Il "morbo" di
Alzheimer è una
demenza progressiva invalidante senile. Prende il nome dal
suo scopritore,
Alois Alzheimer.
La malattia o morbo di Alzheimer
è oggi definito come quel «processo degenerativo che
distrugge progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a
poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace di una
vita normale». In Italia ne soffrono circa 500 mila persone,
nel mondo 18 milioni, con una netta prevalenza di donne.
Definita anche "demenza di
Alzheimer", viene appunto catalogata tra le
demenze essendo un deterioramento cognitivo cronico
progressivo.
Le persone affette iniziano
dimenticandosi piccole cose, poi mano a mano le dimenticanze
aumentano e la perdita della memoria arriva anche a
cancellare i parenti e le persone care. Una persona colpita
dal morbo può vivere anche una decina di anni dopo la
comparsa della malattia.
Col progredire della malattia le
persone non solo dimenticano, ma perdono la capacità di
parlare e di muoversi autonomamente necessitando anche di
continua assistenza personale.
Nell'Alzhaimer si sono identificate mutazioni nei geni e si
e' arrivati all'identificazione di 2
enzimi responsabili del processo patologico (secretases
). Successivamente la malattia determina una
diffusa distruzione di
neuroni, causata principalmente dalla
betamiloide, una proteina che depositandosi tra i
neuroni agisce come una sorta di collante, inglobando
placche e grovigli "neurofibrillari".
La malattia è
quindi accompagnata da una forte diminuzione di
acetilcolina nel cervello, sostanza fondamentale per la
memoria ma anche per le altre facoltà intellettive. La
conseguenza di queste modificazioni cerebrali è
l'impossibilità per il neurone di trasmettere gli impulsi
nervosi e quindi la morte.
Una delle cause
dell'Alzheimer è la disbiosi che induce candidosi, vedi QUI
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L'alluminio (anche quello dei
vaccini) è strettamente legato al morbo di Alzheimer !
Il cervello è un organo altamente compartimentalizzato eccezionalmente suscettibile di accumulo di errori metabolici. Il morbo di Alzheimer è la malattia neurodegenerativa più diffusa degli anziani ed è caratterizzata da specificità regionale delle aberrazioni neurali associate con le funzioni cognitive superiori.
L'alluminio è il più abbondante metallo neurotossico sulla terra, ampiamente biodisponibile per gli esseri umani e più volte dimostrato di accumularsi nei punti focali neuronali soggetti al morbo di Alzheimer.
Nonostante questo, il ruolo dell'alluminio nel morbo di Alzheimer è stato fortemente disputato sulla base delle seguenti rivendicazioni:
1 - L'alluminio biodisponibile non può entrare nel cervello in quantità sufficiente per causare danni.
2 - L'alluminio in eccesso viene efficacemente eliminato dal corpo, e l'accumulo di alluminio nei neuroni è una conseguenza più che una causa della perdita neuronale. La ricerca, tuttavia, rivela che:
Piccole quantità di alluminio sono necessarie per produrre neurotossicità e questo criterio è soddisfatto attraverso l'assunzione di alluminio presente nella dieta quotidiana.
L'alluminio sfrutta diversi meccanismi di trasporto per attraversare attivamente le barriere cerebrali, L'assunzione ripetuta di piccole quantità di alluminio corso della vita favorisce l'accumulo selettivo nei tessuti cerebrali.
Dal 1911, l'evidenza sperimentale ha più volte dimostrato che l'intossicazione cronica da alluminio riproduce le caratteristiche neuropatologiche del morbo di Alzheimer.
Fraintendimenti riguardo biodisponibilità dell'alluminio può aver fuorviato gli scienziati riguardo il ruolo dell'alluminio nella patogenesi del morbo di Alzheimer. L'ipotesi che l'alluminio contribuisce in modo significativo al morbo di Alzheimer si basa su un'evidenza sperimentale molto solida e non deve essere respinta.
Misure immediate devono essere prese per ridurre l'esposizione umana all'allumino, che può essere il fattore più aggravante ed evitabile del morbo di Alzheimer.
Studio e fonti :
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21157018
By Dr. Tomljenovic L., Neural Dynamics Research Group, Department of Ophthalmology and Visual Sciences, University of British Columbia, Vancouver, BC, Canada. lucijat77@gmail.com
Scoperto Accumulo di FERRO nello
strato esterno del cervello, associato a deterioramento
cognitivo nel morbo di Alzheimer - Studio pubblicato su
Radiology, Marzo 2021
Ricerche precedenti avevano già collegato il M.A. a
livelli elevati di ferro nel cervello
Il deposito di ferro è correlato con l'Amiloide-Beta
(Aβ), proteina che si raggruma nel cervello per formare
placche tra neuroni.
Trovate anche associazioni tra ferro e grovigli
neurofibrillari e accumuli anomali di proteina Tau che
si formano all'interno dei neuroni, che bloccano il
sistema di trasporto del neurone, danneggiando la
comunicazione.
SE QUESTO SUCCEDE per l'Alzeheimer può accadere anche
per le altre patologie neuronali !
Sempre maggiori sono i colpiti, anche giovanissimi, che
non sono più casi sporadici, ma % elevatissime, che una
volta NON esistevano, oltre ai Veleni cibi, bere e
respirare, colpiscono tutti gli organi, cervello
compreso.
Già i precedenti " vaccini " hanno elevate quantità di
Ferro, Alluminio ed altro ancora...
Quello che succede con questi due metalli può succedere
con altri metalli introdotti nel corpo anche con i
Vaccini....che dalle analisi effettuate contengono tanta
"ferraglia".....
https://www.auxologico.it/news/pazienti-sla-accumulo-ferro-cervello
Associazione Alzheimer onlus
- Queste le parole del dr. H. Hugh Fundemburg:
“Ho studiato l’inganno del
“vaccino antinfluenzale” per oltre 10 anni e posso affermare
in piena sicurezza e con prove illimitate che NESSUNO ha
bisogno di questa “vaccinazione” tossica. L’intera campagna
per il “vaccino antinfluenzale” è una truffa gigantesca e
mortale.”
“Abbiamo scoperto che gli
individui clinicamente normali di 60-65 anni che ricevono
il vaccino per l’influenza tre o quattro volte nel corso
di cinque anni, cinque anni più tardi hanno una incidenza
di Alzheimer 10 volte maggiore dei soggetti di pari età
che non hanno ricevuto il vaccino”, questo dice il dr.
H. Hugh Fudenburg.
http://www.energytraining.it/vaccini/
ECCO lo STUDIO:
www.royalrife.com/flu_shots.html
Alzheimer: scoperta la proteina "killer" - 31 Gen.
2012
Scoperta la proteina killer "ritenuta" responsabile
dell’Alzheimer. Si tratta di una molecola che,
accumulandosi, soffoca i neuroni e fa svanire la memoria.
Sono le placche di beta amiloide, una catena di molecole che
provoca l’Alzheimer.
Merito della scoperta è dei ricercatori americani
dell’Università di Philadelphia. “Per ragioni che non ancora
non sono chiare, in alcune persone il 12/15-Lipoxygenase
inizia a lavorare troppo – spiega Domenico Pratico,
ricercatore italoamericano, docente di Farmacologia e di
Microbiologia.
Lo studio, e' stato pubblicato su “Annals of Neurology”.
Commento NdR: infatti
questo e' uno dei danni dell'intossicazione
ed infiammazione
di cellule
(malfunzione cellulare, per lo
stress
ossidativo indotto dalle
sostanze tossiche vaccinali penetrate anche nei tessuti,
dalle
iniezioni dei Vaccini !
Trovato FERRO (ferritina), nei cervelli dei malati di
Alzheimer -
e' anche presente in quasi tutti i vaccini
https://physicstoday.scitation.org/do/10.1063/PT.6.1.20180830a/full/
Ferro magnetico nei cervelletto dei malati di Alzheimer
https://www.healthline.com/health-news/excessive-iron-in-the-brain-may-be-a-factor-in-alzheimers-disease
Come
cercare di eliminarlo ?
https://hemochromatosishelp.com/turmeric-benefit-for-hemochromatosis/
Curcuma
forte e Sempre - Evita Alzheimer in futuro e abbassa la
ferritina
Batteri
gengivali generano malfunzione delle cellule nervose
(neuroni)
Questa scoperta microscopica è il punto di svolta nella
lotta contro Alzheimer.Batteri del cervello? Usando il
microscopio atomico più potente del mondo...gli scienziati
del Weinberg College di Chicago sono rimasti scioccati nello
scoprire esattamente perché questo minuscolo batterio nella
tua bocca causa la perdita di memoria.
http://www.excred.top/manicuring-massed/42c5p2N395zFo8612m243bXPj5c8m16JbrYsfiIHrDxEsvZ7NQ3nSne6yzvO105JB3rx
Riuscite a indovinare quanto sia facile disattivarli ?
- Non hai bisogno di ingoiare una sola pillola...
- Non prendi nessun integratore
- Non hai bisogno di farmaci che le compagnie di
assicurazione non pagano nemmeno.
Il tuo cervello può essere ri-addestrato. Puoi invertire
questa condizione batterica di perdita di memoria.
Questo video mostra alcune semplici tecniche di 3 minuti.
Possono sembrare bizzarre all'inizio, ma chiunque può farle.
Guarda questo video - vedi come una donna con un grave caso
di Alzheimer ricorda la sua famiglia dopo aver fatto una
serie di esercizi per le dita dei piedi.
https://promindcomplex.com/video.php?hop=damges
Ci vogliono solo 29 giorni di allenamento mentale attività,
la sua scansione del cervello è risultata pulita !
Commento NdR: cosa attira i batteri
gengivali a recarsi nel cervello ? .....le
infiammazioni
circolanti (che partono sempre dall'intestino e si recano ad
esempio nelle gengive, oltre ad infiammarle, facilmente
raggiungono il cervello ed a seconda delle zone raggiunte
dall'infiammazione, cambiano i sintomi e quindi i batteri
deputati a ridurre le infiammazioni e riparare i tessuti
degenerati, vengono attirati in loco, ma non trovando
antagonisti per le
disbiosi esistenti pregresse, proliferano a dismisura e
quindi generano anche sostanze tossiche per le cellule sotto
stress ossidativo che si ammalano di più e non funzionano
più come dovrebbero, generando perdita do memoria, ed altro
ancora.
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L'Alzheimer
si evolve lentamente e silenziosamente per
oltre 10 anni. Adnkronos Salute, Roma,
15 dic. 2008
Ma alcune 'spie' della
malattia, di tipo intellettivo, sono
presenti dai sei ai dodici anni prima che la
demenza si manifesti.
Lo ha scoperto
un'equipe francese dell'Inserm di Bordeaux,
secondo la quale si potrebbe arrivare alla
diagnosi dieci anni prima rispetto a oggi.
I segni
premonitori sono legati a problemi di
concentrazione e di disturbi di memoria,
secondo la ricerca realizzata su 3.777
francesi e pubblicata sugli Annals of
Neurology. I ricercatori hanno tenuto sotto
osservazione i pazienti, tutti 'over 65'
all'inizio dello studio, per 14 anni, con
visite annuali o triennali. In tutto si sono
ammalate 350 persone. Dalle loro cartelle
cliniche è risultato evidente che i
risultati in 4 test di neuropsicologia
cominciavano a manifestare segni di declino,
rispetto alle persone non colpite da
demenze, dai 10 ai 13 anni prima della
diagnosi. Inoltre, alcuni che si sono
successivamente ammalati lamentavano
problemi di memoria e depressione 8-10 anni
prima della diagnosi. Mentre altri avevano
difficoltà a realizzare compiti poco
complessi, come telefonare o gestire un
farmaco, 5,5-6,5 anni prima della malattia.
In media i disturbi si sono manifestati
diversi anni prima di essere indirizzati a
centri specializzati.
Storia
Nel 1901, il dottor
Alois Alzheimer, uno
psichiatra tedesco, intervistò una sua paziente, la
signora Auguste D., di 51 anni. Le mostrò parecchi oggetti e
successivamente le chiese che cosa le era stato indicato.
Lei non poteva però ricordarsi. Inizialmente registrò il suo
comportamento come "disordine da
amnesia di scrittura", ma la sig.ra Auguste D. fu la
prima paziente a cui venne diagnosticata la malattia di
Alzheimer.
Patogenesi
Dall' analisi post-mortem di tessuti cerebrali di pazienti
affetti da Alzheimer, si è potuto riscontrare un accumulo
extracellulare di una proteina, chiamata beta-amiloide. Nei
soggetti sani la beta-amiloide viene prodotta dalla APP
(proteina progenitrice dell' amiloide) in una reazione
biologica catalizzata dall'alfa-secretasi che produce una
beta-amiloide costituita da 40 ammioacidi. Per motivi non
totalmente chiariti, nei soggetti malati l'enzima che
interviene sull' APP non è l'alfa-secretasi, bensì una sua
variante, la beta-secretasi che porta alla produzione di una
beta-amiloide anomala, costituita da 42 amminoacidi invece
che 40. Tale beta amiloide non presenta le caratteristiche
biologiche della forma naturale, e tende a depositarsi in
aggregati extracellulari sulla membrana dei
neuroni.
Tali placche neuronali innescano un processo infiammatorio
che richiama
macrofagi e
neutrofili i quali produrranno citochine, interleuchine
e TNF alfa che danneggiano irreversibilmente i neuroni.
Ulteriori studi mettono in evidenza che nei malati di
Alzheimer interviene un ulteriore meccanismo patologico:
all'interno dei neuroni, una proteina tau, fosforilata in
maniera anomala, si accumula in aggregati neurofibrillari o
Ammassi neurofibrlillari. I neuroni particolarmente
colpiti dal processo patologico sono quelli colinergici e in
particolare le zone cerebrali più interessate sono le aree
corticali,sottocorticali e tra queste ultime le aree
ippocampali.
In particolare l'ippocampo interviene nell'
apprendimento e nei processi di memorizzazione. La
distruzione dei neuroni di queste zone è la causa della
perdita di memoria dei malati.
Terapia
Sfruttando perciò il fatto che nell'Alzheimer si ha
diminuizione dei livelli di
acetilcolina, l'idea è stata quella di ripristinarne i
livelli.
L'aceticolina non può essere usata, è troppo
instabile e ha un effetto limitato. Gli agonisti colinergici
invece avrebbero effetti sistemici e darebbero troppi
effetti collaterali,non sono perciò utilizzabili. Possiamo
invece usare inibitori della colinesterasi,l'enzima che
metabolizza l'acetilcolina: inibendo tale
enzima, aumentiamo la quantità di acetilcolina nel vallo
sinaptico.
Tratto da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Alzheimer
Commento NdR: secondo la
medicina naturale oltre a seguire il
Protocollo della
Salute occorre far assumere della
Pappa reale (vedi
Prodotti dell'Alveare) ricca in
“acetilcolina” naturale.
Ricordiamo che assumere il
Ginkgo non serve: Il Ginkgo biloba non
previene l’Alzheimer.
La più ampia indagine clinica mai condotta,
pubblicata questa settimana su Jama (Journal of the
American Medical Association), sembra mettere la parola fine
ai dibattiti sui benefici che la pianta avrebbe contro la
perdita progressiva della memoria nei casi di demenza senile
e in altre patologie neurodegenerative.
Lo studio è stato svolto da
Steven DeKosky, decano della School of Medicine presso l’Università
della Virginia, e si basa su una serie di test condotti
tra il 2000 e il 2008 su oltre tremila persone dai 75 anni
in su. La metà dei partecipanti ha assunto quotidianamente
120 milligrammi di estratto di ginkgo, mentre all'altra metà
è stato somministrato un placebo.
Degli oltre 500 pazienti
in cui è stata diagnosticata una forma di Alzheimer a sei
anni dall’inizio della sperimentazione, 277 avevano seguito
la terapia con il ginkgo .
Una possibile azione preventiva di questa pianta nei
confronti del morbo di Alzheimer era stata suggerita da
diversi studi di laboratorio, ma i test condotti sui
pazienti non avevano mai fornito risultati soddisfacenti.
“L’esito di questa indagine ci permette di affermare che il
ginkgo non è efficace contro l’Alzheimer”, ha commentato
Bill Thies, vice presidente alle relazioni
medico-scientifiche per l’Alzheimer
Association, “anche se c’è chi continua a promuoverlo”.
Tanto che negli Stati Uniti si spendono più di 100 milioni
di dollari l’anno per integratori a base di questa pianta. (ga.c.)
Commento NdR:
Occorre anche utilizzare la
Bioelettronica, anche in questi casi, per eliminare sia
i parassiti esistenti, concause del problema, es. trematodi,
nematodi, oltre ai metalli tossici accumulati anche nel
cervello (ma non solo), e diversi prodotti chimici
depositati come i metalli, nei grassi dei tessuti anche del
cervello es.: tuolene, xilene, ecc., riduzione di produzione
di melanina, oltre che stimolare le
cellule staminali
perche' riprendano la loro funzione, inibita dai traumi
cellulari che subiscono: stress, respirazione cellulare
alterata, melanina ridotta, ecc.
TCM - E' bene ricordare questi 3 lettere
L'ingrediente principale di questo "farmaco sperimentale"
era un particolare tipo di grasso: trigliceridi a catena
media (MCT).
L'olio più ricco di MTC è l'olio di cocco. I primi risultati
degli studi sono stati inconcludenti, ma era ancora
impossibile ottenere questo farmaco sperimentale.
Essendo venuta a conoscenza che queste sostanze aiutavano i
malati di Alzhaimer un giorno un donna ha tranquillamente
aggiunto un cucchiaio di olio di cocco nei fiocchi d'avena
che dava al marito. Ripeté la stessa operazione per la cena.
E così via per 30 giorni.
I risultati sono stati sbalorditivi:
Il marito è ridiventato l'uomo che era. La sua personalità è
tornata alla normalità.
Ricominciò a camminare normalmente, a leggere normalmente,
calcolando come un vero e proprio libro. La nebbia nella sua
mente si schiarì. Alle riunioni di famiglia, Denis ha
riconosciuto la sua famiglia e potrebbe ancora tenere una
conversazione normale.
Quindi il primo consiglio, se
avete problemi di Alzheimer, è quello di aggiungere l'olio
di cocco nella vostra dieta. Potrebbe essere in una zuppa,
uova fritte in un curry. Ma ... è necessario utilizzare
l'olio di cocco, per garantire la salute del cervello.
Le vitamine necessarie del gruppo B per la vostra dieta
... e 8 diversi tipi di olio di cocco
Ecco un piccolo arsenale di piante contro l'Alzheimer
In questa relazione speciale, potrete scoprire le piante che
proteggono il cervello:
- Ginkgo Biloba lavora in prima linea nella protezione
neuronale.
Queste spezie hanno un effetto neuroprotettivo.
- Il fagiolo di velluto o mucuna aiuta a ridurre disturbi
motori.
- Erba di San Giovanni promuove la nascita di nuovi neuroni.
Naturalmente, queste piante sono da utilizzare con cautela e
alcuni di essi non devono essere associati ad altri
trattamenti.
Ricordiamo
anche che le alterazioni degli
enzimi, della
flora, del
pH digestivo e della
mucosa
intestinale influenzano la salute, non
soltanto a livello intestinale, ma anche a
distanza in qualsiasi parte dell'organismo.
Farmaci naturali per il
trattamento dell’Alzheimer
-
Vitamina D3 il cui
valore deve essere di almeno 95-160 ng/dl.
Assumere sei fiale
di Adisterolo da 100.000 UI una al giorno per sei giorni per
via orale e continuare con una fiala di Adisterolo 100.000
UI alla settimana.
Dopo un mese si faccia l’analisi della 25(OH)D: se il valore
fosse inferiore a 95-160 ng/ml si ripeta il ciclo con
Adisterolo 100.000 UI una fiala al giorno per sei giorni;
continuare poi sempre con una fiala di Adisterolo 100.000 UI
alla settimana.
-
CURCUMINA una capsula due volte al giorno (900mg). E’ un
potente antiossidante a livello cerebrale e gli scienziati
hanno dimostrato che in combinazione alla vitamina D
spinge il sistema immunitario ad eliminare dal cervello le
placche beta-amiloide che sono il segno distintivo della
malattia di Alzheimer. I ricercatori dell’Università della
California hanno scoperto che i curcuminoidi migliorano la
superficie di legame tra gli ammassi beta-amiloide e i
macrofagi, ovvero favorisce l’eliminazione di queste placche
da parte del sistema immunitario. Dall’altro lato la
vitamina D stimola fortemente i macrofaci ad assorbire gli
ammassi beta-amiloide. Poiché la vitamina D e la curcumina
lavorano diversamente con il sistema immunitario, una
combinazione di queste due può essere più efficace che se
prese singolarmente. Inoltre la vitamina D aumenta la
capacità dei neuroni di utilizzare il glucosio che è il
combustibile delle cellule e nello stesso tempo annulla
tutti i processi infiammatori.
-
OLIO di COCCO tre cucchiai al
giorno. I corpi chetonici dell’olio di cocco aiutano il
cervello a rigenerarsi e forniscono una fonte di nutrimento
alternativa al glucosio. Nella malattia di Alzheimer, i
neuroni in alcune aree del cervello non sono in grado di
assorbire il glucosio a causa dell’insulino-resistenza, e
lentamente muoiono … se queste cellule invece hanno accesso
ai corpi chetonici, possono potenzialmente rimanere in vita
e continuare funzionare.
- VITAMINE del GRUPPO B. BECOZIM
CP due al giorno, in particolare la B3 ad alte dosi (NIACIN
100 mg x 3/die) perché attiva moltissimo la funzione
respiratoria della cellula nervosa, e questo va di pari
passo con l’utilizzo del glucosio. Importantissima è anche
la somministrazione di VITAMINA B1 BENERVA 100 MG fiale, una
iniezione intramuscolare al giorno.
- SILICIO
Il silicio è ottimo per eliminare l’alluminio dal cervello
che è una delle cause del morbo di Alzheimer. Si consiglia
quindi di assumere le dosi secondo la confezione.
- ACIDO LIPOICO
Ha un’eccezionale funzione antinfiammatoria e neurotrofica (ECUNERV
cp 2/DIE: ACIDO LIPOICO 600 mg, TIAMINA 25 mg, VITAMINA E 12
mg, VITAMINA B6 9,5 mg, VITAMINA B12 33 mcg, MAGNESIO 60 mg)
- SELENIO
Un ottimo prodotto farmaceutico è il SELENIUM-ACE EXTRA che
contiene Selenio 75 mcg, Vit A, Vit C, Vit E, Betacarotene,
Acido Lipoico; una persona ammalata di Alzheimer deve
prenderne due compresse al giorno.
-
MAGNESIO
Molto importante perché funzioni bene la Vitamina D, può
essere assunto attraverso un sale semplice (MAGNESIO SUPREMO
o MAG 2) o attraverso il sale più naturale che sarebbe il
CLORURO DI
MAGNESIO, questo io consiglieri di assumerlo in
compresse che si trovano tranquillamente in farmacia dal
momento che la soluzione del sale in polvere per molti
risulta troppo amara. Poichè le compresse sono di 100 mg se
ne devono assumere sei al giorno prima o dopo i
pasti. Inoltre uno studio ha dimostrato come la carenza di
magnesio nel cervello sia legato all’insorgere della
demenza.
- ACIDO FOLICO (Folina 5 mg/die,
ovvero una compressa)
Dieta da osservare per il
trattamento dell’Alzheimer
-
DIGIUNO INTERMITTENTE
Effettuare un digiuno di 16 o 24 ore ogni settimana è un
ottimo modo per generare i corpi chetonici in grado di
rigenerare il cervello e di nutrire le aree cerebrali dove
il glucosio non riesce ad arrivare a causa dell’insulino-resistenza
presente nell’Alzheimer. Inoltre il digiuno stimola la
differenziazione delle cellule staminali a livello
cerebrale. Per farlo è semplice, basta saltare un pasto: ad
esempio l’ultimo pasto della giornata è il pranzo e poi si
mangia il giorno dopo a colazione.
– ASSUMERE una DIETA NUTRIENTE
RICCA di FOLATI
Le verdure, senza dubbio, sono la migliore forma di folati,
e dovremmo tutti mangiare un sacco di verdure crude fresche
ogni giorno. Esistono anche integratori di acido folico ma
non sono efficaci come i folati presenti negli alimenti.
Oltre alle verdure, anche la frutta e le uova sono ricche di
folati. La cottura distrugge l’acido folico (vitamina B9)
quindi cercare di assumere questi alimenti crudi o poco
cotti.
-
EVITARE ZUCCHERO e FARINE RAFFINATE
Pane, pasta, pizza, snacks, dolci e tutti i cibi a base di
zucchero e farina danneggiano il cervello. Ho dedicato
un’intera ricerca sugli effetti dei cibi ad alto indice
glicemico nel cervello ed in particolare l’insorgenza di
demenza ed Alzheimer.
-
CONSUMA CIBO BIOLOGICO
Il cibo biologico è privo di pesticidi e sostanze dannose
per la salute. Infatti ci sono
numerosi studi scientifici che legano alcuni pesticidi
(che contengono anche metalli pesanti) con l’insorgenza del
morbo di Alzheimer e danni cerebrali. E’ stato anche
osservato che consumare cibo biologico per 2 settimane
favorisce l’evacuazione della maggior parte dei pesticidi
nel corpo.
- CONSUMO di PESCE
E’ importante assumere omega-3 anch’esso in grado di
distruggere le placche beta-amiloide, cosa che non sorprende
se consideriamo che il 30% del nostro cervello è fatto di
omega-3 e svolge moltissime funzioni nel sistema nervoso.
Preferire pesci di piccola taglia come le sardine ed evitare
pesci grandi come tonno e pesce spada che sono inquinati da
mercurio. In alternativa è possibile assumere degli
integratori di omega-3.
Tossine da evitare per il
trattamento dell’Alzheimer
– FARMACI ANTIACIDI. Gli
antiacidi abbassano i livelli di vitamina B12 che conducono
a: fratture, depressione, demenza e Alzheimer, disturbi di
fertilità femminile, disturbi della crescita nei bambini,
malattie cardiache e cancro. Gli antiacidi spesso contengono
alluminio che favorisce: demenza, Alzheimer, nervosismo,
instabilità emotiva e compromissione delle facoltà
intellettive.
– STATINE. Le statine, i farmaci
per il colesterolo, sono particolarmente problematici perché
sopprimono la sintesi del colesterolo, riducono nel cervello
il coenzima Q10, la vitamina K2, e i precursori dei
neurotrasmettitori, e prevengono un adeguato rilascio di
acidi grassi essenziali e antiossidanti liposolubili al
cervello inibendo la produzione della indispensabile
biomolecola vettore nota come lipoproteine a bassa densità.
Tratto da: dionidream.com
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Medicina, italiani scoprono
proteina per Alzheimer
Fonte: ANSA, Milano,
12 marzo 2009 – Identificata, presso l’Istituto Besta di
Milano, una forma mutata di beta-proteina in grado di
bloccare, in vitro e per ora non in vivo, la produzione
delle placche amiloidi che, si pensa per ora, siano alla
base dell’Alzheimer.
La scoperta, che dovrà essere verificata sugli animali prima
ancora che sull'uomo, è stata oggetto di uno studio
pubblicato sulla rivista "Science",
eseguito in collaborazione con il centro Mario Negri,
l'Università di Milano e il Nathan Kline Institute di
Orangeburg, New York.
L'Alzheimer, più comune forma di demenza tutt'oggi
inguaribile, in Italia interessa 450mila persone (6 milioni
in Europa) ma la cifra è destinata a raddoppiare entro il
2050 a causa dell'atteso aumento del numero di anziani, che
ne sono i più colpiti.
La malattia si pensa sia causata dall'accumulo nel cervello
di un frammento proteico chiamato “beta-proteina” che si
aggrega generando depositi insolubili, le placche amiloidi.
Ora questo studio verra’ applicato al modello animale e se
fornira’ risultati utili anche quindi sull’uomo, ma
passeranno ancora una diecina di anni prima che si possa
dire se e’ stata trovato un farmaco per questa grave
malattia.
Un TEST per PREDIRE l’ALZHEIMER,
una SPERANZA per FRONTEGGIARE la MALATTIA
(I), Roma, 10/03/2014
– (Adnkronos Salute) – Un esame del sangue, con una
precisione superiore al 90%, potrà identificare in una
persona sana il rischio di sviluppare un deterioramento
lieve dei processi cognitivi o il mordo di Alzheimer nei
successivi 3 anni. E’ la via segnata da uno studio condotto
dal
Georgetown University Medical Center, pubblicato su
Nature Medicine.
Mark Mapstone, della
University of Rochester, e collaboratori, hanno cosi
scoperto e validato un set di 10
fosfolipidi.
Il test identifica 10 lipidi presenti nel sangue, periferico
in grado di predire la conversione fenotipica verso il lieve
deficit cognitivo (Mci) o l'Ad con 2-3 anni di anticipo e
un'accuratezza del 90%, che possono predire l’insorgenza
della malattia.
Secondo i ricercatori, l’esame potrebbe essere pronto per
l’uso in studi clinici in soli due anni. Per poi entrare
nella quotidianità diagnostica.
“Il nostro test offre la
possibilità di identificare le persone a rischio di declino
cognitivo progressivo e può cambiare la vita ai pazienti, le
loro famiglie e ai medici che li hanno in cura”, afferma
Howard J. Federoff, professore di neurologia del Georgetown
University Medical Center.
La notizia è di quelle che danno nuove speranze, se non
ancora certezze, per cercare di combattere più efficacemente
una delle malattie che si avvia a essere sempre più
drammaticamente presente nella nostra società.
Nel 2013, nel mondo, si stimava che gli ammalati di
Alzheimer fossero già 44 milioni, di cui quasi 8 nella sola
Europa occidentale e quasi 5 milioni negli Stati Uniti. E si
prevede che potranno essere 66 milioni nel 2030, se non di
più, considerando il miglioramento delle condizioni di vita
e le probabilità maggiori di sopravvivenza in aree del mondo
attualmente meno colpite come l’Asia, l’Africa e l’America
meridionale.
Una piaga che colpisce l’individuo, ma
soprattutto le famiglie cambiandone drasticamente la qualità
di vita, mentre le strutture disponibili per questi ammalati
sono ancora scarsissime.
Una vera rivoluzione, promettono gli autori, per lo sviluppo
di strategie di trattamento dell’Alzheimer in una fase
precoce della malattia.
E’ questo, infatti, il momento in
cui la terapia potrebbe essere più efficace nel rallentare o
prevenire l’insorgenza dei sintomi.
Lo studio ha esaminato un gruppo di 525 over 70 sani e li
hanno confrontati con quelli di 53 soggetti che hanno
sviluppato Ad o un Mci rimasti mentalmente agili, si sono
così rilevate differenze nei livelli di 10
lipidi, che si ritiene riflettano l'integrità della
membrana cellulare e possano essere sensibili alla
neurodegenerazione precoce dell'AD preclinico - ora da
validare come biomarker in trial clinici di grandi
dimensioni.
“Se sarà disponibile un test predittivo così
affidabile per individuare i pazienti a rischio occorrerà
intervenire con ogni strumento che abbia un impatto efficace
sulla riserva Cognitiva” commenta Gioacchino Tedeschi,
direttore 2a Clinica neurologica della
Seconda Università degli Studi di Napoli.
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Curcuma, un toccasana contro l'Alzheimer
Mangiare un curry indiano una o
due volte a settimana potrebbe aiutare a prevenire la
demenza senile e l'Alzheimer, secondo una ricerca americana.
Il segreto ? Uno dei tanti ingredienti del mix di spezie che
compongono il curry: la curcuma, che, grazie al contenuto di
curcumina, appare in grado di prevenire la diffusione delle
placche di proteine amiloidi che, insieme ai grovigli di
fibre nervose, sono la causa, stando alle conoscenze
attuali, della demenza.
Il professor Murali Doraiswamy, della
Duke
University in North Carolina, afferma che le persone
che mangiano piatti a base di curry una o due volte a
settimana hanno un rischio più basso di demenza; ora la sua
equipe sta studiando quale sia l'effetto dell'assunzione di
dosi più alte - e non solo contro la demenza, ma anche per
prevenire altre malattie, come artrite e
cancro.
"Ci sono prove evidenti a conferma che la curcumina si lega
alle placche e le ricerche condotte sugli animali hanno
dimostrato i benefici apportati da questa sostanza",
dichiara il professor Doraiswamy.
"Si può modificare geneticamente un topo in modo che a 12
mesi il suo cervello sia pieno di placche. Se a questo punto
si nutre il topo con una dieta ricca di curcumina, le
placche si dissolvono. La stessa dieta ha evitato in topi
piu' giovani la formazione delle placche. Il prossimo passo
sarà testare la curcumina sulla formazione delle placche
amiloidi nell'uomo".
Un trial clinico è già in fase di avvio alla
University
of California, Los Angeles, per verificare gli
effetti della curcumina su pazienti con Alzheimer.
Ovviamente, mangiare curcuma non è l'unico toccasana contro
la demenza, occorre in generale una vita sana.
Ma, dice il professore, "se si segue un'alimentazione
bilanciata e si svolge attività fisica, mangiare curry
regolarmente potrebbe prevenire la demenza".
In futuro possiamo anche aspettarci una pillola alla
curcumina, il professore non lo esclude. La comunità
scientifica non è completamente d'accordo con Doraiswamy.
Rebecca Wood, dell'Alzheimer's
Research Trust britannico, fa notare che le ricerche
del professore americano sono state condotte solo su animali
e che "occorrerebbe mangiare molto curry - oltre 100 grammi
di curcuma - per assumere una dose clinicamente rilevante di
curcumina".
Tuttavia la dottoressa Susanne Sorensen, dell'Alzheimer's
Society, sempre in Uk, ammette: "Le popolazioni indiane, che
mangiano la curcuma regolarmente, hanno un'incidenza
particolarmente bassa di Alzheimer e il motivo non ci è
ancora noto. Siamo perciò interessati a esplorare i
potenziali benefici della curcumina e stiamo conducendo
anche noi ricerche in questa direzione". Tratto da:
news.paginemediche.it
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Un legame tra
le diete
iperproteiche e il Morbo di Alzheimer ? -
By Allie
Montgomery - 27 Ottobre 2009
Fin dagli anni '60
le diete iperproteiche sono molto popolari, e tutt'oggi
continuano ad attirare l'attenzione di milioni di persone
che desiderano dimagrire.
Tuttavia, prima di lanciarvi in una dieta di questo tipo, ci
sono alcune cose che dovreste prendere in considerazione.
Le diete con un tasso elevato di proteine possono produrre
una perdita rapida del peso iniziale, ma la maggior parte
dei chili persi deriva dalla perdita di acqua piuttosto che
dalla perdita dei grassi.
Inoltre, molte diete alimentari ricche di proteine sono
anche ricche di grassi saturi e povere di fibre, una
combinazione che può aumentare il tasso di colesterolo e
aumentare il rischio di affezioni cardiache e di incidenti
di ordine vascolare cerebrale (AVC).
Delle ricerche hanno stabilito che tali diete causano una
secrezione di calcio superiore al normale nelle urine, cosa
che, a lungo termine, può aumentare il rischio di
osteoporosi e di sviluppare calcoli renali.
Uno studio recente pubblicato nella rivista "Molecular
Neurodegeneration" avanza l'ipotesi che una dieta
ricca di proteine possa determinare il restringimento del
cervello e un aumento del rischio di sviluppo e progressione
del morbo di Alzheimer.
Questa scoperta è apparsa in una ricerca avente per oggetto
gli effetti di varie diete su cavie passibili di sviluppare
il morbo di Alzheimer (il MIO). Le cavie sono state
sottoposte a una dieta normale, con un tasso elevato di
grassi e con pochi zuccheri, a una dieta personalizzata, con
un alto tasso di proteine e pochi carboidrati, e a una dieta
con un alto tasso di glucidi e pochi grassi.
Nel corso dello studio sul
cervello e sul peso corporeo delle cavie, combinato allo
studio sull'accumulo delle placche e sulle diverse parti del
cervello implicate nella perdita di memoria, è emerso,
inaspettatamente, che il cervello delle cavie che seguivano
una dieta con un tasso elevato di proteine e basso di
glucidi era del 5 % più leggero del cervello degli altri
roditori, e che le sezioni dell ippocampo erano meno
sviluppate. La spiegazione più plausibile è stata che una
dieta ricca di proteine potrebbe esporre maggiormente i
neuroni al morbo di Alzheimer.
Le diete iperproteiche sono
finalizzate generalmente al controllo del peso e combinate
ad altre diete già ricche di grassi. Questa pratica potrebbe
rivelarsi doppiamente dannosa qualora l'aumento
dell'ingerimento di alimenti con un alto contenuto di grassi
e proteine dovesse sensibilizzare le cellule nervose al
veleno liberato dalle placche. Questo è quanto ha dichiarato
l'autore principale, Sam Gandy, professore al Mount Sinai
School of Medicine e neurologo al James J. Peters veterans
Affairs Medical Center di New York.
Secondo il dott. Gandy, per quanto riguarda l'associazione
delle diete ricche di proteine con l'invecchiamento dei
neuroni, già presa in considerazione dalla ricerca, il
punto è quello di capire se una determinata alimentazione,
ingerita a una determinata età, possa incidere sulla
comparsa e/o sulla progressione del morbo di Alzheimer.
Gandy ritiene che per accertare le supposte implicazioni
delle diete per il cervello umano sono necessarie ulteriori
ricerche. Aggiunge, inoltre, che sono necessarie ulteriori
sperimentazioni affinché gli scienziati siano in grado di
fornire delle raccomandazioni specifiche sui rischi
alimentari associati al morbo di Alzheimer.
Ricordiamo che delle ricerche precedenti hanno già
dimostrato che una dieta alimentare di tipo mediterraneo (a
debole tasso di calorie, povera di grassi saturi, ricca di
verdure, frutta e pesce) potrebbe rallentare la progressione
del morbo di Alzheimer.
Il morbo di Alzheimer porta
all'accumulo di lesioni cerebrali, chiamate placche
amiloidi, che distruggono le cellule cerebrali, causando la
perdita di memoria e problemi comportamentali
sufficientemente gravi da influire sul lavoro, sulla vita
sociale e anche sulla capacità di far fronte alla vita
quotidiana per il paziente. Con il passare del tempo, il
morbo di Alzheimer peggiora e diventa mortale.
Attualmente, non esiste nessuna cura risolutiva, (NdR:
secondo la medicina
allopatica) ma in tutto il mondo i ricercatori
continuano a investigare il modo migliore per curare la
malattia, ritardare la sua comparsa e impedire il suo
sviluppo.
Tratto da:
http://it.healthnews.com/salute-news/disturbi-e-malattie/ricerca-un-legame-tra-le-diete-iperproteiche-e-il-morbo-di-alzheimer-2185.ht
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Alzheimer
Il mio nome è Alois Alzheimer.
Sono nato più di un secolo dopo James Parkinson nel 1864.
James se stesso è nato nel 1755. Ha vissuto tutta la sua
vita a Londra, dove morì nel 1824. Ha descritto la sua
malattia nel 1817.
Io, Alois Alzheimer, ero in
Baviera medico, psichiatra e neurologo, ma anche
neuro-patologo. Questo significa che ho conosciuto il
cervello dall'interno. Ho potuto eseguire la scansione dopo
la morte dei pazienti e collegare i loro problemi con la
anatomica e istologica stessa traduzione. Così ho imparato
il mio tempo ad analizzare il tessuto cerebrale al
microscopio.
Sono stato chiamato dai miei
colleghi ", lo psichiatra al microscopio." Ho scoperto nel
cervello di molti vecchi, che ho chiamato miliare sclerosi
dei pazienti [2] ", riferendosi agli attacchi multipli in
tubercolosi polmonare al momento. Il termine "placche
senili" saranno fornite più avanti nel 1898.
E' attraverso questa tripla
competenza che ho descritto la malattia che porta il mio
nome. Ho pubblicato nel 1906 un primo caso tipico di questa
malattia nella conferenza 37a psichiatri tedeschi.
Alois Alzheimer è qui per voi
Consiglio vivamente di medici,
specialisti, ricercatori e anche il pubblico in generale,
perché è accessibile a tutti "concordanza miracolosa nella
struttura e il funzionamento del sistema di sonno-veglia. "
In questa malattia il cui nome
che porto, c'era un vero e proprio crollo delle secrezioni
di ormoni 3 realizzati simultaneamente dalla ghiandola
pineale tra le 22h e le 6:
- tasso di crollo melatonina (MLT),
i neuroni di ormoni protettivi. Assente provoca la
progressiva degenerazione dei neuroni.
- il crollo parallelo della
secrezione di Valentonine (VLT) che si traduce in disturbi
del sonno.
- il crollo parallelo della
secrezione di 6-metossi-Harmalan (6-MH), ormone del sonno e
cognizione, che si traduce in deterioramento cognitivo nel
corso della giornata.
I risultati degli studi di
dosaggio di melatonina nei fluidi biologici di pazienti con
la malattia il cui nome che porto, pubblicati nella
letteratura scientifica da diversi ricercatori sono unanimi:
All Seeing rispetto ai soggetti normali della stessa età,
una considerevole diminuzione della secrezione di
melatonina, e di conseguenza l'altra 2 dell'ormone pineale,
6-MH e Valentonine.
E' quindi possibile per i
sintomi non perfettamente correlati con il crollo delle
secrezioni di ormoni del sonno 3-Sleep System dalla
ghiandola pineale. Dopo la malattia finale, la ghiandola
pineale smette di funzionare.
Sapevamo già che la diminuzione
dei livelli di melatonina nel liquido cerebrospinale è uno
dei primi segni. Precede anche segni clinici. Il tasso di
MLT nel liquido cerebrospinale continuano a diminuire nella
malattia.
Le conseguenze della carenza di
ghiandola pineale
1 - La mancanza di melatonina è
direttamente responsabile della progressiva distruzione dei
neuroni dai radicali liberi dell'ossigeno.
Infatti, molti studi
sperimentali permettono di considerare Melatonina come un
importante antiossidante endogeno, riducendo i radicali
liberi, proteggendo così i neuroni ... Grazie alle sue
proprietà riducenti, la melatonina è l'antiossidante più
potente che è noto nei mezzi biologici; superiore alla
vitamina E, carotene, acido ascorbico (vitamina C),
glutatione .., riducendo i radicali liberi dell'ossigeno, la
degenerazione dei neuroni che li rende immuni attacchi di
ossidazione e danneggiare i neuroni specialisti.
Per, la presenza, in grandi quantità, il 2-oxo-melatonina
nel cervello, l'Fourtillan Pr e la sua squadra dimostrato
dalla tecnica di spettrometria di massa, in vivo, dimostra
le proprietà antiossidanti della melatonina descritti da
molti autori.
Questo ormone passa facilmente
attraverso le membrane cellulari e concentrata nei
mitocondri [9] cellule. In queste condizioni, in soggetti
normali, i livelli di melatonina nel tessuto neuronale in
contatto con il sistema ventricolare che produce CSF
(liquor) sono elevati.
Nella malattia, livelli
insufficienti di melatonina sono responsabili del danno
ossidativo causato dai radicali liberi. La diminuzione dei
livelli di melatonina è direttamente correlata alla comparsa
di amyloiÌdes osservati nella malattia.
Per gli specialisti, dai
radicali liberi di ossigeno che hanno un elettrone spaiato
(•) includono la più abbondante: la libera radicale
superossido anione O2 -, l'ossidrile radicale HO •, la HO2
radicale idroperossido • Il perossido ROO • radicali e
alcossilici RO •, dove R è una catena di carbonio, monossido
di azoto NO •, nitriti ONOO perossidico •, ossigeno
singoletto OO • • e radicali liberi derivati da un acido
grasso.
I radicali liberi danneggiano
anche il grasso corporeo e le sue proteine, in particolare
la mielina che circonda le fibre nervose (assoni), che
permette il passaggio degli impulsi nervosi.
2. Il crollo della secrezione di
6-MH cognizione inquietante, è responsabile per la perdita
di memoria.
Così la progressiva distruzione
dei neuroni, con concomitante riduzione del volume del
cervello fino al 30% del volume provoca la perdita
progressiva e irreversibile delle funzioni mentali, tra
breve prima memoria normalmente memorizzati nei Seahorses.
In pazienti con la malattia che
porta il mio nome, i rimanenti neuroni sono più sufficienti
a garantire la trasmissione delle informazioni nel cervello.
Inoltre, i due ormoni della giornata, la 6-MH, e la notte,
Valentonine - che regolano la vita psichica e vegetativa,
modulando le risposte dei recettori specifici per chiave 7
neurotrasmettitori, e le secrezioni modifica 7 ghiandole
endocrine - non sono più secreti.
Allo stadio terminale della
malattia, nulla va. La ghiandola pineale ha terminato il
lavoro. Questo aiuta a spiegare i segni e sintomi clinici
che peggiorano fino alla fase terminale della demenza.
3- Le conseguenze della scoperta
dello Sleep Sleep-system per la prevenzione e il trattamento
della malattia che porta il mio nome
Avevo già notato, esiste una
grande variabilità tra gli individui a rischio di
esposizione alla malattia che porta il mio nome.
Negli studi secrezione di
melatonina per squadra Prof. Fourtillan a giovani ed
anziani, sani, ben osservato la grande variabilità della
secrezione di melatonina, con un fattore 13 tra gli estremi
secrezioni pineale. Non siamo pertanto pari, per quanto
riguarda la secrezione di ormoni 3 dalla ghiandola pineale.
Il libro e il video dimostrano brillantemente.
Data la loro biosintesi in serie
da reazioni chimiche acetilazione, questi tre ormoni sono
prodotti e secreti dalla ghiandola pineale, nelle stesse
proporzioni. Ciò significa che ogni variazione quantitativa
in deficit o eccesso di secrezione della ghiandola pineale,
si riflette nella stessa maniera sui tre ormoni.
Ciò comporta due logiche
conclusioni:
• La melatonina servirà come
marker di secrezione di tre ormoni; misurando la sua
concentrazione nel plasma sanguigno (in picogrammi [10]),
nel mezzo della notte, permette di conoscere lo stato di
Sleep Sleep-system nei pazienti.
• Deve essere somministrato tre
ormoni in tutti i disturbi neurologici dovuti a ipofunzione
della ghiandola pineale, al fine di evitare uno squilibrio
Sleep-Sleep System, e mantenere un regolamento armonioso del
corpo.
Per il prossimo prevenzione
Il tasso di melatonina misurata
nel plasma sanguigno nel mezzo della notte rivelerà
l'importanza delle secrezioni pineale di ormoni 3, e lo
stato di Sleep-Sleep System.
I trattamenti attuali sono
inattivi
Farmaci prescritti ai pazienti
sono in numero di quattro.
• Memantina: Ebixa ® e generico.
La sua struttura chimica è simile a quella di amantadina (Mantadix®),
farmaco antiparkinson. Purtroppo, questo farmaco ha effetti
collaterali come vertigini, mal di testa e persino
allucinazioni.
Anche se memantina è approvato
per il trattamento di moderata a grave malattia di
Alzheimer, il suo uso è stato consigliato contro il parere
del National Institute for Clinical Excellence nel Regno
Unito, che crede che il costo elevato di questo trattamento
non vale i benefici medici osservati in molti pazienti.
Entrambi dicono che sono pari a zero o molto piccolo e
insignificante.
• donezepil: Aricept, inibisce
un enzima acetilcolinesterasi [11], che ha l'effetto di
prevenzione della ripartizione di acetilcolina, che svolge
un ruolo nella memoria.
• La Galantamina: REMINYL® e
generico. Galantamina inibisce l'enzima acetilcolinesterasi.
Si potenzia l'azione di acetilcolina impedendo la sua
degradazione nella fessura sinaptica della connessione tra i
neuroni.
• Il Rivastigmina: Exelon® e
generico. La rivastigmina è un inibitore dell'acetilcolinesterasi.
Inibendo questi enzimi, rivastigmina potenzia l'azione di
acetilcolina nella fessura sinaptica, impedendo la sua
degradazione. La sua azione è descritto come un
parasympathomimetic indiretta. È attraverso questo
meccanismo che può potenziare trasmissione colinergica.
L'efficacia di questi farmaci su
cognitive (pensiero e la memoria), funzionali (attività
quotidiane) e problemi comportamentali che sono comunemente
associati con la malattia rimane molto moderata. Essi hanno
già dimostrato in grado di rallentare notevolmente la
progressione della malattia.
Il nuovo trattamento con tre
ormone pineale
Sono fatti simultaneamente a
velocità diverse, naturalmente:
• melatonina, che inattivando,
riducendo l'ossigeno radicali liberi proteggere i neuroni.
• Il 6-metossi-Harmalan,
eccitazione ormonale e la cognizione, che mantiene la
modalità di allarme del corpo, tra le 6 e le 22h.
• Il Valentonine, ormone del
sonno e la notte, che mantiene il corpo in modalità di
sospensione per 8 ore, tra le 22h e le 6.
Al registrazioni
polisonnografici in pazienti abbiamo osservato una riduzione
del sonno REM (REM), proporzionale al loro stato di demenza,
che può essere correlata con la perdita di memoria. Che è
correlato con il crollo delle secrezioni pineale Valentonine
e 6-methoxy-Harmalan.La diminuzione dei livelli di
melatonina è direttamente correlata alla comparsa di placche
amyloiÌdes osservati nella malattia che ho descritto. Questo
ormone, proteggere i neuroni dal danno ossidativo, inibisce
la formazione di fibrille in amyloiÌde vitro.Des radicali
liberi surplus avere anche un effetto visibile sulla
invecchiamento della pelle. Essi sono coinvolti in molte
malattie come il cancro e altre malattie neurodegenerative.
Ecco perché la prossima
settimana cedo la parola al mio collega James Parkinson che
spiegherà i segni della malattia che ha descritto, le sue
cause e le nuove prospettive terapeutiche.
Mi fa piacere che tutte queste
scoperte sono spiegati e presentati pittoricamente nel libro
e del documento "Le cause e trattamento della malattia di
Alzheimer finalmente scoperto! "Pubblicato su Youtube e
co-firmata da entrambi amici e colleghi di cui sopra.
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