PLACEBO
Un mistero della
medicina: i
placebo, farmaci privi di qualsiasi principio attivo,
alleviano i sintomi di alcune malattie su pazienti
all'oscuro della loro inefficacia -
(By ASCA) - Roma, 31 Dic. 2010
I ricercatori di Harvard sono andati oltre e hanno
condotto una nuova sperimentazione: avvisare pazienti
affetti da
Sindrome da intestino
irritabile che il farmaco loro prescritto
era un placebo. Persino la confezione che li conteneva
riportava l'indicazione in etichetta. Il risultato,
pubblicato su
PLoS One, e' che il 59% dei pazienti ha davvero
avvertito un miglioramento
dei disturbi, contro il 35% del gruppo di controllo
che ha ricevuto una pillola inattiva, ma a sua
insaputa."
vedi:
Placebo 2
+
Mente, Coscienza, Cervello
+
Conflitti Spirituali + Legge di Guarigione
+ Mangiare crudo = Crudismo
In un Gene il Segreto dell'Effetto
Placebo
Per la prima volta un gene è stato collegato a uno dei
più grandi misteri della medicina - Roma, 4 dic.
2010 (Adnkronos Salute) : l'effetto placebo, ossia l'incredibile
capacità di alcune persone di trarre beneficio dai
medicinali 'fasulli', privi cioè di principi attivi,
quando pensano che si tratti di farmaci veri. Finora si
credeva che fosse tutto merito della forza della mente.
Ma ora il team di Thomas Furmark dell'università di
Uppsala (Svezia), pubblicato su 'New
Scientists', spiega che il segreto - almeno in
alcuni casi - è in un gene. La ricerca ha coinvolto un
piccolo gruppo di persone, e "a quanto sappiamo è la
prima volta in assoluto che qualcuno collega un gene
all'effetto placebo", rileva Furmark.
Al centro della scoperta c'è il gene che regola la
produzione dell'enzima triptofano idrossilasi-2, chiave
nella sintesi di serotonina, l'ormone del benessere, nel
cervello. Il team di Furmark ha studiato 25 persone,
tutte preda di un disordine noto come ansia sociale,
cioè la paura esagerata di umiliazioni in pubblico.
I volontari dovevano tenere due discorsi pubblici, uno
prima e uno dopo un periodo di "trattamento" con un
farmaco anti-ansia, senza sapere però che si trattava di
pillole fasulle. Ebbene, la metà dei volontari si è
sentita molto meglio dopo la 'cura': per la fine del
periodo di osservazione il loro punteggio relativo ad
ansia e nervosismo era dimezzato. E anche lo scanner
cerebrale ha mostrato un calo del 3% nell'attività
dell'amigdala, il centro della 'paura' nel cervello.
Per capire se in qualche modo i geni avessero un ruolo,
i ricercatori hanno indagato sulle differenze tra il Dna
dei beneficiati dal placebo e quello degli altri. In
particolare, si è visto che otto volontari sui dieci che
hanno risposto positivamente al placebo avevano due
copie della variante G del gene per il triptofano
idrossilasi-2. Una mutazione assente negli altri,
collegata in precedenza ad un'ansia ridotta nei classici
test sulla paura. I pazienti, dunque, senza saperlo
erano geneticamente meglio preparati a risolvere da soli
il loro problema, tanto che il placebo non ha fatto
altro che indurli a utilizzare quest'arma segreta.
Un effetto che, secondo Furmark, potrebbe essere esteso
anche ad altri disordini che coinvolgono l'amigdala,
come fobie, dolori e depressione. In ogni caso, solo
dopo ulteriori studi si capirà se il gene influenza
l'effetto placebo in modo più generale.
Una cautela rilanciata da Fabrizio Benedetti
dell'Università di Torino. "Sappiamo che non c'è un
singolo effetto placebo, ma ce ne sono molti - dice lo
studioso italiano su 'New Scientist' - Alcuni possono
lavorare attraverso la genetica, altri attraverso
l'attesa di una ricompensa".
Tratto da:
http://it.notizie.yahoo.com/7/20081204/thl-medicina-in-un-gene-il-segreto-dell-6a24347.html
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La
frode
del placebo fa vacillare il fondamento stesso della
scienza medica moderna.
Migliaia di test clinici
invalidati....
Sapete di tutte quelle migliaia e migliaia di test
clinici, che vengono condotti da qualche decina d'anni,
che comparano i nuovi farmaci con dei placebo ?
Bene, i risultati di quei test non possono essere
considerati validi perchè gli studi non possono essere
considerati scientifici. E perché ? Perché i placebo
usati nei test non erano incontrovertibilmente
"placebo", rendendo così gli studi scientificamente non
validi.
Questa è la conclusione a cui sono giunti alcuni
ricercatori dell'Università della California, che hanno
pubblicato le loro scoperte nel numero di ottobre 2010
di Annals of Internal Medicine.
Hanno revisionato 167 test basati su placebo pubblicati
su riviste mediche peer-reviewed tra il 2008 e il 2009,
trovando che il 92% di essi non ha mai descritto gli
ingredienti dei placebo utilizzati.
E perché questo è importante ?
Perché si suppone che i placebo siano sostanze inerti.
Ma nulla è inerte, ...
... a quanto è dato sapere. Anche le cosiddette "pillole
di zucchero" contengono zucchero, ovviamente. E lo
zucchero non è una sostanza inerte. Se stai conducendo
un test clinico su persone diabetiche, per testare
l'efficacia di un farmaco anti-diabete rispetto a un
placebo, è ovvio che nel tuo test le pillole di farmaco
risulteranno più efficaci di un placebo se il placebo
che usi è una pillola di zucchero.
Alcuni placebo sono pillole di olio d'oliva, che
potrebbero avere qualche ricaduta sull'apparato
cardiaco. Altri placebo usano olii parzialmente
idrogenati, che nuociono alla salute del cuore.
Soltanto l'8% dei test clinici si sono presi la briga di
elencare gli ingredienti costitutivi dei placebo usati !
Seguitemi in questa puntata sui placebo. perché sta per
diventare ancor più bizzarra.
- Non esistono regole della
FDA riguardanti i placebo
nei test clinici
La FDA (Federal Drug Administration - l'ente
statunitense che approva i farmaci, NdT) non ha mai
stabilito delle norme che riguardano la composizione dei
placebo usati nei test clinici.
Tecnicamente, chi dirige
un test clinico potrebbe usare occhi di tritone o zampe
di lucertola come placebo, e non sarebbe obbligato a far
menzione di tali nefasti dettagli nelle conclusioni del
suo test. Perchè questo causerebbe un bel po' di
problemi.
Sappiamo già che nei test clinici le frodi abbondano.
Molti dei test utilizzati dalle
aziende farmaceutiche per ottenere l'approvazione della FDA per i loro
farmaci, per esempio, sono finanziati dalle stesse
aziende farmaceutiche. Ed è un fatto verificabile che
molti test clinici tendono ad ottenere risultati che
favoriscono gli interessi finanziari dell'organizzazione
che li finanzia.
Quindi cosa mai potrebbe far desistere
Big Pharma dal
progettare il placebo perfetto che nuoce ai pazienti
giusto quel tanto che basta per far apparire il proprio
farmaco migliore nel test comparativo?
Fatto: I placebo vengono di solito forniti dalla stessa
azienda che finanzia il test clinico !
Intravedete un qualche spazio per la frode in questa
equazione ?
- Come le
aziende farmaceutiche possono falsare i test
clinici con placebo selezionati ad hoc
Il comportamento del placebo influenza in modo
significativo l'approvazione o meno da parte della FDA.
In quanto informazione-chiave per le sue decisioni di
approvazione, la FDA vuole sapere se un farmaco funzioni
meglio del placebo. Questa è la prima richiesta !
Se il farmaco è migliore del placebo anche solo del 5%,
viene considerato "efficace" (il che significa che
"funziona"). E questo è vero anche se il placebo è stato
selezionato specificamente per far apparire il farmaco
migliore nel test comparativo.
Come vedete, se non esistono norme o regolamentazioni
riguardanti i placebo, nessuno dei test clinici fondati
su placebo sono scientificamente validi.
E' stupefacente constatare come i ricercatori in campo
medico diventino intransigenti quando attaccano
l'omeopatia, enfatizzando come la loro medicina sia
basata sullo "scientificamente provato!" e quando però
questo fatto viene meno, le loro prove scientifiche sono
solo chiacchiere condite con un po' d'illusione e un
tocco di gergo pseudoscientifico, il tutto incorniciato
nel linguaggio dello scientismo dai membri della FDA che
non riconoscerebbero la vera scienza se inciampassero e
cadessero in un otre pieno di essa.
Big Pharma e la
FDA hanno fondato
l'intero loro sistema di prove scientifiche su una frode
inerente i placebo ! E se il placebo non è un
placebo, la prova scientifica non è scientifica.
Oh, ma aspettate. Loro la chiamano scienza perché
desiderano che il placebo sia un placebo.
Già. I ricercatori clinici oggigiorno sono medium,
sensitivi e cartomanti che semplicemente decretano che
quella pillola di olio d'oliva "sia un placebo !" mentre
compiono con le mani un gesto degno di David
Copperfield.
James Randi può non aver mai visto un sensitivo
trasmutare del piombo in oro, ma ha senza dubbio visto
dottori trasmutare sostanze biochimicamente attive in
materie totalmente inerti, soltanto desiderandolo !
Strabiliante !
E questo mi porta alla parte, veramente interessante,
del "come fare per."
- Come creare il tuo placebo proprio come fanno i
ricercatori...
Stai cercando di capire come creare il tuo placebo
scientificamente valido, approvato dalla FDA ? E' più
facile di quanto pensi.
1 - Trova qualcosa che abbia una forma di pillola. Può
essere una pillola ripiena di olio d'oliva, o di
zucchero, o di olio di palma, o di acqua fluorizzata, o
di gesso da lavagna, o di una sostanza chimica di
sintesi o qualunque altra cosa tu possa immaginare.
2 - Chiudi gli occhi e concentrati.
3 - Questa è la parte fondamentale - Ripeti almeno 5
volte mentre ruoti su te stesso in senso antiorario:
"Sono un ricercatore scientifico che sta praticando la
medicina basata su prove !". Devi ripeterlo fino a che tu
sia veramente e sinceramente convinto di esserlo. Se non
ci credi abbastanza, l'effetto placebo non si
realizzerà.
4 - Avvicina i tuoi palmi aperti verso le tue pillole di
placebo e grida con quanta voce hai in gola: "Ora tu sei
un placebo !".
Puoi sentire un brivido di energia correre
lungo il tuo corpo. Questo è il potere del placebo che
si sprigiona dalle pillole.
Il processo è concluso. Ora puoi utilizzare queste
pillole di placebo in qualunque test clinico e
aspettarti la piena approvazione per questo dai tuoi
colleghi, da celebri riviste mediche e dai burocrati
della FDA. (Non è uno
scherzo. Questo è lo stato dell'arte oggi come oggi
nella medicina
convenzionale).
Anche la speranza ha un ruolo essenziale in tutto
questo. Quanto più speri che i tuoi placebo siano
realmente placebo, tanto migliori saranno i risultati
che otterrai.
Di fatto, nel riportare questo fiasco totale, il
direttore dello studio che ha messo in luce tutto
questo, dr. Beatrice Golomb, sostiene: "Possiamo solo
sperare che questo non abbia seriamente e
sistematicamente colpito i trattamenti medici."
E invece, certamente lo ha fatto. (E a proposito:
nessuna mancanza di rispetto per la dr. Golomb. Merita
rispetto per essere stata disposta ad affrontare questo
argomento, che senza dubbio la renderà molto impopolare
fra i cultori dello scientismo come è praticato oggi dai
ricercatori medici convenzionali.)
- Come perfezionare i risultati del tuo test clinico
Per risultati migliori, prova ad utilizzare la sostanza
placebo più dannosa che puoi. Per esempio, in un test
clinico che coinvolge malati di AIDS -che
tendenzialmente sono intolleranti al lattosio- i
ricercatori hanno usato pillole contenenti... indovinate
un po'? Lattosio !
Questo è un po' come condurre un test clinico su
eroinomani utilizzando l'eroina come placebo, no ? Beh,
in un modo o nell'altro il nostro farmaco funzionerà
"meglio del placebo". Divertente come funziona, vero ?
E se anche non ottenessi i risultati che speri, basta
inventarti i tuoi dati, come fanno altri ricercatori
clinici.
Ricordate il dr. Scott Reuben ? Questo rispettabilissimo
ricercatore clinico falsificò almeno 21 test per
Big Pharma. I suoi test clinici fraudolenti vengono ancora
citati per vendere farmac i!
Diamine, a chi serve un placebo se puoi inventarti i
dati ?
Provate a riflettere su questo, a chi serve la scienza
se si può usare qualunque cosa e chiamarla placebo, in
primo luogo ?
La medicina
convenzionale opera test clinici nello stesso modo
in cui banche e società di intermediazione finanziaria
gestiscono i documenti per i mutui !!!
Si inventano man mano i dati che gli servono,
commettendo crimini ogni giorno sperando che nessuno se
ne accorga. A riguardo, leggete questa sorprendente
storia intitolata "The Perfect No-Prosecution Crime" :
http://usawatchdog.com/the-perfect-no-prosecution-crime/
- Dove sono gli scettici quando la frode scientifica
viene da
Big Pharma ?
Seriamente, devi semplicemente amare la situazione
odierna della scienza medica. Non ho mai osservato un
gruppo più divertente di idioti assicurarsi l'un l'altro
di essere tutti così scientifici mentre praticano gli
imbrogli più inimmaginabili.
Quel che avviene oggi in nome della sperimentazione
clinica di
Big Pharma rende in confronto sensitivi e
cartomanti decisamente più portati per la scienza.
Fanno davvero stupire questo cosiddetti "scettici", vero
?
Se sono scettici sull'omeopatia, sui tarocchi, sui
medium psichici e sulla gente che sostiene di poter
levitare, posso almeno capire il bisogno di porre
domande difficili su tutte queste cose. Anch'io faccio
domande difficili, specialmente quando la gente mi dice
di aver visto fantasmi o spiriti ritornare dal regno dei
morti o altri fenomeni inesplicabili. (E ho appena
pubblicamente denunciato la cosiddetta "chirurgia
psichica" che è evidentemente poco più che destrezza di
mano unita a un po' di sangue animale.)
Ma scettici più convenzionali non sono mai usciti dai
confini della loro "zona di sicurezza" di argomenti
popolari per i quali lo scetticismo si può esprimere in
tutta sicurezza.
Non osano fare domande scettiche riguardo la scienza
ciarlatana a sostegno dell'industria farmaceutica,
giusto per fare un esempio. Né faranno domande difficili
sui vaccini, o sulla mammografia, o sulla chemioterapia.
E ti sarebbe difficile trovare qualcosa di più ricco di
vera e propria ciarlataneria fraudolenta che l'industria
farmaceutica com'è oggi gestita (e la branca che si
occupa del cancro in particolare).
Ecco perché sono scettico riguardo gli scettici. Se uno
scettico non pone domande sulla pseudoscienza facilona
praticata da
Big Pharma, non ha alcuna credibilità come
scettico. Non si può essere scettici selettivamente su
alcune cose, ma poi fare finta di niente riguardo altre
truffe solo perché sono sostenute da aziende
farmaceutiche.
Ma torniamo un attimo su quello studio.
Abstract dello studio:
"What's in Placebos: Who Knows? Analysis of Randomized,
Controlled Trials" ?
http://www.annals.org/content/153/8/532.abstract
("Cosa c'è nei placebo: chi lo sa ? Analisi di test
controllati randomizzati")
Background: Nessuna regolamentazione disciplina la
composizione dei placebo. La composizione dei placebo
può influenzare i risultati di un test e merita di
essere riportata.
Scopo: Valutare quanto spesso i ricercatori specificano
la composizione del placebo in test randomizzati basati
su placebo.
Sintesi dei dati: gran parte degli studi non esplicitano
la composizione del placebo utilizzato. La dichiarazione
della composizione risulta meno comune per le pillole
rispetto alle iniezioni e altri trattamenti (8,2% contro
il 26,7%).
Conclusioni: I placebo sono stati raramente descritti in
studi randomizzati e controllati di pillole o capsule.
Poiché la natura del placebo può influenzare i risultati
dei test, la formulazione dei placebo dovrebbe essere
dichiarata nella documentazione dei test basati su
placebo.
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Mostrare
immagini rilassanti della natura, insieme a suoni
armoniosi puo' abbassare la percezione del
dolore nei pazienti sottoposti a trattamenti
invasivi. Lo dimostra un esperimento condotto da
ricercatori della
Johns Hopkins University.
I ricercatori hanno organizzato due gruppi di pazienti
sottoposti alla
biopsia del midollo osseo:ad un gruppo sono state
mostrate immagini e suoni delle
Cascate Vittoria, ad un altro di citta' affollate:
per questi ultimi la percezione del dolore era
maggiore.
ANSA - Roma, 22 Ott. 2010
“Il più vecchio e
spettacolare episodio di alternanza, nella stessa
persona, di un effetto placebo e del suo contrario
nocebo, pubblicato nella letteratura scientifica, è
quello descritto nel 1957 da Bruno Klopfer, psicologo
tedesco.
Un signore di nome Wrigth, affetto da un tumore a uno
stadio avanzato, chiese al suo medico curante di essere
trattato con un farmaco sperimentale. Dopo un’unica
iniezione “il tumore si sciolse come una palla di neve
su una stufa bollente” scrisse il medico nella cartella
clinica.
Poco tempo dopo, il signor Wright, ormai ristabilito,
lesse casualmente un articolo che parlava
dell’inefficacia di quel farmaco nei tumori. Wright
peggiorò di lì a pochi giorni. Agli esami presentò
metastasi. A quel punto il medico iniettò al paziente
dell’acqua raccontandogli di aver ricevuto una nuova
versione del farmaco stavolta efficace. Le metastasi
scomparvero !
Non sappiamo come andò a finire la storia di Herr
Wright, ma sappiamo che negli ultimi cinquant’anni sono
stati pubblicati più di cento lavori clinici e
sperimentali per cercare di comprendere ciò che è
incontrovertibile: il manifestarsi di effetti positivi o
negativi nella fisiologia di una persona che ha ricevuto
acqua fresca credendo fosse un farmaco, oppure che è
stato oggetto di buone o cattive parole….”
Nelle stesse pagine si possono leggere altri
interessanti articoli tra i quali quelli che riguardano
le dichiarazioni rilasciate dal neuroscienziato Jack
Gallant, dal prof. Fabrizio Benedetti, massimo esperto
di placebo, docente di fisiologia all’Università di
Torino e direttore del laboratorio dell’Istituto
Nazionale di Neuroscienze situato situato al Plateau
Rosa ecc. - dalle pagine Neuroscienze -
http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/genetica-epigenetica/
“Nocebo di massa”: una volta
le chiamavano isterie collettive.
La più recente è quella descritta da universitari cinesi
che ha riguardato la contea di Heishn interessata nel
2005 dal fenomeno dell’influenza aviaria.
Dopo la diffusione della notizia, nel giro di tre
giorni, il 100% aveva la febbre. Ma le analisi hanno
escluso che fosse aviaria e che quell’epidemia
dipendesse da un microorganismo. Un effetto nocebo di
massa.”
(dr. Francesco Bottaccioli – sito simaiss.it)
http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/vaccinazioni/
“E’ universalmente noto che
in circa il 98% dei pazienti, ai quali viene eseguita
una radiografia, nel giorno della diagnosi di cancro non
si riscontra alcuna “metastasi polmonare”. Ma in quel
giorno al paziente viene anche detta tutta la presunta
“verità”.
Per la maggior parte di loro si tratta, come essi stessi
dicono, di un terribile shock. Alcuni si riprendono
perché, ad esempio, hanno delle persone care vicine. Nel
30-40% dei casi con la medicina classica troviamo degli
adenocarcinomi polmonari già a partire da tre a quattro
settimane più tardi….
Negli animali non vediamo simili “metastasi polmonari”
Il primario di Klagenfurt in una conferenza a cui ero
presente nel 1991 disse: “Il dott. Hamer dice che gli
animali hanno la fortuna di non capire quanto dicono i
primari (qui si intende la prognosi) e per questo motivo
non hanno metastasi”
La mia risposta fu: “Professore, per la prima volta oggi
lei mi ha citato correttamente. Sembra che lei stia per
capire la Nuova Medicina” (R.G. Hamer – “Testamento per
una Nuova Medicina” ed. 2003 – pag. 397)
http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/medicina-nuova-medicina/
By Paola Botta Beltramo - meil:
rebelt1@fastwebnet.it
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Placebo senza inganno - 23 Dic. 2010
L’effetto placebo, come è noto, gioca sull’inganno.
Eppure, secondo uno studio pubblicato su
PloS One e condotto da Ted Kaptchuk dell’Harvard
Medical School (Usa),
agisce anche quando il paziente sa che non ha
alcun effetto terapeutico.
In
medicina si
parla di effetto placebo quando la risposta
dell’organismo a una terapia non dipende dai principi
attivi della terapia medesima, bensì dalle attese del
paziente. I placebo sono utilizzati come farmaci di
controllo nei test clinici per provare l’efficacia di
nuove medicine, ma i loro effetti possono essere
importanti.
Per scoprire se l’efficacia terapeutica di un placebo si
preservi anche quando il paziente è a conoscenza della
sua vera natura, i ricercatori statunitensi hanno
condotto una sperimentazione con 80 persone affette da
sindrome del colon irritabile, un disordine della
funzionalità intestinale.
Metà del campione non ha ricevuto alcuna cura, l’altra è
stata trattata con una terapia placebo che consisteva in
due pillole zuccherate da prendere due volte al giorno.
Nonostante i medici abbiano chiaramente detto ai
pazienti che le pillole non contenevano alcun principio
attivo, i risultati raccolti dopo 3 settimane di studio
si sono rivelati interessanti.
Il 59% dei pazienti “curati” con placebo riportava un
alleviamento dei sintomi, contro il 35% dei pazienti
appartenenti all’altro gruppo. Inoltre, il placebo ha
migliorato le condizioni generali del paziente con la
stessa velocità di una reale terapia. Il risultato dovrà
essere verificato con altri trial; lo studio suggerisce,
però, che l’effetto placebo non si debba alla
convinzione del paziente, ma al rituale medico di per
se.
By Martina Saporiti - Fonte:
Plos One
Tratto da galileonet.it
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Pillole di zucchero che cancellano
colite o mal di testa, acqua distillata antidolore,
finta agopuntura - con aghi retrattili che non
lasciano il segno - efficace quanto quella vera: e se l'effetto
placebo fosse una terapia ?
Se potesse ispirare un modo
nuovo di fare medicina ?
A lanciare il sasso è un'ampia rassegna pubblicata su "Lancet",
in cui un gruppo di ricercatori, tra cui Damien Finniss
dell'Università
di Sidney e il neurofisiologo italiano Fabrizio
Benedetti, suggeriscono che il "niente" possa davvero
curare.
Come sembra oggi confermare uno studio realizzato da
Carlo Porro dell'Università
di Modena e Reggio Emilia - oggetto di un articolo
di prossima pubblicazione - dal quale emerge che
l'effetto placebo riduce la percezione del dolore
intervenendo direttamente sui circuiti cerebrali che ne
stanno alla base.
"Abbiamo cominciato da poco a studiare le basi neurali
dell'effetto placebo", spiega Porro. E molti ricercatori
non amano sentirsi ricordare che ogni farmaco, anche il
più efficace, può agire almeno in parte grazie
all'effetto placebo. "Anche se spesso nelle
sperimentazioni i ricercatori tengono conto di questa
possibilità", spiega Benedetti. Che all'argomento ha
dedicato un saggio pubblicato da Oxford Università
Press, "Placebo Effects. Understanding the mechanisms in
health and disease".
Ma l'impatto vero del placebo emerge quando si esce dal
mondo dei laboratori e delle sperimentazioni. Per
valutarne - come negli studi di cui si rende conto su "Lancet"
- l'effetto sui pazienti. "Che nasce da una
contraddizione intrinseca, dato che per definizione",
osserva Benedetti, "il placebo è un elemento inerte".
Rappresentato da una sostanza - pillole di zucchero o
fiale di acqua distillata – una manovra chirurgica, un
finto ago da agopuntura. Ma anche, o soprattutto, dallo
scenario che si costruisce intorno al trattamento, e dal
rapporto medico paziente.
"Le interazioni psico-sociali sono fondamentali per
l'evoluzione della modulazione cognitiva del dolore, e
quindi per l'esito clinico", spiega Porro: "Non possiamo
pensare che un distributore automatico di farmaci
funzioni come un medico attento e premuroso in camice
bianco".
A confermarlo, una serie di studi che mostrano come una
terapia antidolorifica somministrata all'insaputa del
paziente risulti molto meno efficace della stessa
terapia, ma assunta con il supporto e la presenza
attenta del personale sanitario.
Non solo: durante alcune sperimentazioni è stato detto
ai pazienti che la sostanza che assumevano avrebbe
potuto essere indifferentemente un placebo o un farmaco,
e si è visto che questa informazione ha condizionato la
risposta alla terapia. "Sappiamo che più il paziente
riceve spiegazioni convincenti, più la terapia è
efficace. Anche quando si tratta di un vero farmaco",
ricorda Porro.
"Oggi la medicina tende a concentrarsi sulle cause
molecolari e biochimiche della malattia, guarda meno
all'aspetto umano e psicologico. Ma stiamo cominciando a
capire che la psiche gioca un ruolo importante sulla
malattia", prosegue Benedetti. Secondo Ellen Langer,
docente di psicologia ad Harvard e un'autorità degli
studi sulla mente e la consapevolezza, il placebo è "un
meccanismo che, convincendoci che staremo meglio, attiva
le potenzialità del nostro organismo".
Gli studi sul dolore aiutano a capire come questo possa
accadere."L'analgesia da placebo mostra come aspettative
o credenze possono influenzare la percezione del
dolore", spiega Porro:"Abbiamo visto chiaramente che
l'assunzione del placebo riduce l'attività di aree
cerebrali che rispondono agli stimoli dolorosi, in modo
coerente con la riduzione di dolore riportata dal
soggetto". È la prima volta che da uno studio emerge
così chiaramente il parallelo tra riduzione del processo
sensoriale che genera i segnali alla base del dolore
(effetto del placebo), e riduzione dell'intensità
percepita del dolore stesso".
Altri studi mostrano che il niente che cura funziona
anche attraverso l'apprendimento sociale, grazie a un
meccanismo neuronale che i ricercatori definiscono
"specchio": se vediamo qualcuno che trae beneficio da
una terapia, quando ci viene somministrato qualcosa di
apparentemente identico ci sentiamo meglio, anche se si
tratta di un placebo. E gli scienziati hanno osservato
che questo accade grazie all'attivazione delle stesse
aree della corteccia cerebrale che si è scoperto essere
responsabili dell'effetto placebo. Per questo, spiega
Porro, "la seduta del dentista o le medicazioni in
ambulatorio sono più dolorose se mentre aspettiamo in
sala di attesa sentiamo che qualcuno urla o si lamenta.
Un dato di cui medici e personale
sanitario dovrebbero tenere conto".
By Simone Fanti - Tratto da: Espresso
Commento
NdR: tutto a dimostrazione di quanto sia potente la
nostra mente
quando e' utilizzata anche ai fini della salute e/o
della malattia....
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Uno
studio choc dimostra che infusi, pillole (farmaci) e
Placebo,
hanno lo stesso effetto terapeutico !
L’erba
di s. Giovanni (iperico) è utile contro la
depressione
Lo
studio sull’iperico è stato pubblicato su “Jama”, dal quale si
evince che quel rimedio erboristico fa passare completamente il malumore
ad un quarto (25%) di coloro che l’assumono, come la sertralina
(farmaco) che è un noto antidepressivo di “ultima generazione”, molto
utilizzato con il quale è stato paragonato !
Lo
studio però comprendeva parallelamente anche il “placebo” che fornito
MIGLIORI risultati sui
depressi, addirittura il 32%, ancor più del farmaco e del rimedio erboristico !
Le cosa cambiano anche a
seconda del tipo di farmaco-rimedio, del colore della
pillola, o della grandezza della stessa.
Si e' controllato questo
effetto (positivo) persino per le operazioni chirurgiche
(finte, ma preparate con cura come scenografia esterna,
presenza di operatori, macchinari, attrezzi chirurgici
ecc. - vedi lo studio fatto ed ancora in essere a
Vancuver (Canada).
Per cui si evince e dimostra
anche la GRANDE e Preponderante azione - presenza - del
"guaritore", terapeuta, medico, nel
condizionamento =
induzione all'azione del placebo, del soggetto.
NON si vede quindi, se non
per paura di perdere "il posto" ed il controllo=potere
delle coscienze dei cittadini...da parte dei medici e
della medicina
allopatica ufficiale, l'accanimento contro coloro
che pur non essendo medici operano (senza truffare
e/o spillare molto denaro ad un soggetto, salvo chiedere
le tariffe giuste per le consulenze) con l'effetto
Placebo, se non con il voler perpetuare la
Dittatura sanitaria nel mondo...!!
Comunque questi
studi la dicono lunga su quanto sia difficile discernere la realtà
dell’efficacia dei “rimedi e farmaci” rispetto ai
poteri di auto
guarigione (consci od inconsci) del soggetto malato, cioe' desiderio di
guarigione + auto convincimento od
induzione=condizionamento, da parte del medico, del
terapeuta, del "guaritore" = recupero della salute !
mediante meccanismi psico biologici ben precisi:
Il pensiero (Spirito)
dell'Ego/IO condiziona la
mente (esempio: cambiare
Etica
=Comportamenti) ed essa il
cervello il quale crea un'azione biochimica =
produzione di
Endorfine +
Dopamina che a caduta innesta tutti gli
altri processi chimici per arrivare fino
all'eliminazione del dolore e/o della
malattia.
Di fatto si tratta di vedere e controllare come il
malato si sente nella propria pelle, anche dopo
anni dall'effetto Placebo.
Cosa
che e' gia' stata fatta, dimostrando che l'effetto e'
duraturo e cio' anche con malattie molto gravi.
Da studi di controllo e' stato verificato che l'effetto
Placebo ha un'efficacia attorno al
30 % !!
La
convinzione o l'induzione da parte del medico e/o del terapeuta e/o del
"guaritore", che basta una pillola od un rimedio, fa scattare il
meccanismo
della guarigione in tutti i soggetti malati!
L’azione
di marketing industriale
farmaceutico, con le campagne pubblicitarie
bugiarde….che hanno per decenni reclamizzato ……che basta la pillola
per guarire….., ha prodotto la perdita dell'effetto placebo nel 68% in coloro che non
rispondono piu' a questo naturale meccanismo, il potere di
auto guarigione,
con l'effetto Placebo.
L’effetto
placebo (che genera l’auto convincimento - indotto o meno - di aver “assunto” qualche
cosa per guarire) è stato anche controllato nelle sue azioni cerebrali
con apposite apparecchiature (in genere Tac), ed ha dimostrato che esso modifica
profondamente gli stessi centri
- malati - che dovrebbero essere bersaglio dei farmaci/rimedi.
Questo
studio dimostra come è impossibile dimostrare l’efficacia dei farmaci
antidepressivi e dei rimedi contro la depressione, inficiando ovviamente
la credibilità dell’utilità dei farmaci e dei rimedi.
La
depressiodepressione.htmne ha cause fisico e psichiche (mal di vivere od ansia del
vivere) che comunque vanno
ricercate e rimosse e che in genere partono da problemi fisici legate
all’utilizzo di vaccini,
farmaci,
amalgami dentali ed alimentazione inadatta, che
alterando la flora batterica generano a loro volta gravi problemi di malNutrizione intestinale e cellulare.
Ricordiamo che le alterazioni degli
enzimi, della
flora, del
pH digestivo e e della mucosa intestinale
influenzano la salute, non soltanto a livello
intestinale, ma anche a distanza in qualsiasi parte
dell'organismo.
vedi
Nutrizione cellulare
Sull’
effetto placebo,
che gioca un ruolo importante anche nella
medicina allopatica. "Non è,
come molti sostengono, un fenomeno psicologico"
spiega Jon Kar Zubieta, docente di psichiatria e
radiologia all’ University
of Michigan. "E’
un fenomeno fisico scientificamente dimostrato e
documentato dalle tecniche di diagnostica per
immagine, come la PET (tomografia a emissione di
positroni) e l’MRI (risonanza magnetica), che
fotografano in tempo reale l’attività cerebrale".
La ricerca ha dimostrato che
la trasmissione delle sensazioni spiacevoli. che in
medicina spesso corrispondono ai malesseri, è una
staffetta chimica che, dalle terminazioni nervose
presenti nel corpo e sugli organi, passa l’informazione
di cellula in cellula fino al cervello, dove le
sensazioni vengono etichettate come "dolore", "prurito",
"nausea", "freddo", "caldo" ecc.
Questo sistema è detto sistema nocicettivo, cioè
della percezione delle sensazioni sgradevoli.
Parallelamente, però, ne esiste un altro, detto
antinocicettivo, che contrasta le sensazioni
sgradevoli. Qui gli attori sono le endorfine, sostanze
simili all’oppio prodotte naturalmente dal cervello
nelle zone deputate alla percezione delle sensazioni
sgradevoli, che si inseriscono nella staffetta chimica
nocicettiva riducendo o addirittura bloccando la
diffusione dei messaggi negativi. In particolare alcuni
recettori sono gli stessi sui quali agiscono i farmaci
antidolorifici le droghe.
Insomma, non importa molto che cosa s’inserisce in
questi recettori, l’effetto è sempre stesso: le
sensazioni spiacevoli riducono.
Indagine Usa, 45% medici
ha curato con placebo
3 gen. 2008 (Adnkronos Salute)
Sono interventi medici da cui non ci si attende alcun
effetto, perchè non dovrebbero scatenare nessun
meccanismo fisiologico. Ma sono in grado di mettere in
moto reazioni psicologiche da parte del paziente. A
utilizzare almeno una volta i "placebo" nella pratica
clinica è stato il 45% degli internisti di Chicago
(Usa), 466 dei quali sono stati intervistati da
ricercatori dell'ateneo della Capitale del Midwest per
un'indagine pubblicata sul 'Journal of General Internal
Medicine'.
Il placebo viene impiegato in medicina fin dai tempi
antichi e oggi è impiegato per sperimentazioni sui
farmaci, ma anche nella pratica quotidiana. All'interno
del campione di "camici bianchi" americani che ha
confermato di farne uso, il 34% considera il placebo
"una sostanza che può aiutare senza nuocere al
paziente"; per il 19% si tratta comunque di "un
farmaco", mentre il 9% è convinto sia "un medicinale
senza specifici effetti".
Fra chi invece non ammette di utilizzare questa
soluzione, il 12% è convinto che bisognerebbe
addirittura vietarla categoricamente, soprattutto
perchè certo del fatto che la reazione psicologica di un
paziente possa ripercuotersi sulla sua salute. Proprio
per questi motivi, suggeriscono i fautori del no,
una valida alternativa all'uso del placebo potrebbe
venire da meditazione, yoga, tecniche di rilassamento e
preghiera.
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Effetto
PLACEBO tra scienza e mistero
Intervista a
Fabrizio Benedetti sullo strano effetto e sulle sue
implicazioni
Tredici fatti
incomprensibili che resistono alle spiegazioni degli
scienziati. Tredici strane osservazioni a cui è dedicata
la copertina del numero del 19 aprile 2005 di New
Scientist. Ad aprire l'elenco, prima dei messaggi
alieni, della fusione fredda o degli oggetti giganti ai
limiti del sistema solare, c'è l'effetto placebo:
l'acqua che cura (o lo zucchero, secondo i casi).
In primo piano nel racconto
di New Scientist, insieme al placebo, è Fabrizio
Benedetti, neurofisiologo dell'Università di Torino.
Come raccontato da Tempo Medico nel numero 736
dell'11 aprile 2002, già da molto tempo lo scienziato
italiano si dedica a capire perché in alcuni esami
clinici le sostanze farmacologicamente inattive possono
avere la stessa efficacia terapeutica dei farmaci di cui
rappresentano il controllo negativo. Tempo Medico
ha chiesto al protagonista di raccontare i misteri e le
novità sull'effetto placebo.
Tredici misteri scientifici e in prima
fila l'effetto placebo: cosa c'è di così enigmatico
nell'oggetto del suo lavoro di ricerca ?
In realtà non si tratta di
un lavoro tanto misterioso. Il mio gruppo di ricerca si
occupa da dieci anni dell'effetto placebo. Insieme ad
altri gruppi che se ne interessano nel resto del mondo
sono stati chiariti molti aspetti di questo fenomeno.
Forse quello che c'è di suggestivo nell'effetto placebo
è che si sta rivelando un modello ideale per studiare il
rapporto mente-cervello. Questa è la vera sfida dal
connotato un po' misterioso: come può accadere che
un'aspettativa mentale umana si traduca in un meccanismo
cerebrale fisiologico e misurabile?
E a che punto siete in questa "sfida" ?
La domanda è ancora senza
risposta, noi però continuiamo a occuparci dell'effetto
placebo da almeno tre punti di vista distinti: ne
studiamo i meccanismi neurofisiologici di base,
cerchiamo di mettere a punto protocolli sperimentali per
verificare l'efficacia dei farmaci che non ne contengano
il vizio di forma (e così indirettamente studiamo quello
che si potrebbe definire "effetto placebo senza
placebo") e proviamo ad applicarne i vantaggi
terapeutici nella pratica clinica. L'articolo di New
Scientist riprende il primo punto della nostra ricerca,
le cui ultime novità sono pubblicate su Nature
Neuroscience, nel numero di giugno 2004.
In particolare
gli studi riguardano la terapia del dolore e la cura del
morbo di Parkinson.
Le sue ricerche hanno mostrato l'effetto
placebo anche su alcune malattie neurodegenerative.
Quali in particolare ?
Nel caso del Parkinson
abbiamo provato a trattare alcuni pazienti per diversi
giorni con farmaci che riducono sintomi come la rigidità
e i tremori. Si tratta di sostanze (per esempio L-Dopa e
apomorfina) che imitano l'azione della dopamina, il
neurotrasmettitore dall'azione calmante carente in
questi malati. Senza avvertire i pazienti, a un certo
punto abbiamo sostituito queste sostanze con una
soluzione salina priva di farmaci e nello stesso tempo
misurato l'attività di alcuni neuroni del nucleo
subtalamico, la regione iperattiva nei pazienti affetti
da Parkinson. Con il placebo i pazienti mostravano sia
il miglioramento motorio sia la riduzione dell'attività
neuronale: la soluzione salina produce davvero qualcosa
a livello cerebrale.
E a proposito della terapia del dolore ?
Abbiamo dimostrato che nella
terapia del dolore con morfina il placebo induce la
produzione di oppioidi endogeni, le endorfine. Infatti
il trattamento con un antagonista degli oppioidi, il
naloxone, produce gli stessi effetti di annullamento
dell'efficacia della terapia indipendentemente dal fatto
che il paziente stia assumendo la morfina o il placebo.
Dunque una base biochimica del fenomeno esiste, ma come
la mente la attivi resta un mistero.
Nel frattempo però possiamo
sfruttarla per migliorare le cure. Da qui la terza linea
di ricerca che citavo prima: approfittare dell'effetto
placebo per diminuire le dosi dei farmaci e quindi
ridurne gli effetti collaterali e la probabilità di
assuefazione.
Se il placebo funziona quanto la morfina,
si può immaginare una terapia in cui a giorni alterni si
somministrano il farmaco e il placebo, riducendo del 50
per cento le dosi di morfina.
Relativamente al secondo filone di cui si
occupa il suo gruppo di ricerca: può spiegarci cosa
significa studiare l'effetto placebo senza il placebo ?
Gli ultimi dati che abbiamo
raccolto sono pubblicati sul numero di Lancet
Neurology di novembre 2004.
Abbiamo provato a trattare alcuni pazienti, affetti da
varie forme di dolore, da ansia o dal morbo di Parkinson,
con farmaci attivi in due modi: avvertendo il paziente o
somministrandogli il farmaco a sua insaputa,
automaticamente attraverso un computer.
Il principale
risultato ottenuto è che il farmaco è meno efficace
quando il paziente è totalmente all'oscuro del
trattamento, mentre aumenta la sua efficacia quando è
somministrato in modo consapevole, seguendo la pratica
medica tradizionale.
Riteniamo che le differenze nei due
protocolli terapeutici siano determinate dall'effetto
placebo, un effetto che in questo caso si produce senza
che alcuna sostanza placebo sia somministrata al
paziente.
L'uso della somministrazione
nascosta dei farmaci può rappresentare la base per
mettere a punto protocolli di sperimentazione privati
della componente psicologica. Inoltre i risultati
confermano che il solo fatto di sottoporsi a una forma
qualunque di terapia giova ai pazienti. Recarsi dal
medico, essere visitati, ottenere una prescrizione,
seguire le indicazioni ricevute, ha un effetto
psicologico sul malato che ne rafforza le capacità di
guarigione.
La minore efficacia dei trattamenti nascosti indica che
la consapevolezza della cura ne influenza la possibilità
di successo e riporta in primo piano l'importanza del
rapporto medico-paziente.
By Anna Piseri
-
Tempo
Medico n. 794 - 17 maggio 2005
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
La
guarigione psicologica. Il
riscontro sul reale, testimonia
la validità dell'effetto placebo
Insomma:
medicine non convenzionali, o no ? Viene tirato in ballo
il diritto del paziente a curarsi come preferisce, ma di
certo nessuna società può permettersi il lusso di
lasciar morire i suoi membri: le mode vanno e vengono,
le responsabilità civili e penali restano, oltre ai
costi sociali inaffrontabili che ciò comporta.
Le evidenze scientifiche, allo stato attuale delle
conoscenze, sono tutte contro i farmaci e le terapie non
convenzionali, anche se, valutate secondo un
doverosamente rigido metro di giudizio, anche le terapie
convenzionali abbracciano un ampio spettro che va dal
salvifico all'assolutamente letale, passando attraverso
vari gradi di inutilità. In ambo i casi ci sono da
considerare enormi interessi commerciali: chi trae
profitto da questi mercati vuole sopravvivere, e quindi
cerca di inclinare la bilancia a proprio favore. Se poi
non gioca in tutti e due i campi, per sicurezza.
Il Royal London Homoeopathic Hospital di Londra effettua
quasi 30.000 visite l'anno, in esclusivo regime
omeopatico, ed è sponsorizzato dalla Corona: non
sembrano esservi problemi, anzi, la spesa a carico del
S.S.N. britannico si è rivelata molto contenuta.
Effetto placebo ? Può essere. Intanto, però, la gente
guarisce davvero, e se un effetto placebo a conti fatti
guarisce quasi tanti pazienti quanti i farmaci, forse
sarebbe il caso di studiarne meglio i meccanismi.
E' ormai assodato, ad esempio, che non si tratta
solamente di immaginazione: il corpo del paziente, sia
esso un adulto, un bambino, un animale o addirittura una
pianta (non si sa in che modo), reagisce alle cure
quando si accorge, si convince di essere curato. E si
attiva un processo, spesso efficace, di
autoguarigione.
Commento
NdR: La Medicina Naturale insegna che i rimedi
e/o gli infusi
NON bastano da soli
per instaurare i processi di
guarigione corporea, ma occorre effettuare
varie tecniche naturali, da essa insegnata, e ciò contemporaneamente e/o
successivamente all’assunzione dei rimedi e/o infusi.
NON
è il farmaco, rimedio e/o infuso che guariscono, ma è solo l’insieme
di varie tecniche oltre all'aspetto
Psicologico=Spirituale (la
ricerca della via della guarigione) che obbligatoriamente debbono essere messe in pratica su
se stessi, ciò che serve per ottenere l’effetto sperato, e/o per
mantenere la salute !
Consiglieremmo anche di controllare e ricercare le
possibili ed eventuali Nanoparticelle esistenti che
possono influire sui processi dell'effetto placebo !
Comunque
una cosa e' assodata e DIMOSTRATA l'efficacia
dell'effetto Placebo e' una
certezza !
vedi Protocollo della Salute
+ Uomo
PsicoBioelettronico
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Anche i Medici
allopati utilizzano l'effetto Placebo
21 Gennaio 2007. Una giovane studentessa di
medicina dell'Universita' di Chicago, Rachel Sherman, si
e' impegnata in un'indagine per valutare la frequenza
delle prescrizioni di placebo, ossia di medicine
inattive, e i motivi che spingono i medici statunitensi
a usarle. Con l'aiuto di un suo professore, ha inviato
un questionario a 466 specialisti di medicina interna
dei tre maggiori centri ospedalieri universitari del
Michigan. I risultati sono su "Journal of General
Internal Medicine" di gennaio 2008.
La cosa sorprendente e' che il 45% dei medici
ospedalieri interpellati utilizza le virtu' del placebo.
Lo fanno quando le lamentele dei pazienti sono imprecise
o le richieste di medicine "ingiustificate", oppure per
controllare il dolore.
E' evidente la capacita' di autoguarirsi delle persone,
il che spiega tanti fenomeni di guarigione attribuiti ai
cosiddetti miracoli.
By Primo Mastrantoni, segretario Aduc.
Rachel Sherman, a 4th
year medical student at the University of Chicago's
Pritzker School of Medicine, and Dr John Hickner, a
professor of family medicine, at the University of
Chicago and University of Chicago Medical Center.
http://www.medicalnewstoday.com/articles/93003.php
Commento NdR: e
perche' dovrebbero utilizzarlo solo i
medici e non i
terapeuti e/o i "guaritori"....e chi l'ha detto ?...perche'
nella realta', e cio' nel mondo soprattutto occidentale,
la medicina ufficiale PERSEGUITA i non medici, per paura
di perdere il potere (commerciale e psicologico) sulle
coscience+mente+corpi degli esseri viventi, per cui ha
generato e cerca di mantenere la sua
DITTATURA
SANITARIA con OGNI
MEZZO, come nel periodo dell'Inquisizione,
essa accende i fuochi e cerca di "bruciare" chi
non e' all'interno della "CASTA"
e quindi della forma di "monopolio" che essa
stessa ha generato e gestito fino ad oggi...ma il
tempo fara' cadere e sparire queste "caste" che
dovranno, all'evidenza dei FATTI scomparire ed
essere sostituite dall'amore
per la guarigione dei malati, fornendo loro le
indicazioni ed i fondamenti della
Medicina Naturale.
Importante:
….pur segnalando in questo portale
www.mednat.org le gravi anomalie (anche criminali)
della Sanita’ Mondiale gestita dalle
Lobbies farmaceutiche e
dei loro “agenti-rappresentanti”
inseriti a tutti i livelli, Politici e Sanitari nel
Mondo intero, vogliamo anche ricordare e spendere
per Giustizia delle parole per gratificare e
ringraziare quei centinaia di migliaia di
medici (quelli in buona
fede) che, malgrado le interferenze degli
interessi di quelle
Lobbies, incessantemente si prodigano
ogni giorno aiutare i malati che a loro si rivolgono
e che con i progressi delle apparecchiature
tecnologiche per la diagnostica e delle
tecniche interventive, stanno facendo
notevoli progressi e raggiungono per essi risultati
ed effetti benefici, che fino a qualche anno fa
erano impensabili.
Vediamo
ogni giorno progressi in tal senso, ma la
terapeutica indicata dalla direzione della
Sanita’ ufficiale Mondiale = OMS
(che e' legata alle linee guida di dette
Lobbies), non
segue, salvo rari casi, quella curva progressiva di
benessere per i malati.
Se questi bravi medici
che operano giornalmente sul campo, conoscessero
anche la Medicina
Naturale, potrebbero migliorare e di molto le
loro tecniche terapeutiche, con grande beneficio per
tutti i malati.
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Se il Placebo costa di piu' e' piu' efficace.....
Ricercatori della Duke University hanno appurato che un
paziente è più propenso nel consumare un farmaco più o
meno costoso. Un atteggiamento che potrebbe influire in
maniera incisiva sul risultato finale della terapia.
La ricerca dimostra che una pastiglia da 15 centesimi
sarebbe meno apprezzata di una che costa 3 dollari,
almeno se in entrambi i casi si tratta di placebo.
Per la ricerca, condotta dal dottor Ariel e colleghi del
Massachusetts Institute of Technology, sono stati
convocati 82 volontari. Essi sono stati sottoposti ad un
protocollo standard che ha previsto l'impiego di una
scossa elettrica per constatare le variabili della
sensibilità soggettiva alla sensazione di dolore prima e
dopo l'assunzione del placebo.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: ad uno è
stata data una spiegazione scritta sui vantaggi di un
nuovo farmaco antidolorifico il cui costo si aggirava
sui 3 dollari; all'altro gruppo però la medesima
spiegazione scritta menzionava un nuovo antidolorifico
il cui prezzo per ogni dosaggio era solamente di 10
centesimi, senza ulteriori spiegazioni sul perché di un
così basso costo.
Dal risultato del test è emerso che la riduzione dei
sintomi di dolore dopo l'assunzione del placebo è
stata monitorata nell'85 per cento dei partecipanti
appartenenti al primo gruppo, e nel 61 per cento dei
partecipanti appartenenti al secondo gruppo.
Fonte: "Journal of the American
Medical Association" (JAMA) - Marzo 2008
Nota bene NdR: Tutti i "miracoli" attribuiti dai
religiosi ai santi, medonne, dio, cristo ecc, sono gli
effetti del Placebo !
vedi: chi e'
Dio dov'e' e cosa e' ?
+ Autoguarigione
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La
SOMMINISTRAZIONE di un "placebo" al posto di un
farmaco è entrata nella pratica clinica.
Lo ha accertato una ricerca, la prima di questo genere,
condotta da Rachel Sherman della Pritzker School of
Medicine dell'università di Chicago e da John Hickner,
professore di medicina della famiglia del
Chicago Medical Center della stessa università.
La ricerca è pubblicata sull'ultimo numero del
Journal of General Internal Medicine.
L'indagine si è basata su un questionario mandato a 466
medici internisti che lavorano alle università di
Chicago, dell'Illinois e alla Northwestern. Hanno
rimandato il questionario completo e valido per la
raccolta dei dati la metà dei medici.
La somministrazione di un placebo (una pillola, una
iniezione o uno sciroppo non contenenti alcun principio
farmacologico, n.d.r.) è stata giudicata una pratica
medica "da proibire assolutamente" solo dal 12 per cento
degli internisti.
Tutti gli altri invece hanno dichiarato di usarlo
nella pratica clinica. Tra questi, solo il 4 per
cento informa il paziente che gli sta precrivendo un
placebo. Nella maggior parte dei casi (34%) invece viene
presentato al paziente come "una sostanza che la
potrebbe aiutare, ma sicuramente priva di effetti
collaterali".
Il 19 per cento invece presenta il preparato come "una
medicina", il 9 per cento "una medicina senza effetti
particolari" mentre il 33 per cento dice, di fatto, la
verità presentando il placebo come "qualcosa che
sicuramente le darà dei benefici anche se non sappiamo
come e perchè funziona".
Gli autori dell'indagine ricordano che nella letteratura
bioetica la somministrazione di placebo nella pratica
clinica di tutti i giorni e non solo nella ricerca
farmacologica è molto controversa.
Alcuni esperti sottolineano il contrasto col diritto del
paziente ad esprimere il consenso informato da parte del
paziente, visto che nella maggior parte dei casi non
viene dichiarato esplicitamente che si tratta di un
placebo. D'altra parte, il placebo è in grado di mettere
in moto quei meccanismi psicologici che alla fine
determinano dei benefici concreti proprio grazie al
fatto che viene ritenuto un farmaco a tutti gli effetti
da parte di chi lo prende.
Altri bioetici invece fanno notare che l'effetto placebo
è presente in numerosi altri contesti terapeutici dove è
difficilmente distinguibile dall'effetto farmacologico.
Come il rapporto che il medico riesce a stabilire col
paziente e il modo in cui propone e descrive il farmaco
prescritto.
By Marco A.
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E' giusto che un medico inganni il paziente, anche se
a fin di bene ?
La questione interpella gli eticisti, soprattutto dopo i
risultati di una ricerca condotta dall'Istituto
statunitense di Sanita' (NIH) e pubblicato dal
British
Medical Journal. Esso indica che la meta' dei medici
intervistati prescrive regolarmente -e scientemente-
dei farmaci placebo. Magari non medicine totalmente
prive di principio attivo, ma, per esempio, vitamine,
sedativi, magnesio, pasticche contro l'emicrania, tutte
senza nessun rapporto diretto con la patologia del
paziente.
Altri studi, realizzati in Danimarca, Israele, Gran
Bretagna e Svezia, confermano questa tendenza. I medici
generici giustificano la strategia sia con l'efficacia
dimostrata dal trattamento placebo, sia con il numero
elevato di "malati immaginari", che vanno dal medico per
problemi di depressione o disturbi chiaramente
psicosomatici. Difficile dargli torto.
Esperimenti rigorosi hanno mostrato che i placebo
hanno un effetto benefico
nel 30%-40% dei casi di persone depresse, una
quota molto piu' alta di quanto si ottenga di solito con
gli antidepressivi.
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Effetto placebo:
non solo
cervello - Sulla rivista "Neuron"
Una ricerca dimostra che nel controllo del dolore
l'effetto placebo mobilita alcune vie di trasmissione
dei segnali presenti nel tronco cerebrale ed
evolutivamente molto antiche.
L'effetto placebo mobilita delle vie di controllo del
dolore presenti nel
tronco cerebrale ed evolutivamente molto antiche.
Lo afferma una ricerca condotta presso la Clinica
universitaria di Hamburg-Eppendorf e pubblicata
sull'ultimo numero della rivista "Neuron". Lo studio
fornisce nuove prospettive sui meccanismi grazie ai
quali la semplice aspettativa di un trattamento può
agire da efficace analgesico.
Per spiegare l'effetto placebo è stata invocata l'azione
degli oppioidi endogeni (encefaline, endorfine e
dinorfine), che vengono naturalmente prodotti dal
cervello in piccole quantità e che hanno un ruolo chiave
nell'alleviamento del dolore e dell'ansia.
Studi di brain imaging hanno mostrato che l'analgesia da
placebo stimola la produzione di questi oppioidi da
parte delle regioni cerebrali superiori associate alla
modulazione del dolore ed è correlata a una diminuzione
dei segnali provenienti dalle aree sensibili al dolore.
Tuttavia, l'ipotesi non era mai stata verificata
sperimentalmente, spiega Falk Eippert, che ha diretto la
ricerca.
Eippert e colleghi hanno sfruttato sofisticate tecniche
di visualizzazione cerebrale per esaminare sia le
risposte corticali superiori, sia quelle del tronco
cerebrale in due gruppi di soggetti: uno che aveva
ricevuto del naloxone, un farmaco che blocca i segnali
degli oppioidi, e un gruppo con uno stato degli oppioidi
normali. In entrambi i gruppi l'aspettativa della
diminuzione del dolore è stata quindi indotta secondo un
canonico protocollo per i placebo.
I ricercatori hanno riscontrato da un lato la
diminuzione delle risposte cerebrali correlate al dolore
indotte dall'effetto placebo, e dall'altro che il
naloxone riduceva gli effetti comportamentali del
placebo.
Ma, cosa più importante, hanno anche osservato che sotto
l'effetto del placebo, le aree corticali interagiscono
con strutture del tronco cerebrale implicate nel
controllo del dolore e che questa interazione era
dipendente dagli oppoidi endogeni e correlata
all'intensità dell'effetto placebo sperimentato.
"Sarebbe interessante vedere se l'attivazione dipendente
dagli oppioidi del sistema di controllo discendente del
dolore è una caratteristica comune di differenti forme
di modulazione del dolore, come l'ipnosi e la
distrazione attenzionale, che condividono alcune
caratteristiche neuroanatomiche", ha concluso Eippert.
Tratto da lescienze.espresso.it
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Svelato il
segreto dell'effetto placebo -
Roma, Ago. 2009
Non è tutta una questione “di testa”. Se una
pillola di zucchero presentata come un potente
farmaco riesce a spegnere il dolore, questo
accade perché entrano in ballo una serie di
complessi e antichissimi meccanismi neurali.
A svelare il segreto dell’effetto placebo contro
il dolore è uno studio condotto dai ricercatori
del Centro medico universitario di
Hamburg-Eppendorf (Germania), pubblicato su “Neuron”.
L’equipe ha scoperto che, quando si tratta di
controllare la sofferenza, l’effetto placebo
coinvolge una rete di reazioni a catena, che
hanno luogo nella parte del cervello collegata
più strettamente al midollo spinale. Lo studio
fornisce un’affascinante visione di come e
perché molto spesso basta aspettarsi che una
cura sia in grado di ridurre il dolore, per
vederla agire davvero come un analgesico
efficace.
Finora si credeva che il misterioso effetto
fosse tutto nella mente del paziente, convinto
di prendere una medicina potentissima. Gli
oppioidi endogeni, naturalmente prodotti dal
cervello in piccole quantità (e che giocano un
ruolo chiave nell’alleviare dolore e ansia),
sono stati tirati in ballo spesso per spiegare
l’effetto analgesico da placebo.
Si ipotizzava che le medicine “fasulle” ritenute
efficaci «stimolassero il rilascio di oppioidi
endogeni e attivassero allo stesso tempo un
meccanismo che inibisce l’elaborazione del
dolore nel midollo spinale, riducendo le
risposte correlate nel cervello, e dunque la
sensazione dolorosa», spiega Falk Eippert, primo
autore dello studio.
Ma si tratta di una teoria finora non
dimostrata. Il team tedesco si è servito di
sofisticate tecniche di scanner per esaminare la
risposta corticale e cerebrale al dolore in due
gruppi di persone sotto placebo, tutte convinte
di assumere un potente medicinale
antidolorifico. Solo una parte era stata
trattata con un farmaco chiamato naloxone (che
blocca il canale degli oppiodi).
I ricercatori hanno visto
che il naloxone riduceva l’effetto del placebo e anche
le risposte cerebrali collegate. Non solo. I ricercatori
sono riusciti a fotografare le interazioni delle
strutture cerebrali coinvolte nel controllo del dolore
legato al placebo. Meccanismi che sono risultati
strettamente dipendenti dagli oppioidi endogeni e
collegati a doppio filo con la forza dell’effetto
placebo sperimentato da ciascun soggetto.
Insomma, quando si assume un placebo entrano in campo
una serie di meccanismi complessi, che modulano la
reazione al dolore.
Tratto da lastampa.it
Commento NdR:
come volevasi dimostrare, la mente utilizza il cervello
come suo muscolo per ottenere dei risultati efficaci per
l'organismo nel quale risiede.
Questo studio rivela inoltre che i
farmaci utilizzati
inibiscono le capacita' della mente e le grandi
ed efficaci possibilita' di reazione naturale
dell'essere-organismo per mezzo della biochimica
cerebrale.
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NOCEBO:
il fratello cattivo del
placebo - 05.10.2012
Con le loro parole i
medici sono in grado di guarire ed alleviare il
dolore, ma possono anche aumentarne l'intensità e
ferire. In un lavoro di revisione alcuni
medici hanno
esaminato quali sono le frasi che possono confondere i
pazienti e nuocere loro.
Il rovescio della medaglia dell'effetto placebo (placebo
significa in latino, "Io piacerò"), il fenomeno nocebo
(latino nocebo "Io nuocerò") solo in tempi recenti ha
focalizzato l’attenzione della scienza di base e della
medicina clinica.
Una ricerca nella banca dati
PubMed, effettuata il 4 Settembre 2012 ha prodotto
solo 178 risultati su "nocebo", contro i 157.120 facenti
riferimento a "placebo". Per il suo articolo sui
meccanismi neurobiologici dell’effetto nocebo, i medici
Winfried Häuser, Emil Hansen (Clinica universitaria di
Regensburg) e Paul Enck (Clinica universitaria di
Tübingen) hanno effettuato una ricerca su PubMed
utilizzando le parole chiave "nocebo" o "effetto nocebo"
in lavori che sono stati pubblicati tra il 1960 e
dicembre 2011.
Definizione e ricerca
sperimentale sul nocebo
Il termine "nocebo" veniva originariamente utilizzato
per designare la controparte negativa dell’effetto
placebo e differenziare gli effetti indesiderati da
quelli desiderati del placebo (trattamento fittizio).
Entrambi i termini oggi sono utilizzati in un senso più
ampio: gli effetti non specifici di un trattamento
medico sono indicati come effetto placebo, se sono
utili, e come effetto nocebo se sono dannosi. Con
"effetto nocebo" ci si riferisce a quei sintomi ed a
quelle riacutizzazioni dei sintomi che si verificano a
seguito di un trattamento fittizio e/o di suggestioni
deliberate o involontarie e/o aspettative negative.
Anche gli stessi medici, spesso, ne sono responsabili:
spiega il professor Paul Enck, esperto di psicosomatica,
alla rivista "Bild der Wissenschaft" criticando i medici
che emettono "sospetti diagnostici con leggerezza". "Per
risposta nocebo" si intendono quei disturbi indotti
dalle aspettative negative del paziente e/o dalle
suggestioni(involontariamente negative) del medico
curante e non attribuibili ad uno (pseudo-) trattamento.
Dagli studi esaminati si evince che le risposte nocebo
possono essere indotte da ogni tipo di informazione
acquisita. Al contrario si deve presumere che quando
tali reazioni si verificano nella prassi clinica sono
frutto d’ informazioni o di aspettative che il paziente
ha ricevuto ed avuto modo di sviluppare in precedenza.
Trovare le parole giuste
La comunicazione medica e le aspettative terapeutiche
del paziente possono influenzare significativamente, sia
in modo positivo che negativo, il trattamento medico.
"In medicina si parte dal presupposto che la paura e il
dolore sono meno intensi se una manipolazione dolorosa
viene comunicata in anticipo e se ci si mostra
compassionevoli quando il paziente dice di provare
dolore", afferma Winfried Häuser della
Clinica di Saarbrücken e della
Clinica per la medicina psicosomatica e psicoterapia,
dell’Università Tecnica di Monaco di Baviera. Uno studio
sulle punzioni ha però dimostrato che nei pazienti la
paura e il dolore aumentavano se, descrivendo la
procedura, venivano utilizzate parole negative come
"bruciare", "pungere", "fare male", "grave" o
"doloroso".
In un’altro studio, effettuato su donne in gravidanza,
l'anestesia locale veniva comunicata ad un primo gruppo
di gestanti con le seguenti parole: "Adesso le faremo
un’anestesia locale che renderà insensibile la zona dove
eseguiremo l'anestesia epidurale spinale in modo che le
risulti gradevole". Al secondo gruppo venivano dette le
seguenti parole: "ora sentirà una puntura ed una
sensazione di bruciore sulla schiena, come se venisse
punta da un'ape, e questa è la parte peggiore di tutta
la procedura".
La sensazione di dolore era significativamente maggiore
nelle donne del secondo gruppo (mediana dell'intensità
del dolore di 5 contro 3 su una scala di 11 punti). "Le
informazioni riguardo alle possibili complicanze della
terapia e le aspettative negative dei pazienti fanno
aumentare l'incidenza degli effetti collaterali"
sottolinea Häuser.
I medici si trovano di
fronte ad un dilemma etico: da un lato sono obbligati ad
informare il paziente riguardo al trattamento ed i
possibili effetti collaterali ad esso correlati,
dall’altro il medico deve anche minimizzare i rischi
della procedura per il paziente, compresi quelli che una
spiegazione esaustiva comporta.
Gli studi sopra citati dimostrano però che le
suggestioni negative derivanti da un colloquio
informativo possono indurre una risposta nocebo.
Soprattutto in situazioni pericolose in cui la
sopravvivenza è a rischio, come un intervento
chirurgico, o una malattia grave acuta o un incidente, i
pazienti sono particolarmente recettivi ed hanno un
rischio maggiore di incorrere in questo effetto.
Strategie per risolvere il
dilemma
Per risolvere questo dilemma l’equipe del Prof. Winfried
Häuser consiglia le seguenti strategie:
Dare spiegazioni in modo che vengano ben recepite dal
paziente: le informazioni relative alla frequenza dei
possibili effetti indesiderati possono essere formulate
in modo positivo ("La maggior parte dei pazienti
tollerano la terapia molto bene") o negativo ("il 5% dei
pazienti riferisce [...] effetti collaterali"). Uno
studio sulle strategie d'informazione per la
vaccinazione antiinfluenzale dimostra che le persone
vaccinate presentano meno effetti collaterali dopo la
vaccinazione se nel colloquio preliminare viene
comunicato il numero delle persone che tollerano bene il
vaccino, piuttosto che quello delle persone in cui si
verificano effetti collaterali.
Servirsi del così detto "permesso di tacere": prima di
prescrivere un farmaco si chiede al paziente se questi
acconsente a non essere messo a conoscenza degli effetti
collaterali minori e/o passeggeri. Gli effetti secondari
gravi e/o irreversibili gli verranno in ogni caso
comunicati.
Educazione del paziente:
una revisione sistematica (4 studi, 400 pazienti) ha
dimostrato che con la frequentazione di corsi di
informazione per pazienti affetti da dolore cronico
effettuati da un farmacista – in cui si forniscono al
paziente, per esempio, informazioni generali sulla
terapia del dolore basata o meno su farmaci – la quota
degli effetti indesiderati dovuti a farmaci è passata da
4,6 a 1,6.
I corsi di comunicazione (comuncation
training) con attori-pazienti o giochi di ruolo
effettuati durante lo studio della professione medica
conferiscono la capacità di utilizzare la forza delle
parole in modo mirato ed utile per il paziente. "La
capacità di trasmettere suggestioni positive e di
evitare quelle negative, devono essere parte integrante
della formazione di assistenza al paziente", raccomanda
Häusler.
Effetto nocebo nei Farmaci
L‘effetto nocebo relativo all’uso di farmaci e la
comparsa di effetti collaterali è ampiamente diffuso. Ad
alcuni pazienti volontari, prima della somministrazione
del farmaco, venivano comunicati i possibili effetti
collaterali e molti di essi sviluppavano i sintomi di
tali effetti anche quando avevano ricevuto soltanto una
preparazione a base di zucchero, priva di principi
attivi. Secondo le stime degli esperti i costi
dell’effetto nocebo per i farmaci ammonterebbero, nella
sola Germania, a due o tre miliardi di dollari all'anno.
Suggestioni negative
involontarie nella prassi clinica
I seguenti esempi sul tema: "Quello che i medici non
dovrebbero di dire", sono stati raccolti da Hausler e
dai suoi colleghi durante un congresso medico:
Frasi che generano
insicurezza:
"Forse questo farmaco la aiuterà."
"Stavolta proveremo questo farmaco."
"Provi a prendere regolarmente le medicine."
Gergo ospedaliero:
"Adesso l‘attacchiamo." (Collegare il paziente ad un
monitor di controllo)
"Poi la taglieremo in tante fettine sottili." (risonanza
magnetica)
"Ora le mettiamo un naso artificiale." (respirazione
assistita con maschera)
"Abbiamo verificato la presenza di metastasi –il referto
è negativo."
Doppi sensi:
"Ora la sistemiamo noi." (preparazione all’intervento
chirurgico)
"Adesso la facciamo dormire e non si sveglierà."
(Anestesia)
"Un’attimo che prendo ancora qualcosa dall’armadietto
dei narcotici (anestetici), e poi possiamo cominciare."
Suggestioni negative:
"Lei è un soggetto a rischio."
"Questo è sempre dolorosissimo."
"Lei non deve mai più sollevare dei pesi, ci mancherebbe
solo che si ritrovasse paralizzato."
"Il canale del midollo spinale si è ristretto. Il
midollo spinale sta venendo spiaccicato."
Focalizzare l‘attenzione:
"Ha la nausea ?" (sala di risveglio postoperatoria)
"Si muova un po’se le fa male." (sala i risveglio
postoperatoria)
Inutilità di negare o
minimizzare:
"Non deve avere paura."
"Ora sanguinerà un pò."
By Mag. Michael Strausz
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