l'agenzia raccomanda esami del
sangue e risonanza magnetica a
cadenza regolare.
Contemporaneamente, a richiamare
l'attenzione su queste protesi è
un'indagine congiunta Bbc Newsnight
e Bmj, che evidenzia come i problemi
legati a questi dispositivi fossero
noti e documentati da decenni, ma
nessun provvedimento è mai stato
preso. Con la conseguenza -
avvertono - che centinaia di
migliaia di persone in giro per il
mondo potrebbero esser state esposte
ad alti livelli di metalli tossici
da impianti difettosi,
potenzialmente pericolosi.
L'indagine mostra che ioni di cromo
e cobalto possono infatti filtrare
nei tessuti dei pazienti con protesi
d'anca interamente fatte di metallo,
innescando reazioni che possono
distruggere muscoli e ossa,
provocando in alcuni casi disabilità
permanenti.
Secondo diversi studi, inoltre, gli
ioni di metallo possono filtrare
anche nel sangue, raggiungendo
linfonodi, milza, fegato e reni
prima di essere espulsi con le
urine. Non solo. Si temono anche
danni ai cromosomi e dunque
alterazioni genetiche.
Reazioni associate agli ioni di
metallo sono state descritte per la
prima volta, nei dettagli, nel 1975,
sottolineano gli autori del report.
Negli anni le aziende produttrici
hanno modificato il design delle
protesi interamente di metallo,
allargando la 'testa', cioè la parte
superiore, per aumentare la capacità
di movimento.
Questo però è stato fatto senza
condurre test sulla sicurezza e
l'efficacia dei prodotti, come
avviene per i farmaci, o studi dopo
la commercializzazione, e proprio
tali modifiche - secondo gli esperti
- rendono le protesi ad alto rischio
di rilasciare elevate quantità di
metallo nell'organismo. "Stiamo
vedendo pazienti con livelli di
metallo 10, 20, anche 50 volte
superiori al normale", afferma Tony
Nargol, primario di chirurgia
all'ospedale universitario di North
Tees.
Nel 2010 sono state ritirate dal
mercato le protesi Asr, prodotte da
DePuy, una sussidiaria di
Johnson&Johnson,
che ha accantonato 3 miliardi di
dollari come risarcimento ai
pazienti che hanno fatto causa.
Secondo l'indagine di Nargol, però,
può dare problemi anche un altro
dispositivo sempre prodotto da DePuy,
chiamato 'Pinnacle' e tuttora in
commercio.
Solo nel suo ospedale ne sono stati
impiantati mille: su 970 pazienti
testati, sono stati trovati 75 casi
di rottura con frammenti di metallo,
"una percentuale piuttosto alta",
commenta il chirurgo. L'azienda ha
risposto all'inchiesta, affermando
che la sicurezza dei pazienti è la
sua priorità e i dati clinici
mostrano che le Pinnacle sono
sicure.
Protesi all'anca tossiche - Allarme
anche in Italia – Feb. 2012
La rivista medica britannica British
Medical Journal è stata la prima a
lanciare l'allarme - L'allerta
arriva dall'Inghilterra a rischio
49mila pazienti, tra loro ci sono
3500 italiani
Si è iniziato con le protesi al seno
tossiche, ma questo nuovo scandalo
sanitario, che parte
dall'Inghilterra per diffondersi in
tutto il mondo, rischia di diventare
ancora più vasto. Sono infatti ben
49mila i pazienti operati all'anca
che potrebbero avere nel loro
corpo protesi di metallo,
prevalentemente di cromo e cobalto,
potenzialmente dannose per la
salute.
I dati sono del British
Medical Journal: secondo la
rivista medica britannica l’agenzia
che regola i farmaci e i dispositivi
medici, l’Mhra, è intervenuta sulla
questione, sottolineando la
necessità che la maggior parte dei
pazienti con anche artificiali di
metallo si sottopongano a controlli
ogni anno per il resto della vita
per verificare l’insorgenza di
eventuali problemi ed effetti
collaterali, compresa l’esposizione
a metalli tossici, attraverso esami
del sangue e risonanza magnetica a
cadenza regolare.
Un allarme arrivato anche sui banchi
dei maggiori esperti italiani di
questo tipo di intervento attraverso
una lettera d’allerta agli
ortopedici della Siot, Società
italiana di ortopedia e
traumatologia.
In Italia sono circa 3.500 i
pazienti con anche interamente in
metallo. «I rischi sono fondati. -
spiega Marco D’Imporzano, presidente
della Siot - I danni sono causati
dalla presenza nel sangue di ioni di
metallo fuoriusciti dalle protesi se
superano una certa quantità».
Contemporaneamente, a richiamare
l’attenzione su queste protesi è
un’indagine congiunta Bbc Newsnight
e Bmj, che evidenzia come i problemi
legati a questi dispositivi fossero
noti e documentati da decenni.
L’indagine mostra che ioni di cromo
e cobalto possono infatti filtrare
nei tessuti dei pazienti,
innescando reazioni che possono
distruggere muscoli e ossa,
provocando, in alcuni casi
,disabilità permanenti. Si temono
anche possibili danni ai cromosomi e
dunque alterazioni genetiche.
«Stiamo vedendo pazienti con livelli
di metallo 10, 20, anche 50 volte
superiori al normale», afferma Tony
Nargol, primario di chirurgia
all’ospedale universitario di North
Tees alla Bbc .
Un problema che è rimbalzato anche
in Francia: il quotidiano Le Figaro
rivela che le protesi difettose
fabbricate dalla "DePuy Orthopaedics",
filiale della statunitense "Johnson&Johnson"
sono rimaste in vendita in Francia
fino al 2010, nonostante fossero
state ritirate dai mercati americano
e australiano già l'anno precedente.
Secondo il quotidiano francese è da
rivedere anche la legislazione in
materia di protesi.
L'eventuale tossicità del metallo
non dimostrata non sarebbe stata
ritenuta accettabile nel caso della
vendita di un medicinale.
Tratto da: 3lastampa.it
vedi:
Cancro alla mammella
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Grande innovazione nella protesi
d'anca
A Bologna sta nascendo la
microprotesi d’anca. Con questa
innovazione si lascia quasi intatto
il femore consentendo al paziente di
tornare alla vita normale.
Questa microprotesi, della
dimensione di quattro centimetri,
che con un termine medico si chiama
"stelo cervico-metafisario" fino ad
ora è stata provata solo su un
femore di cadavere agli Istituti
Rizzoli di Bologna. “Il microstelo–
dice il professore Aldo Toni, che
sta coordinando la messa a punto
della protesi – permetterà, una
volta che verrà utilizzato nei
pazienti, il recupero completo della
funzione articolare con la minima
invasività dell’osso del femore”.
“La microprotesi – aggiunge Aldo
Toni che è Primario della I
Divisione di Ortopedia al “Rizzoli”
e Direttore del Laboratorio di
Tecnologia Medica sempre al
“Rizzoli” – è formata da una parte
epifisaria, cioè quella superiore,
che riproduce la testa del femore
quasi nella sua dimensione originale
e questo garantirà al paziente la
massima motilità articolare, cioè
potrà tornare a compiere i movimenti
normali.
La parte inferiore è un microstelo
denominato cervico- metafisario, di
piccolissime dimensioni, che si
fissa nella parte prossimale del
femore senza invaderne il canale
diafisario. Una importante
caratteristica: la parte articolare
della protesi è realizzata con una
ceramica super resistente, che
raddoppia le resistenze delle
ceramiche fino ad ora usate”.
Una buona notizia per il mondo della
salute dove l’uso della protesi
da diversi anni sta ridando una
qualità di vita a tante persone che
hanno avuto un danno
all’articolazione per una grave
forma di artrosi primaria o
secondaria da altra causa come può
essere un trauma o una malattia
degenerativa. Basti pensare che in
Italia sono state impiantate solo
nel 2004 oltre 80mila protesi
d’anca, l’articolazione cui fa
riferimento la microprotesi
innovativa.
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La Sanità contro la salute del
consumatore e le interviste del
responsabile della salute Dott.ssa
Marcella Marletta riguardo la
tossicità delle leghe al
cromo-cobalto per dispositivi
protesici in ambito ortopedico e di
conseguenza in campo odontoprotesico
Dopo la notizia data attraverso i
canali TV TG1 RAI e STRISCIA LA
NOTIZIA, per non creare allarme
totale in tutti gli ambiti sanitari
e produttivi, la dott.ssa Marletta
mette sotto accusa solo le due
aziende, quella americana e quella
francese.
vedi video:
http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?14507
Il
problema è molto più grande di
quel che sembra, in quanto
qualsiasi tipo di produzione sia a
livello industriale che artigianale
è responsabile degli effetti
collaterali tossici in quanto è il
materiale stesso un materiale non
idoneo alla produzione di qualsiasi
strumento o dispositivo progettato
per il contatto e l’invasività
prolungata con un sistema
fisiologico biologico regolato da un
certo
pH.
Allora
per quale motivo non vietano
determinati materiali ?
ecco che entra in gioco il conflitto
di interessi, il classico
sottobanco, la corruzione !
Come in
ambito ortopedico, così anche nel
dentale e in tutti gli ambiti
sanitari, dopo tantissime
sofferenze, tantissime patologie,
tantissimi morti e tanti miei
esposti riguardo la tossicità del
cromo-cobalto e del titanio, il
responsabile della salute della
sanità la Dott.ssa Marcella Marletta
al TG1 RAI ed a Striscia la Notizia
ha dichiarato ché il cromo-cobalto è
tossico per il sistema biologico
umano.
Vedi
anche:
http://www.soldionline.it/notizie/mercati-esteri/focus-sulzer-sulzer-medica
-in-calo-dopo-annuncio-su-costi-ritiro-protesi
http://www.newnotizie.it/2012/01/striscia-la-notizia-attenzione-alle-protesi-danca-correte-dal-vostro-medico/
http://notizie.tiscali.it/regioni/abruzzo/feeds/11/04/27/t_01_01_2011-04-27_127633120.html?abruzzo
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PROTESI DIFETTOSA: CONDANNATO
Un dentista di Mestre deve risarcire
oltre 23mila euro ad una paziente
che ha contestato il suo lavoro
Il Tribunale ha liquidato alla
donna anche il danno morale per le
sofferenze patite
VENEZIA - Dovrà restituire ad una
paziente i soldi spesi per
l’impianto di una una protesi mal
riuscito e risarcirle i danni
provocati.
Un dentista di Mestre, è
stato condannato dal Tribunale
civile di Venezia, a liquidare alla
signora Fortunata P.
complessivamente più di 23 mila
euro, oltre agli interessi e circa
seimila euro di spese. In realtà non
sarà il medico a pagare di tasca
sua: il giudice Paolo Corder lo ha
tenuto indenne, condannando a sua
volta la compagnia con la quale
aveva contratto una polizza, le
Assicurazioni Generali.
In attesa della sentenza, la donna
ha già ricevuto un acconto, pari a
circa 10mila euro, al quale ora
dovrà essere aggiunto il saldo.
La
sentenza, ovviamente, potrà essere
impugnata in Appello, ma nel
frattempo è provvisoriamente
esecutiva.
Il trattamento di odontoprotesi
finito sotto accusa, risale a quasi
dieci anni fa. La donna si era
rivolta al dentista nell'ottobre del
1994 e successivamente, a seguito di
numerosi problemi, decise di citarlo
a giudizio, con l'assistenza
dell'avvocato Gabriella Zampieri,
per ottenere la risoluzione del
contratto e la condanna al
risarcimento dei danni lamentati.
Tra le altre cose, il dentista
avrebbe effettuato una «non corretta
interpretazione del dato radiologico
e una non corretta scelta dei
pilastri». La paziente aveva
lamentato alcune lesioni che il
perito del giudice ha ricondotto
agli interventi effettuati durante
il trattamento odontoprotesico.
La terza sezione del Tribunale ha
accertato la responsabilità
professionale di Zuliani e
riconosciuto alla donna il diritto
alla restituzione del denaro versato
«per il trattamento non andato a
buon fine», nonché il risarcimento
del danno biologico temporaneo e
permanente e del danno morale patito
a seguito dei tre anni di
sofferenze.
Fonte: Ii GAZZETTINO di
Venezia
Ricordarsi
che le alterazioni degli enzimi,
della flora,
del pH
digestivo e della mucosa
intestinale influenzano la salute, non
soltanto a livello intestinale, ma anche a distanza in
qualsiasi parte dell'organismo.
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L'odissea di Charles Lennon, 68 anni:
"E' una vita d'inferno"
- "Non
posso abbracciare nessuno, andare in
bici o nuotare"
-
Protesi sbagliata, dieci anni di
erezione - Americano risarcito con
400mila dollari
Non
si può più intervenire: per
l'impianto sono stati rimossi alcuni
tessuti
PROVIDENCE (Stati Uniti)
- Un errore durante un
intervento chirurgico e la vita di
Charles Lennon è diventata un
inferno: da dieci anni vive con'erezione
permanente dopo l'operazione
d'impianto di una protesi, forse
fallata, per combattere l'impotenza.
Ora la Corte Suprema del Rhode
Island, negli Stati Uniti, gli ha
riconosciuto un risarcimento per
danni pari a 400mila dollari.
Una vicenda che risale al 1996,
circa due anni prima che il Viagra
facesse il suo ingresso nelle
farmacie. Una protesi - composta di
plastica e acciaio - che doveva
permettere la gestione
dell'erezione, 'attivandola' solo
quando necessario. Un'operazione mal
riuscita perché ora Lennon, che ha
68 anni, vive con il pene sempre
eretto: "Non posso più abbracciare
le persone, andare in bicicletta,
nuotare o indossare costumi da bagno
per il dolore e l'imbarazzo", ha
raccontato. E il suo avvocato ha
rincarato la dose: "E' diventato un
recluso. Non conosco nessun uomo che
cambierebbe la sua vita con quella
di Lennon, neanche se pagato".
L'azienda produttrice della protesi
e la compagnia assicuratrice hanno
preferito non commentare la
decisione della Corte Suprema:
l'azienda si è limitata a dire che
la protesi non aveva alcun problema.
Una decisione, quella di sottoporsi
all'impianto, da cui Lennon non può
più tornare indietro: anche
rimuovendo la protesi, farmaci come
il Viagra non lo potrebbero aiutare
dato che nell'intervento sono stati
rimossi alcuni tessuti. E Lennon non
può neanche rimuovere la protesi per
dei problemi cardiaci che rendono
impossibile un nuovo intervento.
Un tribunale dello stato aveva
inizialmente riconosciuto a Lennon
un risarcimento di 750mila dollari.
Una cifra considerata eccessiva in
appello e quindi ridotta a 400mila.
Questa cifra è stata quindi
considerata "equa" dalla Corte
Suprema del Rhode Island ieri con un
giudizio definitivo.
(24
giugno 2006) -
Tratto da La repubblica.it
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Cobalto e neurotossicità: una
lezione dalle artroprotesi d'anca
Autori: Rizzetti M.C., Liberini P.,
Catalani S.*, Apostoli P.*,
Marinovich M.°, Padovani A.
Divisione di Neurologia -
Dipartimento di Scienze Mediche e
Chirurgiche
Università degli Studi di Brescia
*Sezione di Medicina del Lavoro e
Igiene Ambientale - Dipartimento di
Medicina Sperimentale e Applicata
Università degli Studi di Brescia °
Unità di Tossicologia Cellulare e
Molecolare - Dipartimento di Scienze
Farmacologiche Università degli
Studi di Milano
Abstract
A Settembre 2007 una donna di 58
anni è stata ricoverata presso il
Reparto di Neurologia degli Spedali
Civili di Brescia per la valutazione
di ipovisus e ipoacusia; la paziente
lamentava calo del visus e ipoacusia
da Luglio 2007. In anamnesi erano
presenti: diabete mellito,
ipertensione arteriosa con
retinopatia, ipotiroidismo dovuto a
tiroidite autoimmune. La paziente
era stata inoltre sottoposta ad
intervento di posizionamento di
artroprotesi di anca sinistra,
revisionata 5 anni dopo a causa
della rottura della testa protesica
in ceramica; durante l'intervento di
revisione è stata posizionata una
testa in lega cromo-cobalto mentre
lo stelo e l'acetabolo in
titanio sono stati lasciati in sede
in quanto integri. Al momento del
ricovero si rilevavano deficit
bilaterale del II e del VIII nervo
cranico e lievi disturbi
sensitivo-motori distali agli arti.
Mediante un'ampia serie di esami
strumentali è stata inizialmente
posta diagnosi di multineuropatia assonale
periferica. Indagini
laboratoristiche atte ad escludere
malattie infettive, neoplastiche,
metaboliche e immunologiche sono
risultate negative, con l'eccezione
di un lieve incremento dei marker
infiammatori.
Ipotizzando una vasculite
immuno-mediata la paziente è stata
dimessa con
l'indicazione a terapia con
prednisone, che dopo una fase
iniziale di beneficio è risultata
inefficace.
A Dicembre 2007 la paziente è stata
nuovamente ricoverata poichè
completamente cieca, gravemente
ipoacusica e confinata sulla sedia a
rotelle a causa di ipostenia severa
agli arti inferiori.
Dagli esami condotti non è emerso
nessun dato patologico quindi la
paziente è stata segnalata al
Servizio di Tossicologia del nostro
Ospedale per valutare una possibile
genesi tossica dei distrubi
neurologici. Inaspettatamente
sono emerse concentrazioni di
cobalto e cromo nel siero, nelle
urine e nel liquor cefalorachidiano
100 volte più elevate rispetto ai
valori di riferimento.
Analizzando le concentrazioni
relative dei metalli e prendendo in
considerazione la storia ortopedica
della paziente, è stata ipotizzata
una intossicazione da cobalto-cromo
causata dai detriti derivanti dalla
corrosione dell'artroprotesi di
anca, sebbene le radiografie
effettuate non evidenziassero segni
di mobilizzazione protesica e la
paziente non avesse mai lamentato
algie locali. La paziente è stata
quindi sottoposta a vari cicli di
terapia chelante con EDTA, ai quali
sono corrisposti minimi
miglioramenti neurologici in
contrapposizione a significative
diminuzioni delle concentrazioni dei
metalli.
La protesi d'anca è stata rimossa ad
Aprile 2008 con evidenza
intraoperatoria di metallosi massiva
nei tessuti periprotesici, dato
confermato dall'analisi istologica.
Nelle settimane successive le
concentrazioni dei metalli hanno
iniziato a diminuire gradualmente
confermando l'ipotesi di
intossicazione endogena da
cobalto-cromo. Sebbene all'ultimo
controllo le concentrazioni fossero
ancora molto oltre i valori limite,
il quadro neurologico è risultato
migliorato con la quasi completa
normalizzazione dell'udito e della
funzione motoria mentre la vista ha
avuto miglioramenti meno evidenti.
Nonostante sia noto come
l'esposizione al cobalto possa
determinare effetti biologici
avversi, la rilevanza clinica è
piuttosto controversa poichè il
ruolo del cobalto o delle leghe
cromo-cobalto sui tessuti e organi
umani non è ancora stato chiarito.
In effetti, accanto al ben noto
effetto dell'intossicazione esogena
da cobalto nella genesi di disturbi
tiroidei, cardiaci e respiratori
(questi ultimi non rilevati nella
nostra paziente), gli effetti
tossici sul sistema nervoso centrale
(atrofia ottica, sordità
neurosensoriale e parestesie agli
arti) sono stati descritti
raramente. I
case report presenti in letteratura sono solamente 3 nonostante
l'esposizione endogena a metalli sia
ben documentata in casistiche
cliniche e principalmente correlata
alle protesi metalliche che
producono detriti da corrosione e
rilascio di ioni metallici. Il caso
che presentiamo, caratterizzato da
una esposizione cronica a
cobalto-cromo endogeni a
concentrazioni straordinarie, è
paradigmatico e sottolinea le
potenziali conseguenze che possono
derivare dagli impianti metallici.
Sebbene l'artroprotesi totale e
l'artroplastica di anca siano
procedure molto diffuse praticate
con successo, raccomandiamo un
follow-up a lungo termine e
accurato, indispensabile per
rilevare effetti avversi sistemici
dovuti all'esposizione prolungata ad
elevate concentrazioni di cobalto.
In quest'ottica, oltre alla
valutazione ortopedica,
raccomandiamo vivamente un'attenta
valutazione neurologica e
tossicologica qualora un paziente
portatore di impianto protesico
lamentasse disturbi visivi e/o
uditivi, ipostenia degli arti,
parestesie anche in assenza di
sintomi locali osteoarticolari.
By
http://www.sitox.org/congresso_09/abs_visualizza.php?id=186
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Protesi al seno
Da alcuni decenni esistono impianti
mammari (protesi) per la
ricostruzione e l’aumento del volume
del seno. Le protesi, con l’andar
del tempo, sono migliorate e, oggi,
se ne possono ottenere di diversi
materiali e fatture. Nonostante le
innovazioni in materia, per ogni
paziente si pone il problema dei
vantaggi e degli svantaggi degli
impianti mammari. In particolare la
questione del silicone, negli ultimi
anni, ha fatto sorgere parecchi
dubbi e assillato le donne
direttamente confrontate con il
problema.
L'impianto di protesi mammarie è una
scelta valida o è meglio rinunciarvi
? Quali protesi occorre scegliere ?
Le protesi mammarie hanno una
garanzia ?
Tutti i medici spiegano che la loro
durata è limitata nel tempo, ma cosa
succede se una protesi si rompe
prima del previsto?
Le protesi mammarie sono costituite
da un guscio esterno in elastomero
di silicone, mentre esistono diverse
possibilità di scelta, almeno
teoriche, per quanto riguarda il
materiale di riempimento interno.
Tra i diversi tipi di protesi, le
più note sono principalmente sei:
- protesi mammarie con gel di
silicone
- protesi mammarie con soluzione
salina
- protesi mammarie a doppio lume (
gel di silicone e soluzione salina)
- protesi mammarie con gel di
silicone e rivestimento in
poliuretano
- protesi mammarie con hydrogel
- protesi mammarie con olio di soia
Purtroppo può capitare che tali
interventi vengano effettuati senza
i dovuti e necessari controlli
preventivi o, addirittura, con
scaraa competenza, provocando
gravissime conseguenze, spesso
irreparabili.
Quindi la decisione personale
presuppone una difficile
ponderazione dei vantaggi e dei
rischi.
LA DIATRIBA SUL MATERIALE
BIOCOMPATIBILE PER ECCELLENZA SEMBRA
NON FINIRE MAI
Processo al silicone
Bilancio preoccupante
Un materiale del tutto inerte, che
può essere introdotto nel corpo
senza alcun pericolo. Anzi no, le
protesi al silicone sono all'origine
di molte malattie, forse anche di
tumori. Tempi duri per i due
elementi, ossigeno e silicio, che
insieme danno uno dei polimeri di
maggior successo degli ultimi
decenni, il silicone appunto.
E' sempre più difficile orientarsi
tra i molteplici e contrastanti
messaggi che oscillano tra ottimismo
e allarmismo, notizie di nuove
applicazioni e denunce per
risarcimento danni di quelle in uso
da anni, prime fra tutte le protesi
mammarie. Tutto ciò ha un unico
risultato, quello di generare ansia
e preoccupazioni non solo in coloro
che desiderano acquistare un fisico
da maggiorata (negli Stati Uniti
l'80 per cento del totale), ma anche
e soprattutto nelle donne che devono
ricorrere a una protesi dopo una
mastectomia.
In un ideale processo, l'accusa
trova spazio sulle pagine della
rivista Lancet, che pubblica un
lungo articolo di analisi dei dati
raccolti dal 1989 a oggi sui danni
attribuibili alla sostituzione di
una o di entrambe le mammelle.
Per la difesa, che comunque non è
senza riserve, la parola passa a uno
dei massimi esperti italiani del
settore, il professor Luigi Donati,
direttore del reparto di chirurgia
ricostruttiva dell'Ospedale Niguarda
di Milano.
Un silicone mille polimeri
Ogni processo ha alle spalle una
fase istruttoria: qui si incontrano
le prime, emblematiche difficoltà.
Per sottoporre a giudizio l'imputato
è necessario identificarlo, ma il
silicone ha adottato negli anni
numerose identità, come spiega
Donati: "Ossigeno e silicio possono
formare tanti polimeri diversi e
anche quello utilizzato per una
singola protesi nella maggior parte
dei casi è una miscela: sarebbe più
corretto parlare di siliconi. Le
aziende chimiche forniscono i
dettagli della polimerizzazione, ma
è pur sempre la loro parola, e la
produzione non è sottoposta ad
alcuna forma di controllo da parte
delle autorità sanitarie. D'altro
canto oggi il medico dispone di
un'offerta notevole di materiali, ma
la scelta resta sotto la sua
responsabilità, perché nessuno lo
obbliga a seguire un criterio
accettato da tutti o stabilito da
norme ufficiali. E se l'acquisto dei
materiali è abbastanza controllato
nelle strutture pubbliche, non si
può dire lo stesso per quelle
private".
Le conseguenze di questa ambiguità
di fondo sono venute alla luce in
modo dirompente negli Stati Uniti,
dove ben 1.800 donne si sono
costituite parte civile nella causa
intentata da otto signore al gigante
della chimica Dow Chemical per le
protesi difettose. Nei primi giorni
di dicembre un giudice della
Louisiana ha deciso che solo le otto
donne del primo procedimento hanno
diritto a essere risarcite, perché
ognuna delle altre fa storia a sé e
ha avuto protesi di materiali e
lotti diversi, che hanno causato
malattie differenti in nessun caso
riconducibili a un unico difetto di
produzione. Fa riflettere tuttavia
un'altra sentenza, emessa ancora in
Louisiana alla fine di agosto, che
dichiarava la stessa industria
colpevole di negligenza nella
sperimentazione delle protesi,
avendo mentito sui rischi
dell'impianto e nascosto di
proposito i pericoli connessi alla
sua applicazione. Ora è molto attesa
la seconda fase di questo processo,
che riguarda il risarcimento dei
danni alla parte lesa.
Tutta colpa della protesi ?
Lori Brown, dell'ufficio per la
sorveglianza della salute pubblica
della Food and Drug Administration,
che ha coordinato lo studio di
Lancet, sembra lasciare questa fase
alla difesa, e affila le armi per il
suo vero obiettivo, cioè dimostrare,
quale che sia il polimero
incriminato, che i danni ci sono
quasi sempre.
"Dal 1963, anno delle prime protesi,
a oggi si calcola che circa 2
milioni di donne solo negli Stati
Uniti si sono sottoposte
all'operazione. La percentuale di
quelle che hanno avuto disturbi
secondo le industrie va dallo 0,2
all'uno per cento, ma secondo noi è
molto superiore" parte lancia in
resta Brown, e spiega: "la mammella
artificiale è costituita da un
involucro di silicone, riempito con
un gel anch'esso di silicone. La
capsula si può rompere per diversi
motivi, quali un incidente d'auto o
un trauma meccanico. Spesso la
rottura è causata da operazioni
mediche poco accorte, come
un'eccessiva compressione durante la
mammografia, l'inserimento di un
catetere, l'infusione di un farmaco
nella pleura. Tuttavia, anche in
assenza di un evento traumatico,
l'involucro esterno va
inesorabilmente incontro a
invecchiamento e nei casi più gravi
si disgrega poco a poco. Di solito
dopo un certo periodo il gel
fuoriesce in minuscole goccioline e
provoca i danni più gravi. Negli
Stati Uniti l'iniezione diretta di
silicone nei tessuti è stata vietata
a causa dei disturbi provocati dalla
diffusione del gel nei tessuti
circostanti".
Secondo i medici dell'FDA le
particelle di silicone, una volta in
circolo, potrebbero diffondere in
diversi modi, migrando nel
sottocutaneo fino a provocare ulcere
alle mani o alla zona inguinale,
giungendo ai linfonodi dell'ascella
ma anche alla pleura, alle coste,
alle spalle, ai gomiti, alle braccia
e in alcuni casi al fegato e a tutto
l'addome.
Ma l'accusa più grave resta quella
del tumore al seno. Il sospetto è
quello di una responsabilità
indiretta: sembra infatti dimostrato
che le donne con una protesi tendono
a ignorare molto più delle altre la
presenza di linfonodi, e praticano
con minor scrupolo l'autopalpazione.
A parte i casi limite, di norma i
tessuti circostanti possono reagire
formando dolorosi granulomi, che
vanno rimossi. Continua Brown:
"L'asportazione dei granulomi
comporta sempre una perdita di
tessuto sano, potenziali danni ai
nervi periferici, ulcerazioni,
cicatrici. Inoltre, anche una volta
che la protesi è stata tolta, è
difficile avere la certezza che non
ci sia altro silicone in giro, e si
rischia di dover ricorrere a un
nuovo intervento, oppure di
sviluppare nel tempo
un'infiammazione cronica". L'allarme
diffuso negli Stati Uniti ha spinto
alcuni chirurghi a consigliare di
cambiare in ogni caso la protesi
otto anni dopo l'operazione, ma
Brown, una volta tanto, si mostra
meno drastica: "Consiglierei a ogni
donna che ha un seno al silicone di
sottoporsi periodicamente a una
risonanza, che si è rivelata
l'analisi migliore per individuare
anomalie nella protesi". Nello
studio di Lancet sono state infatti
messe a confronto le più comuni
tecniche utilizzate per individuare
rotture e logoramenti delle protesi:
risonanza, ultrasuoni e mammografia.
Mentre quest'ultima ha una bassa
sensibilità, perché rivela solo il
23 per cento dei casi, ma una buona
specificità, individuando con
precisione l'origine del disturbo
nel 98 per cento degli esami, gli
ultrasuoni arrivano al 65 per cento
di successi, con una buona
specificità (80 per cento). Vince su
tutti la risonanza, che supera il 90
per cento in entrambi i parametri.
La difesa, comunque, non si mostra
impreparata di fronte ad accuse così
circostanziate e pesanti.
Secondo Donati, l'FDA fa il suo
dovere drammatizzando la situazione,
ma l'esperienza di chi, come lui,
ogni giorno aiuta le donne
mastectomizzate a superare meglio
l'operazione e a riacquistare una
vita normale è un po' diversa.
"Proprio in seguito alle accuse
rivolte da più parti abbiamo
istituito un osservatorio sui seni
al silicone" dice il chirurgo
milanese. "Nell'ultimo biennio
abbiamo visto quasi 350 donne: solo
in dieci casi la mammella
artificiale si era rotta, e nessuna
donna mostrava alterazioni
immunitarie.
La conseguenza più grave della
rottura o dell'invecchiamento di una
protesi, infatti, è quella a carico
del sistema immunitario, perché c'è
il pericolo che il silicone, che non
è così inerte come si credeva
all'epoca della sua introduzione,
scateni la produzione di
autoanticorpi. Nella nostra
esperienza, tuttavia, e secondo
molti degli addetti ai lavori, ciò
si verifica solo in donne che
avevano già una compromissione o una
malattia immunitaria precedente
all'impianto.
Questo discorso è valido in
generale: se una persona non sta
bene ha maggiori probabilità di
ammalarsi, a causa di un'infezione
come di una protesi. Inoltre non è
così certo che il silicone invecchi,
ci sono donne operate da più di
dieci anni che stanno benissimo. Per
questi motivi considero una
rischiosa esagerazione l'idea di
sostituire comunque le protesi dopo
meno di dieci anni: dopotutto è un
intervento chirurgico, che va fatto
in caso di reale necessità".
Bilancio preoccupante |
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Lontano dal tramonto
Il dibattimento all'apparenza
termina con una situazione di
parità: se è vero che il silicone
non è, come si è pensato per un
lungo periodo, un materiale
meraviglioso, dalle caratteristiche
ideali, foriero solo di benefici
estetici e chirurgici, è altrettanto
vero che le protesi non scoppiano,
come si sente favoleggiare, né
provocano per forza danni alla
salute. Più che appoggiare una delle
due posizioni, è forse meglio
considerare che anche il silicone,
come tutti i biomateriali, è oggetto
di studi che consentiranno, con ogni
probabilità, di ridurne molto i
limiti.
Anche perché per il momento non si
può fare a meno del polimero, almeno
nella ricostruzione della mammella.
Spiega Donati:
"Si sta tentando di
sostituire il gel interno con oli
vegetali o altre sostanze che, nel
caso fuoriescano, non provochino
danni.
Nessuno dei candidati proposti
finora tuttavia ha le
caratteristiche volute: i gel
sostitutivi sono meno densi e
comportano un rischio maggiore di
diffusione. Si tratta di capire se è
più pericoloso un gel denso, che
fuoriesce più raramente, ma è
costituito da silicone, oppure un
gel più innocuo ma meno denso, che
quasi di sicuro se ne andrà in giro
per l'organismo. Anche se si
trovasse un gel ottimale, la capsula
sarà di silicone fino a quando non
si scoprirà un biomateriale
migliore. Si può migliorare la
struttura dell'involucro, come è
avvenuto quando si è passati da
quelli monocamera a quelli bicamera.
Nei modelli recenti la membrana è
più sottile e doppia, in modo che,
se si rompe uno strato, resta sempre
il secondo ad arginare il gel
interno".
Anche Brown si auspica un progresso
nei biomateriali utilizzati, ma pone
soprattutto l'accento sull'esigenza
di studi controllati su popolazioni
di donne, e non su singoli casi come
quelli descritti fino a oggi.
Schierandosi dalla parte del
cittadino, anzi della cittadina,
conclude lapidaria: "Fino a quando
non sarà stata chiarita del tutto
l'entità e la qualità dei danni
provocati dal silicone, le donne non
potranno considerare tutti i rischi
e i benefici derivanti dall'impianto
di una protesi".
By Agnese Codignola -
Tempo Medico (n. 585 del 18 febbraio
1998)
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darvi la marca delle protesi che
usano, ed a consegnarvi i talloncini
di identificazione che accompagnano
sempre le protesi garantite.
Il risparmio sulla protesi è un
risparmio stupido: alcune portesi di
certe marche senza garanzia, si sono
rotte alla semplice palpazione,
prima di essere impiantate.
L'uso di protesi di questo tipo
espone al rischio,quasi certo, di
dover presto o tardi, rimuovere le
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nuovo intervento, un nuovo costo e
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vedi anche:
Danni da amalgami +
Protesi dentali +
Riposizionamento dell'Atlante
+
Infiammazione +
Disintossicazione
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